Le ultime decisioni del Consiglio di Amministrazione di Telecom Italia di lunedì 11 settembre rappresentano un improvviso e deciso cambiamento di strategia le cui implicazioni riguardano il futuro dei lavoratori dell’azienda e dell’intero settore delle telecomunicazioni nel nostro Paese. Se l’azienda perseguirà ad insistere sulla linea di societarizzazione di TIM e della rete fissa in un solo colpo, si renderà effettivamente possibile la cessione ad un operatore terzo della telefonia mobile e di una infrastruttura decisiva per lo sviluppo del Paese.
L’azienda sta motivando queste decisioni con le condizioni regolatorie e di mercato sempre più stringenti, quali l’impossibilità di offrire servizi congiunti fisso/mobile, la difficoltà di integrare le reti commerciali e di marketing, le condizioni tariffarie fisso/mobile e anche le chiamate da telefono fisso a telefono fisso tra operatori concorrenti, più in generale le condizioni monopolistiche nel mercato degli accessi. Queste motivazioni non appaiono credibili.
La ragione più plausibile di questo immediato e repentino cambio di strategia, ribaltando le decisioni di solo pochi mesi fa, è da ricercare nella situazione finanziaria dell’azienda caratterizzata da un debito di oltre 40 miliardi e da una situazione di capitalizzazione che la rende oggettivamente scalabile con risorse finanziarie cinque volte inferiori a quelle della scalata di Colaninno del 2000. Per fronteggiare questa situazione la società sta perseguendo una strategia di rinuncia alle parti migliori e più redditive dell’azienda diversamente da quanto è stato fino al Consiglio di Amministrazione dell’11 settembre. Più realisticamente occorrerebbe prendere atto che l’attuale proprietà non è più in grado di gestire la società e di garantirne il futuro. Questo è il tema che devono affrontare tutti i soggetti economici, politici, sociali ed istituzionali. Si perseguano e si ricerchino quindi altre strade ed altre soluzioni, senza escludere l’entrata in campo di nuovi imprenditori in grado di gestire l’azienda. Anche la politica e le istituzioni facciano la loro parte.
Questa vicenda può e deve essere l’occasione per una verifica delle condizioni di mercato delle telecomunicazioni oggi caratterizzato comunque da un ruolo crescente degli operatori di telefonia fissa e dalla conferma di più operatori nella telefonia mobile e questo è stato possibile pur in presenza di un operatore ex monopolista proprietario della rete di accesso e contemporaneamente in concorrenza con i servizi con altri operatori. Del resto le soluzioni più “avanzate” sui mercati europei non hanno messo in discussione la proprietà della rete di accesso dell’operatore ex monopolista, garantendone al contempo la neutralità verso tutti gli operatori. Come si vede quindi ritornano le sole ragioni di carattere finanziario. Questo improvviso cambio di strategia trova la sua unica spiegazione nella gestione del debito e nella possibile scalabilità dell’azienda.
Per il Sindacato un’altra strada è possibile. Si ritorni alla strategia dell’integrazione fisso/mobile, allo sviluppo dei nuovi servizi convergenti (fisso, mobile, internet, TV); si migliori ulteriormente la situazione di regole di mercato e di concorrenza. Il Sindacato sciopererà perché si riaffermi un progetto industriale, si continui su un sentiero stretto ma virtuoso come quello seguito fino ad ora, per difendere l’occupazione nella Telecom ed in tutte le aziende del settore, ivi comprese quelle in appalto ed in outsourcing. E’ una sfida nuova e difficile ma il sindacato confederale unitario insieme ad i lavoratori saprà spiegarla a tutto il Paese e garantire un futuro all’azienda.
*Segreteria Nazionale SLC-CGIL
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