30 dicembre, 2009

BUON ANNO A TUTTI




CHIUDIAMO QUESTO 2009 CON L'EDITORIALE DEL CARDINALI SUL VERNACOLIERE, SI TRATTA DI SATIRA.......

Senza peli sulla lingua
Il folle e la storia


Sgomento e pena tanta, davanti a quel viso di Berlusconi devastato dal Tartaglia. Ma subito, anche, l’angosciosa involontaria sensazione di qualcosa di già visto. Con l’immediato ricordo di quei servizi, più o meno segreti e più o meno deviati, sempre sospettati di oscure regie e manovalanze nella tragica storia della strategia della tensione, dalla prima strage di Piazza Fontana a Milano nel 1969 fino a quella sul treno Roma – Milano del 1984.

Di certo un inconscio condizionamento della storia, il mio. Di me che a quest’età ne ho già vissuta tanta di storia, e certi ricordi ti restano attaccati anche nei brividi di pelle.

Ricordi però lì per lì fugati, stavolta, dall’immediata proclamazione della “follia” dell’attentatore odierno, il Tartaglia mentalmente squilibrato. Un folle che ha potuto indisturbatamente prendere la mira con quel grosso oggetto contundente visibilmente bilanciato in mano, prima di scagliarlo sul capo del governo senza che nessuna fra le sue tante guardie del corpo lo notasse, tutte con lo sguardo rivolto al sorvegliato e non ai sorvegliandi. Ma tant’è. Che l’attentatore fosse un folle aveva insieme fugato dubbi e consolato coscienze, nella speranza d’un gesto isolato senza strategia alcuna.

Anche se intanto, col capo in ospedale a predicare amore contro l’odio – lui che di odio ne aveva sempre scatenato a fiumi contro i “comunisti” annidati ovunque – subito i seguaci portavoce iniziavano una violenta campagna di criminalizzazione del dissenso. A colpire chiunque – magistrati, politici, giornalisti, centri sociali, opinionisti di web e via e via – si fosse manifestato in qualche modo non ossequiente alla pretesa intangibiltà e sacralità del capo, da rendere comunque libero da colpe giudiziarie, protetto nei suoi macroscopici conflitti d’interesse e giustificato nel disegno di rifare la Costituzione a sua immagine e volontà.

Tutti subito accusati, i colpevoli di dissenso a qualunque titolo manifestato, d’averlo prodotto loro il brodo di coltura dell’infame gesto attentatore del Tartaglia. Di esserne i mandanti, insomma.

Ed immediatamente, a ruota, ecco la bomba sedicente anarchica alla Bocconi di Milano, ed immediato riecco allora il ricordo di quanto già visto e vissuto in altre prontissime presenze di anarchici da subito additare ad autori di attentati e stragi – e basti ricordare Pinelli e Valpreda – compiute invece, com’è poi diventata un po’ storia giudiziaria e un po’ generale coscienza civile, dalla manovalanza d’estrema matrice neofascista coperta da organi istituzionali e manovrata dai servizi segreti cosiddetti deviati, anche con propri infiltrati “anarchici” come nel caso del Bertoli per la strage alla questura di Milano nel 1973. E sempre per creare terrore e caos contro il “nuovo” sociale che avanzava a minare lo statu quo della conservazione politica, finanziaria e religiosa. Terrore e caos da eventualmente poi sedare manu militari.

Ed immediatamente, a far corona istituzionale anche in parlamento all’odierna criminalizzazione berlusconiana del dissenso, ecco ancor più forti e istigatrici le accuse di terrorismo a chi più fortemente dissente, sia nella società civile come Travaglio, sia nella politica come Di Pietro. Fino a criminalizzare perfino la Bindi, nella sua dignità di donna col cervello.

Questo il clima d’oggi. A riportare alla mente quel clima dell’inizio anni ’70 nel quale – mentre si andavano diffondendo le voci d’un progetto di revisione autoritaria della Costituzione per una repubblica presidenziale, proprio come anche ora si teme con le mire autoritario-populiste di Berlusconi – arrivò un secondo tentativo di colpo di Stato, il cosiddetto “golpe Borghese” che riportava nuovi timori per la democrazia dopo il “Piano Solo” del generale De Lorenzo nel 1964.

Ma ora vedrai non saranno più necessarie certe cose. Magari basterà che l’opposizione – cosiddetta – la smetta infine di fare opposizione. Cosiddetta.



Dopo l'infame aggressione
Berlusconi assume
pieni poteri
CHIUSA
LA REPUBBLICA!
Ma no la Repubblica giornale
LA REPUBBLICA
ITALIANA!
Napolitano lasciato fori ar freddo,
Dipietro alla macchia, sparita Rosibindi,
dispersa la magistratura



Drammatici sviluppi dell’aggressione ar prèmie’! Ferito nella faccia ma no nelle palle, Berlusconi l’ha fatte subito sentì! Che appena s’è ristabilito, ha chiamato subito il ministro dell’interno.

- Basta coll’indugi, Maroni! Qui bisogna chiude’ la Repubbria di volata!

– Ganzo! – s’è rallegrato Maroni. – E io chiuderei anche ‘r Corriere e l’Unità, così si legge la Padania sola!

– Ah, ma allora sei propio leghista, sai! Devi chiude’ no la Repubbria giornale, la Repubbria italiana!

– E ‘ndove la trovo?

– Dé, nelle ‘stituzzioni! Te primaditutto vai ar Parlamento, e lo sbarri benebene! Tanto, per quer che serve…

– Ma c’è pieno de’ nostri, dentro!

– Appunto! E te quer giorno ‘un ce li fai andà! Ni telefani ammodino, ni dici restate zitti e boni a casa sennò poi Sirvio vi licenzia tutti… Eppoi vai ar Conziglio Superiore della Magistratura, e stoppini anche quello! Poi corri alla Corte Costituzzionale, e ce li brocchi coll’ermellini e tutto! Poi vai ar Quirinale..

– Ma lì c’è Napolitano! Devo chiude’ anche lui?!

- No, lui lo lasci fori! Con questo freddo, vecchio com’è…

E lì però Maroni s’è ‘mpenzierito. Leghista sì, ma fino a un certo punto!

– A me però mi firmi un foglio, Sirvio! No, sai, tantevorte quarcuno venisse a di’ che questo è un corpo di Stato…

E lì Sirvio s’è arzato a razzo ‘n tutta la su’ statura!

- Lo Stato sono io! – ha principiato a urlà coll’occhi perdifori, no propio come Luigi quattordici ma a Napoleone un po’ ni rassomigliava. – Sono io, che ‘r popolo m’ha eletto! Sono io, l’unto der Signore! Sono io, l’omo della Provvidenza| Sono io, che ho messo Emiliofede ar Tiggiqquattro! No, dimmi te sennò chi ce lo teneva, ‘n quelle ‘ondizzioni!... Eppoi ho messo Vespa a Portapporta, ho piazzato Minzolini ar Tiggiuno… Approposito di Minzolini, ora ni dìo subito cosa deve di’!

Che all’indomani ecco difatti l’editoriale di Minzolini ar Tiggiuno:

– Italiani, l’odio comunista ‘un passerà! Ci penza Berlusconi, ora, a sistemalli tutti per le feste! Basta con tutti vest’oppositori che ‘un fanno artro che armà la mano dell’attentatori! Basta con chi ‘un è d’accordo con tutto quer che dice ‘r Capo e semina zizzagna! Basta co’ giudici che lo vogliano giudià come un bischero valunque! Basta co’ siti interne, ‘ndove onniuno ci pole scrive’ ‘osa ni pare! Basta co’ centri sociali ‘ndove di sociale c’è sortanto i pidocchi di tutti vell’agitatori! Basta colle dimostrazzioni di piazza che levano di rispetto ar Duce…

E lì però Minzolini s’è ripreso:

– Uh, scusate, mi sono un po’ ‘mbrogliato, duce Berlusconi ancora ‘un è mapperò ci siamo guasi!

E co’ telespettatori tutti a boccaperta l’ha finarmente detto:

– Contro tutto vest’odio verso i martiri della libertà, contro l’infami comunisti ‘nfilati dappertutto ne’ tribunali e ne’ partiti e ne’ giornali, contro ‘r vile dissenzo d’un’opposizzione preoncetta che ‘un vole rionosce’ a nessun costo l’atorità di chi comanda, contro tutto questo càosse sociale Sirvio Berlusconi ha finarmente assunto i poteri pieni!

Dé, ‘un l’aveva ancora finito di di’, e Dipietro era già alla macchia! E urlava ma io lo dicevo che Berlusconi è un ber fascista ma noi dell’Italia de’ valori con lui ‘un ci s’azzecca nulla, e c’era Demagistris dietro che ni diceva zitto e corri, se ci beccano ci rifanno novi!

E anche la Bindi, poverina, s’è dovuta rintanà! ‘Un la trova più nessuno! Capirai, con tutto quer che ha avuto ‘r coraggio di dinni, a Berlusconi colla faccia sempre ‘nzanguinata e co’ su’ òmini a urlà colla bava alla bocca è tutta ‘orpa dell’odio dell’opposizzione, che la Bindi n’ha detto perappunto ‘un ti crederai mia che ora a fa’ la vittima ce lo butti ‘nculo meglio, vero?!

Che propio ‘nculo lei ‘un l’ha detto, perbene com’è e speciarmente ora che è doventata presidente der partito demogratio che ‘un è dicerto fatto di gente sboccata com’era prima ‘r proletariato vero, ma ‘nzomma s’è capito uguale!

Come derresto s’è capito anche Bersani, che lui ar capezzale di Berlusconi tutto ‘ncerottato all’ospidale non sortanto ‘un ha detto ‘nculo, ma ‘un ha detto propio nulla der tutto, sarvo aguranni a Sirvio di guarì presto e di ritornà a fa’ come prima!

Come prima ‘na sega! Ora che finarmente comanda tutto lui, ce l’hai bell’e portato un’artra vorta ‘n tribunale! N’ha già fatti chiude’ un buggerío, di tribunali, e doranavanti i giudici che ‘un sono ancora scappati ‘nvece della toga si dovranno mette’ la montura militare!

E chissà anche Larussa ‘ome ci gode!

Piesse – In tutto questo crima di gorpe atoritario s’è però levato arto e forte lo sgomento di Napolitano, che ha detto a me a lasciammi fori dar Quirinale ar freddo è ‘no spregio che ‘un me lo dovevan fa’, m’è venuto a mente di quand’ero comunista all’addiaccio a fa’ la resistenza, che brutti tempi erano ragazzi, eppoi ha ‘nvitato un’artra vorta tutti a vedé d’abbassà la voce perché sennò qui ‘un si dorme nemmen più!

Mario Cardinali
IL VERNACOLIERE

29 dicembre, 2009

27 dicembre, 2009

SICUREZZA INFORMATICA: CONVENZIONE TRA POLIZIA E TELECOM ITALIA


(27/12/2009) - Il Capo della Polizia Antonio Manganelli e l'Amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè, hanno sottoscritto presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, una convenzione per migliorare la prevenzione e la repressione dei crimini informatici a danno dei sistemi informativi critici della società che rappresenta il primario fornitore italiano di servizi di comunicazione telefonica ed elettronica e gestisce la principale infrastruttura di rete per le telecomunicazioni.
Alla firma erano presenti anche i Direttori della Polizia Stradale, Ferroviaria, Postale e delle Comunicazioni.

Sarebbe opportuno che ci venisse chiarita la natura di questa convenzione negli aspetti operativi, cosa vuol dire che TI "apre" l'accesso ai sui sistemi in favore della polizia? se si a che titolo ? viene saltata l'autorita' giudiziaria?
Dopo lo scandalo TAVAROLI & c/o si istituzionalizza la precedente situazione?

19 dicembre, 2009

E ora Mediobanca va in pressing per le nozze Telecom-Telefonica

GIOVANNI PONS


MILANO — «È chiaro che non c’è alcuna contropartita definita dall’operazione Mediaset-Prisa, ma si crea un credito a favore degli spagnoli su cui si può lavorare ». E su questa base, fa notare un banchiere esperto di materia telefonica, hanno già cominciato a lavorare in Mediobanca gli uomini che fin dal 2007 hanno considerato l’ingresso in Telecom al posto della Pirelli come un “bridge”, in vista di un azionariato più solido e stabile.
L’asse favorevole a una fusione tra Telecom e Telefonica negli ambienti finanziari milanesi è noto: è formato da Alberto Nagel, Renato Pagliaro, dall’ad di Generali Giovanni Perissinotto e dal presidente di Telecom Gabriele Galateri che può contare sulla buona amicizia con Cesar Alierta coltivata ai tempi della Columbia University.
Ma lo snodo vero della possibile operazione è rappresentato dal prezzo a cui si valuta Telecom Italia, prezzo che al momento si colloca a circa metà del valore a cui gli azionisti tricolori hanno in carico le azioni nei bilanci. Certo se Galateri e gli uomini di Mediobanca riuscissero a negoziare con Alierta una valorizzazione delle azioni Telecom intorno a 2 euro il discorso diventerebbe tutt’a un tratto più interessante.
Gli azionisti italiani potrebbero conservare un nocciolo nel megagruppo telefonico di circa il 4%, contro poco più del 7% che resterebbe in capo alle banche spagnole, Bbva e La Caixa. Su queste basi si potrebbe quindi ottenere una governance “bilanciata”, con gli italiani che nel consiglio potrebbero controllare una sorta di minoranza di blocco. Sull’ipotesi stanno ragionando a Piazzetta Cuccia, ed è anche per questo motivo che da giorni girano indiscrezioni su un possibile accordo per l’ipotetica gestione del colosso mondiale Telecom-Telefonica: Alierta presidente, Galateri vice, Linares e Bernabè amministratori delegati con competenze geografiche ben definite. Agli spagnoli andrebbe ovviamente la supervisione di Spagna e America Latina mentre agli italiani l’Italia e un bel pezzo d’Europa.
Messa in questi termini sarebbe difficile anche per i grandi commis della politica ergere le barricate. Da tempo gli uomini più legati a Berlusconi e a Mediaset urlano ai quattro venti che occorre scorporare la rete tlc da Telecom, per salvaguardare l’italianità della prima da eventuali attacchi stranieri. In realtà il desiderio di Mediaset è quello di gestire la crescita della tv via internet in modo che faccia il meno male possibile alla tv generalista.
Con un piede nella rete Telecom scorporata dalla casa madre l’obiettivo sarebbe forse raggiungibile, ma il danno per la società altrettanto consistente. Per questo i grandi soci di Telecom, da Mediobanca, a Intesa Sanpaolo, a Generali, oltre all’ad Franco Bernabè, hanno fatto sapere a più riprese di essere assolutamente contrari allo scorporo. Ma ora che Mediaset è cresciuta in Spagna comprando alcuni pezzi del gruppo Prisa, nel quale è rientrata anche Telefonica, le cose potrebbero assumere una parvenza diversa. E c’è da scommettere che da oggi in poi si rafforzeranno i sostenitori delle nozze Telecom-Telefonica.

LA REPUBBLICA 19-12-2009 pag 40

17 dicembre, 2009

La battaglia di Bernabè per la rete Telecom


Cresce il pressing politico e degli interessi di
Berlusconi per lo scorporo della infrastruttura
Il rischio di un «esproprio» a favore dei soliti noti

Franco Bernabè mangia il panettone2009 alla guida di Telecom Italia. Ed è fiducioso di poter mangiare anche la colomba e il prossimo panettone. Considerati i guai dell’economia e le lotte di potere finanziario, mai sopite anzi semmai accentuate dalla crisi diffusa e dal fatto che soldi in giro non ce ne sono, quello dell’amministratore delegato di Telecom è un atto di coraggio. Soprattutto perchè chi lavora nel vasto mondo delle comunicazioni, dai telefoni a internet passando per tv e giornali, non sa bene cosa succederà domani. Siamo tutti, anche i poveri giornalisti, tra quelli che son sospesi.
Bernabè non ha mai avuto la fama di essere un’estremista o un radicale, è stato un perfetto manager delle partecipazioni statali, quando dopo Tangentopoli ripulì l’Eni e nessuno si ricordò che il manager di Vipiteno qualche ruolo nella costruzione di Enimont l’aveva pur avuto. Da poco più di un anno è tornato in Telecom, da cui era velocemente passato tra il 1999 e il 2000 prima che la sorprendente scalata dell’Olivetti gli impedisse di lasciare il segno sull’ex monopolista.
Un manager quando rientra in un’azienda dove ha già lavorato rischia «solo di combinare cazzate» comedisse una volta un filosofo dell’impresa come Franco Tatò, perché assomiglia a quegli allenatori di calcio che tornati alla guida della vecchia squadra pensano di sapere tutto, vogliono fare i fenomeni e alla fine falliscono. Ma chi è passato nell’ultimo decennio in Telecom è convinto in cuor suo di aver fatto bene e che avrebbe potuto far molto meglio se lo avessero lasciato lavorare.
Telecom è una malattia che ti resta attaccata perchè è una grande azienda, era una bella impresa pubblica che i privati non hanno saputo valorizzare. Telecom è una malattia che ha colpito Roberto Colaninno e Marco Tronchetti Provera, e ha contagiato Bernabè che vorrebbe far vedere quanto vale.
Le telecomunicazioni, e Telecom in particolare, hanno un sacco di problemi. Il principale è che nessuno sa bene cosa saranno tra cinque, dieci anni, come funzioneranno, chi le governerà, come sarà il mercato. Probabilmente tutto - voce, dati, informazioni, tv e quello che volete voi - passerà da Internet.
Bernabè deve guidare Telecom in questo contesto evolutivo. Che abbia le idee chiare o meno sul futuro lo si potrà verificare solo col tempo e lo sviluppo dell’azienda. Però l’amministratore delegato, già oggi, ha un grosso problema. Volente o nolente il suo ruolo sembra infastidire gli interessi di Silvio Berlusconi che, tra molte cose, è anche il proprietario delle maggiori tv commerciali e di un grande gruppo editoriale.
Da qualche settimana nel governo, nel mondo politico, sui giornali confindustriali, è partita una sarabanda attorno all’assetto proprietario, alla funzione, all’apertura delle rete di telecomunicazioni, una delle infrastrutture strategiche del paese.La rete Telecom, è ovvio, è di proprietà Telecom che l’ha creata e pagata. Oggi è uno dei cespiti che offre più garanzie alle istituzioni che devono finanziare il debito della società, attorno ai 33 miliardi di euro. Tuttavia è tanto importante che può essere utilizzata da tutti gli altri operatori di telecomunicazioni. In un passato recente si era anche discusso di un’alleanza tra Telecom e Mediaset, individuando nell’integrazione tra telecomunicazioni e tv una strada per creare un grande campione nazionale.
Una discussione del genere,però, è impraticabile perchè trovi Berlusconi, le sue aziende, i suoi interessi, da tutte le parti, in un gigantesco, irrisolto conflitto.
Adesso i predicatori del mercato, i liberisti della domenica, vorrebbero scorporare la rete da Telecom, quotarla in parte in Borsa, affidarla a un gruppo di soci guidato dalla Cassa Depositi Prestiti del placido Bassanini, con gli operatori di telefonia e tv, compresa Mediaset che avrebbe una quota minoritaria ma significativa.
L’ “esproprio” padronale sarebbe giustificato dal fatto che Telecom non investe sulla rete, e non è vero, e per favorire una maggiore competizione sul mercato. Lo scorporo della rete non è stata realizzata per nessun ex monopolista in Europa, nessuno la propone. In Italia, invece, sì.
Ci provò pure Prodi che, forse, sulle sue privatizzazioni potrebbe fare un bilancio storico.
Allora cosa c’è dietro l’angolo? Comesi spiega questa baraonda? Il problema è che anche i grandi network tv, soprattutto il modello di tv commerciale e generalista, hanno urgente bisogno di avere a disposizione una infrastruttura su cui veicolare nel prossimo futuro i loro programmi.
Potrebbero crearne una di nuova generazione (NGN), tirar fuori un po’ di soldi (8-9 miliardi di euro) e cercare altri soci. Ma vuoi mettere com’è comodo usare, conquistare la rete Telecom?
Aderire a questo piano sarebbe come perdere l’argenteria di casa, senza difendersi. Bernabè non ci sta, ma bisognerà sentire cosa dicono i suoi azionisti: Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo e la spagnola Telefonica.
In particolare il presidente di Mediobanca, Cesare Geronzi, ritenuto da Berlusconi uno dei pochi banchieri affidabili in quanto «non comunista », avrebbe suggerito ai vertici Telecom di essere più aperti . Il pressing sarebbe più articolato e meno nobile:una riduzione delle già modeste ambizioni de La7, e magari la cessione della rete tv a una mano più amica, il ridimensionamento di trasmissioni pericolose (Lerner e la Gruber...pericolosi?), il mantenimento della direzione Piroso (casomai qualcuno avesse pensato di assumere il disoccupato di lusso Enrico Mentana).
La guerra della rete è difficile. Bernabè non è Biancaneve: è un uomo di potere, esperto di servizi segreti, dotato di un grande equilibrio, anche fisico. Lo scoprimmo sul floor di Wall Street, nel 2002, quando lo vedemmo ballare lo scatenato rock Johnny B.Goode in coppia con Lilli Gruber.
Ora l’equilibrionon basta: bisogna alzare le difese e muovere le colonne delle salmerie.

L’unita’ 17-12-2009 pag. 36/37

12 dicembre, 2009

TELECOM, COLOSSO SENZA STRATEGIE

ALESSANDRO PENATI

DA OLTRE dieci anni si discute dei problemi di Telecom Italia: un tormentone che si ripete fin dai tempi della privatizzazione.
Ma non si parla dell’azienda: servizi offerti, strategie, capacità di innovare, opportunità di crescita. Si discetta, invece, di proprietà e controllo o, meglio, dei problemi degli azionisti di maggioranza, di chi comanda (dei suoi amici e nemici), di piani e interessi del gruppo di controllo. Ma la problematica del controllo è fine a se stessa; non serve a gestire bene Telecom.
In questo contesto, si è aggiunta poi l’interferenza dei governi (di destra e di sinistra), nonostante l’azienda sia, da un decennio, privata al 100%. Così cambiano i nomi, dal piano Rovati del governo Prodi al piano Caio di quello Berlusconi, ma non la sostanza.
La vicenda è nota. Prima c’è stato il problema della montagna di debiti accumulata da Colaninno per conquistare Telecom (senza capitali), e per finanziare una massiccia campagna acquisti. Poi subentrano i problemi di Tronchetti che per ridurre i debiti vende quello che Colaninno aveva comprato; ma poi torna ad accumularne per fondere Olivetti, Telecom e Tim, senza diluire il suo controllo.
Alla fine, bisogna trovare una soluzione per far uscire Tronchetti prima che il debito diventi ingestibile per Pirelli. Ma c’è l’italianità da preservare. All’appello risponde il solito Trio: Mediobanca, con la fida Generali al guinzaglio, e IntesaSanpaolo, “banca di sistema”. Anche se il compito dell’azionista di controllo, cioè definire le strategie di una società, e verificare che il management le metta in atto, non è certo mestiere da banche e assicurazioni. Che anzi avrebbero fatto meglio a preoccuparsi di gestire casa loro.
Così, arriva Telefonica come partner industriale nel nuovo gruppo di controllo; che toglie le castagne dal fuoco a Tronchetti. Ma Telefonica crea più problemi di quanti ne risolva. Prevedibile, visto che le due aziende sono concorrenti. Il connubio apre conflitti di interesse di tutti i tipi: problemi di Antitrust e concorrenza in Sud America; operazioni con parti correlate, come nella cessione a Telefonica di Hansent (e nell’eventuale vendita di Brasile); problemi con le attività televisive, dove Telecom subisce la concorrenza di Mediaset, mentre questa tratta con la controllante Telefonica l’espansione tv nel mercato spagnolo. Senza contare i “piani” di marca governativa, sempre attenti agli interessi di Mediaset, per una rete in fibra che toccherebbe, guarda caso, gli interessi delle tv. In questo suk, non si capisce quale sia veramente la strategia che il Trio ha in mente per Telecom. Ma è chiaro che una simile sequenza di azionisti di controllo è stata deleteria per un’azienda che, a differenza delle altre privatizzate (come Eni, Enel, Autostrade), deve fronteggiare un tasso di innovazione senza eguali (da Facebook all’iPod, sono nati dopo il 2001), operare in un mercato domestico altamente concorrenziale, e in un panorama globale di progressive concentrazioni.
Bisognerebbe ricordarselo quando si parla di privatizzazione fallita. Il vero fallimento è l’ossessione di avere un azionista di controllo; e italiano. Disfarsene permetterebbe di concentrarsi sul futuro l’azienda: negoziando l’uscita di Telefonica, magari in cambio del Brasile; liberandosi di tutte le attività tv al miglior offerente; convertendo le azioni di risparmio per diluire il Trio, e aprire la strada a un aumento di capitale per espandersi e/o ridurre il debito; e lasciando allo Stato il progetto della mega rete in fibra: se vuole, se la faccia, visto che Telecom non potrebbe mai recuperare il costo del capitale.
E lasciando la retorica sul digital divide (come pensare di sviluppare l’economia della Barbagia costruendo un’autostrada a sei corsie fra Nuoro e Arbatax) e sulla internet-tv (in un paese già saturo di televisione), a chi con la retorica ci campa.

da La Repubblica del 12-12-2009 PAG.36

11 dicembre, 2009

ROMANI SFIDUCIA BERNABE'?

Tlc: Romani; serve societa' rete, si muova sistema Paese
ROMA (MF-DJ)--"Ormai mi sembra scontato che riusciremo a chiudere il digital divide. Ritengo invece opportuno immaginare una societa' della rete in cui tutti i protagonisti sono coinvolti e tutti partecipino all'investimento".

Ad affermarlo, nel corso del suo intervento alle giornate di studio marconiane, e' il vice ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, secondo cui "c'e' da tener conto del ruolo dell'ex incumbent" Telecom I. e "tutto il sistema Paese si deve muovere". Romani ha citato fra gli altri le Poste, le Ferrovie dello Stato ed Ericsson Italia, spiegando che il numero Cesare Avenia "ha dato disponibilita' a investire 1 mld".

LA SETTIMANA SCORSA DURANTE UN INCONTRO CON I LAVORATORI CHE AVEVANO RAGGIUNTO DIVERSI ANNI DI ANZIANITA' AZIENDALE L'A.D. A RIMARCATO CHE LA RETE NON SI SCORPORA DA TELECOM ITALIA, USANDO UNA METAFORA " è come se si tagliassero le gambe ad un corridore per alleggerirlo e farlo andare piu' veloce"

Banda larga: Bernabe', giusto auspicio Romani ma occorre sperimentare

Roma, 11 dic. (Adnkronos) - Si' all'auspicio del viceministro alle Comunicazioni Paolo Romani affinche' si lavori per una grande infrastruttura che doti il Paese di una rete in banda larga e larghissima, "corretto dal punto di vista politico", anche se i problemi che si pongono concretamente vanno superati attraverso la sperimentazione che Telecom Italia sta portando avanti. E' in sintesi quanto affermato dall'amministratore delegato della societa' telefonica, Franco Bernabe' a margine del convegno su Guglielmo Marconi. Bernabe' ha ricordato che "i programmi di Telecom Italia stanno andando avanti" e che la societa' investe tra il 2009 e il 2011 7 mld proprio per dotare il Paese delle necessarie infrastrutture. "Da parte nostra -ha sottolineato l'ad- non ci sono indicazioni di ritardi o impedimenti, noi vogliamo accelerare la dotazione di banda per l'insieme della popolazione". Cio' detto, "dal punto di vista delle soluzioni concrete ci sono una serie di problemi, va fatta una sperimentazione di varie soluzioni: nei prossimi mesi abbiamo deciso di sperimentare varie formule per avere un indirizzo piu' preciso sulla strada da percorrere". Senza dimenticare, ha precisato Bernabe', "l'aspetto regolatorio: e' in corso una riflessione anche con l'autorita' per le comunicazioni perche' si trovino soluzioni per incentivare gli investimenti nella banda ultra larga".

05 dicembre, 2009

CON LA MANCIA DEGLI EVASORI FISCALI..............


CI si finanzia anche la scuola dei loro figli 130MLN, mentre i ns Ragazzi sono costretti a fare i salti mortali, come noi li facciamo ogni giorno solo che a noi vengono rimessi i loro debiti!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

LA CRISI LA PAGHIAMO NOI !!!!!!! CON IL TFR

La caccia alle risorse ha mietuto
alcune vittime: 3 miliardi di accantonamenti
di Tfr fatti dalle aziende
con più di 50 dipendenti passano dall’Inps al Tesoro e copriranno in
parte il Patto per la salute

LA REPUBBLICA PAG 34 DEL 4-12-09
ARTICOLO DI ROBERTO PETRINI

Anche sul quotidiano in edicola oggi viene riconfermata la notizia


E SULLA VERSIONE ONLINE QUA

30 novembre, 2009

THE FUTURE IS UNWRITTEN

A seguito della mail di qualche tempo fa, in cui informavo della grave situazione dei lavoratori/trici del gruppo omega, è partita una sottoscrizione aperta a tutti, in cui si destinavano 10 euro al mese per 5 mesi.
La sottoscrizione ha avuto risultati molto positivi e ad oggi ci sono 165 colleghi/e che hanno aderito e che hanno permesso di raccogliere 1700 euro (dovuti al fatto che c'è chi ha pagato la sua quota di 10 euro, chi anche 50 euro tutti insieme e chi ancora non ha versato la sua quota)..

Una volta raccolti i soldi, abbiamo fatto l'assemblea contrattuale nella sede di pistoia, insieme ai lavoratori telecom di pistoia: quindi una sala piena di lavoratori, con una "macchia" rossa di sippini, compresi i venditori dell'area di pistoia.

In tutto circa 400 lavoratori e lavoratrici che hanno alla fine votato l'ipotesi di accordo sul rinnovo del contratto; al termine, alcune RSU di altre sedi omega sono intervenute per illustrare la situazione in giro per il paese.

In quella sede abbiamo consegnato alle RSU i soldi raccolti e quindi vi ringrazio tutti a nome di tutte quelle famiglie che abbiamo aiutato: gli applausi scroscianti che abbiamo ricevuto sono per tutti.

I soldi sono andati alle seguenti famiglie in particolare stato di difficoltà (per ovvi motivi tolgo i cognomi)

Gabriella, figlia di genitori ambedue disocuppati e insieme a sua sorella lavoratrice Phonemedia.
Carla, marito disoccupato e 3 figli a carico.
Pietro, con la moglie ambedue lavoratori Phonemedia,senza reddito e mutuo da pagare con due figli a carico.
Paola, madre e figlia ambedue dipendenti Phonemedia, il marito disoccupato senza reddito con affitto da pagare .
Franco famiglia con madre e padre e fratello disoccupati, con affitto da pagare .

Inoltre, siamo riusciti ad avere dal Mercato di piazza delle CURE alcune casse di frutta e verdura, e dal fornaio di Piazza Giorgini a Firenze, 20 chili di pane fresco, che per due sabati abbiamo portato loro; il prossimo sabato faremo altrettanto.

Infine, stiamo aspettando che alcuni imprenditori "illuminati" versano sul conto corrente qualche migliaio di euro, così come ci hanno promesso.

Ogni giorno i lavoratori ricevono la visita di personalità della politica e dello spettacolo: non per fare polemica, ma nessun politico del centro destra si è fatto vedere.

Per quanto riguarda la vertenza in corso, se avete visto annozero, avete avuto modo di capire un pò meglo come stanno le cose; ad oggi gianni letta ha portato in consiglio dei ministri la questione, attivandosi nei
confronti dei committenti pubblici e privati per il mantenimento delle commesse (enel, regioni, qualche banca.... telecom, che non si smentisce mai, ha dichiarato che da dicembre disdetterà la commessa....)
.

Inoltre, il governo si è attivato verso il tribunale competente per arrivare al
commissariamento, unica soluzione praticabile in mancanza di imprenditori seri disposti a rilevare l'azienda.

In conclusione: la sottoscrizione è stata molto positiva; chi ancora non ha versato è solo perché siamo stati impossibilitati perché fuori sede, in ferie, o lontani da Firenze: comunque ci attiveremo per raccogliere i soldi rimasti; la strada sembra in discesa, ma fino a che le bocce non sono ferme, non dobbiamo cedere.

A gennaio speriamo che tutto sia risolto, altrimenti rifaremo il giro per raccogliere altri 10 euro mensili da destinare a questi lavoratori.

Chi volesse parlare con le rsu di phonemedia, li trova al cell 3482448836

o all'indirizzo

rsu.answers@answers.it

TELECOM: MICELI (SLC/CGIL) SUL CDA TELECOM, SI AFFRONTINO I PROBLEMI VERI

Nei prossimi giorni svolgerà un CdA di Telecom importante dal punto di vista delle scelte.

Il gruppo, è noto, si trova sotto pressione su almeno tre terreni: il debito, che resta alto ed è stato generato non dall’azienda, ma dall’uso dei suoi asset, a cominciare da TIM; da una politica dissennata dei dividendi; dall’indebitamento patrimoniale dovuto alla vera e propria svendita del patrimonio immobiliare.

Il secondo riguarda il Governo, che continua ambiguamente a spargere incertezze sulla proprietà della rete Telecom, affidando a tecnici ed al Ministero delle Comunicazioni il compito di disorientare azienda ed azionisti.

Il terzo riguarda Telefonica. Non c’è dubbio che l’alleanza con Telefonica stia comportando un disimpegno del gruppo in Europa, perché quello europeo è il teatro fondamentale dell’azione di Telefonica, e in Sudamerica, dove i processi regolatori, spesso confusi, portano Telecom in rotta di collisione con Telefonica.

Sono questi i nodi su cui è necessaria una riflessione e speriamo che il CdA e l’A.D. di Telecom non si rifugino nel comodo quanto inutile esercizio di riduzione del personale o di svuotamento ulteriore di Telecom e dei suoi asset.

Il costo del personale è all’incirca del 13% e qualsiasi azione su questo tema sarebbe non solo ingiusta ma inefficace. La Borsa si aspetta scelte strategiche e non palliativi e quello del personale sarebbe solo un palliativo.

Non ci troverebbe d’accordo un’azione mirata a espellere lavoratrici e lavoratori di Telecom e contrasteremo fino in fondo ogni azione che servisse solo a rifare il “trucco” all’azienda e rinviasse la soluzione dei suoi problemi.



Roma, 30 novembre 2009

25 novembre, 2009

Il governo toglie la rete a Telecom

Il governo non molla. Siamo già al lavoro sul piano per portare Internet veloce in tutta Italia, ha spiegato il sottosegretario alle Comunicazioni, Paolo Romani, e «appena chiuso faremo la società della rete». Il che, tradotto, significa che l’assedio all’infrastruttura Telecom è più vivo che mai.

Non è la prima volta che Romani interviene sulla questione. Questa volta, però, l’affondo arriva mentre fioccano le indiscrezioni sulle grandi manovre all’ombra dell’ex monopolista. Indiscrezioni che parlano di un piano B per la rete di nuova generazione che vedrebbe il coinvolgimento degli operatori alternativi (Fastweb, Vodafone e Wind) e di Mediaset sotto la regia del superconsulente Francesco Caio. Le stesse voci parlano con insistenza di un possibile avvicendamento ai vertici della società e di una lista di manager già scalpitanti che va dall’attuale ad di Poste Massimo Sarmi fino a quello di Wind Luigi Gubitosi, passando per il numero uno di Fastweb, Stefano Parisi.

Di sicuro, Franco Bernabé non sembra disposto a piegare la testa sul dossier della rete. Anzi, la determinazione con cui ha definito, proprio sulle pagine di Libero, «insensata» qualsiasi ipotesi di scorporo farebbe pensare che l’ad di Telecom preferirebbe sbattere la porta piuttosto che assistere ad uno scippo dell’infrastruttura.

Le parole del sottosegretario, del resto, non lasciano molto spazio all’interpretazione. «La rete di Telecom», ha puntato il dito Romani, «è largamente insufficiente». Questo, secondo l’esponente del Pdl, è dovuto al fatto che «l’ex monopolista investe poco». E se è vero che «i grandi problemi finanziari del gruppo non dipendono dall’attuale gestione industriale», ha detto Romani, «come Stato e governo siamo costretti a intervenire e l’Europa ce lo consente».

Ed ecco la soluzione: la società della rete. «Nessuno scorporo», ha garantito Romani, «ma una newco su cui intervengono i grandi player ma anche Poste e Ferrovie e altri soggetti inseriti nel sistema infrastrutturale». Per quanto riguarda la tempistica, si parte appena finita la crisi. I soldi non sono un problema: «Cassa Depositi e Prestiti ha 100 miliardi e passa da investire». Ma anche «il governo farà la sua parte».

L’intensificarsi del pressing del governo e delle manovre di sottofondo farebbero pensare a un impatto che potrebbe farsi sentire già al prossimo cda del 2 dicembre. Ieri il presidente Gabriele Galateri ha assicurato che sul tavolo del consiglio ci sarà solo l’ordinaria amministrazione, mentre del piano industriale si parlerà a febbraio. Anche sotto il profilo societario, ieri l’ad di Generali, Giovanni Perissinotto, ha detto che la questione di «un rimpiazzo nella compagine di Telco, dopo l’uscita dei Benetton non è all’ordine del giorno». Ma quando si tratta di Telecom abbiamo imparato che i colpi di scena sono sempre in agguato.

Nell’attesa di vedere chi la spunta sulla rete fissa, Bernabé accelera su quella mobile. Ieri Telecom ha avviato la prima sperimentazione della nuova tecnologia Lte (Long Term Evolution)per lo sviluppo della rete ultrabroadband di quarta generazione per i cellulari.

se lo dice uno dei giornali del padrone d'italia.......
vorremmo sentire anche oggi i lamenti di quei volponi che inveivano contro Colaninno, sono stati ben attenti a non dire nulla durante l'epoca Tronchetti e
hanno INNEGGIATO AL LIBERO MERCATO contro il piano ROVATI, TUTTI MEZZI UOMINI....

Il suk intorno alla rete Telecom


PERCHÈ TUTTI VOGLIONO
CONTROLLARE LA BANDA LARGA


di Stefano Feltri

Cresce il rumore di fondo che circonda la rete della Telecom, sia quella in rame sia quella futura in fibra ottica. Ieri le ultime due puntate: il sito Affariitaliani.it diffonde, a mercati aperti, una voce secondo cui Telefonica sarebbe pronta a comprare la rete fissa di Telecom, e questa è la vera ragione per cui osserva passivamente le mosse dei soci italiani di Telco, come i Benetton che hanno annunciato la propria uscita dalla holding che controlla Telecom. Un’ipotesi che però gli analisti giudicano poco probabile. Intanto il sottosegretario alle Comunicazioni Paolo Romani dice che gli 800 milioni per la banda larga si troveranno, ma forse in due tranche. E in Argentina Telecom si prepara a vendere la controllata locale per fare cassa, le offerte verranno discusse nel consiglio di amministrazione di oggi.
“Ormai è un enorme suk”: così l’economista Alessandro Penati riassume la situazione della compagnia telefonica guidata da Franco Bernabè. I contorni della vicenda cominciano a essere chiari, dopo che Romani ha confermato che “gli incontri al ministero ci sono con tutti gli attori del settore”, cominciando con la berlusconiana Mediaset.
Una scelta che ha lasciato perplessa la dirigenza Telecom (informata dai giornali, non da Romani), anche perché secondo i rumors ci sarebbe proprio Silvio Berlusconi dietro l’attacco concentrico a Bernabè, che il presidente del Consiglio gradirebbe sostituire con un dirigente più affine, come Stefano Parisi o Flavio Cattaneo.
Il futuro prossimo industriale, invece, sembra ormai quasi certo: c’è il consenso politico per creare una società separata con dentro la rete e che gestisca gli investimenti per costruire quella di nuova generazione. Una versione aggiornata di quel piano elaborato dal sottosegretario Angelo Rovati che causò lo scontro tra governo e Marco Tronchetti Provera, allora azionista di controllo della Telecom.
Oggi Rovati fa il banchiere d’affari, in questi giorni è in Africa e non vuole commentare lo scontro sulla rete.
I piccoli azionisti raccolti nell’associazione Asati, invece, sono entusiasti dell’idea di separare la rete, a condizione che Telecom conservi il controllo: “Secondo noi la soluzione ideale sarebbe creare una società per la rete in cui la maggioranza del 60 per cento resti in mano a Telecom e il 40 per cento diviso tra i soggetti del settore, da Fastweb a Wind alla Cassa depositi e prestiti”, spiega Franco Lombardi, presidente dei piccoli azionisti (piacevole effetto collaterale: a Telecom finirebbero diversi miliardi per ridurre l’indebitamento). E la Cdp è pronta a impegnarsi, ha detto ieri il presidente Franco Bassanini, a condizione che prima ci sia “l’accordo tra tutti gli operatori”. L’idea di una “newco ”, cioè una nuova società a cui partecipa Telecom insieme ai suoi concorrenti per costruire la rete in banda larga piace poco a Lombardi: “Telecom è l’unica che ha la capacità tecnica per costruirela rete e deve avere il controllo dell’operazione, per avere l’incentivo a impegnarsi”. Ma il punto è proprio questo: da tutto quello che sta succedendo in queste settimane, emergeche il governo intende avere un controllo più forte sulla infrastruttura della banda larga o di una “banda larghissima” di cui si discute ora. Secondo alcuni osservatori, tutto l’attivismo dell’esecutivo intorno alla rete si spiega soltanto guardando al posizionamento di Mediaset: il gruppo televisivo controllato dalla Fininvest sta conducendo sul digitale terrestre la sua guerra contro Sky. E per ora pare in vantaggio, con le nuove offerte Mediaset Premium e un business pensato per sfruttare le nuove abitudini di consumo(niente più televisione generalista ma offerta tarata sugli interessi dei singoli utenti).
Ma sulla televisione via Internet, l’Iptv, è molto indietro: per ora si limita a difendere i propri contenuti dall’uso abusivo di Youtube e tenta qualche esperimento in partnership con la Microsoft. E quindi avrebbe gli incentivi a evitare che la nuova banda larga finisca in mani sbagliate, cioè di concorrenti più pronti a sfruttarla. Ma per il professor Penati in Italia “non c’è domanda” per la banda larga. E nelle grandi città, l’unico contesto in cui si possono fornire contenuti in banda larga rispettando criteri di efficienza aziendale (cioè guadagnandoci),l’infrastruttura esiste già: quella di Fastweb.
Soltanto le Regioni, o comunque il bilancio pubblico, possono sostenere l’estensione della banda larga a piccoli centri, sostiene il professor Penati. Ma questo, dice l’economista, è “un servizio pubblico locale”.
Non quella miniera d’oro che giustificherebbe la guerra in atto intorno a Telecom.

DA IL FATTO QUOTIDIANO edizione in edicola il 25-11-2009

22 novembre, 2009

Mediaset muove su Telecom Italia per salvare la tv dalla banda larga

Berlusconi sonda Booz Allen. Confalonieri: non me ne occupo

GIOVANNI PONS

MILANO — Si scalda il clima attorno a Telecom e al destino della sua rete. La notizia di un incontro riservato lunedì scorso a Milano tra esponenti del governo come il viceministri Paolo Romani e rappresentanti del gruppo Mediaset, che fa capo al presidente del Consiglio, sul futuro della banda larga ha fatto infuriare l’ad di Telecom, Franco Bernabè. Il quale ha colto l’occasione di un convegno a Palazzo Giustiniani a Roma per un confronto a quattr’occhi con Fedele Confalonieri, durato una decina di minuti. Non è noto il contenuto della conversazione ma all’uscita il presidente di Mediast ha fatto diramare una nota nella quale precisava di «non aver partecipato ad alcun incontro riguardante il gruppo Telecom». Una smentita solitaria in quanto gli altri partecipanti, da Romani a Fernando Napolitano della Booz Allen, a Gina Nieri fino a Francesco Caio, hanno preferito tacere.
L’impressione è che si sia formato un asse che parte da Palazzo Chigi, passa per il presidente di Mediobanca Cesare Geronzi e finisce a Mediaset, che cerca di stringere d’assedio Telecom per piegarla ad alcuni interessi particolari, in nome della difesa dell’italianità dalle mire della spagnola Telefonica.
Soprattutto l’infrastruttura di rete e il piccolo polo tv che fa capo a La7 sono gli asset cui Berlusconi e i suoi vogliono mettere sotto controllo. Nei mesi scorsi sono stati diversi i tentativi di piazzare uomini di fiducia nell’emittente, ma l’opposizione di Bernabè ha fatto salire la tensione. Lo stesso Berlusconi, secondo ricostruzioni attendibili, avrebbe avuto diversi incontri con Napolitano sul tema della rete Telecom a banda larga e sulla sua importanza per Mediaset. Il premier ha addirittura posto un veto sulla cessione a terzi dei multiplex digitali terrestri che Telecom Italia Media aveva messo in vendita. Diktat rispettato dal management rifiutando un’offerta allettante dei fondi americani Highbridge, salvo poi ricorrere contro gli atti del governo per la discriminazione nella distribuzione dei mux in alcune regioni.
Legittime a questo punto le domande del capogruppo Pd Michele Meta in un’interpellanza a Romani in cui chiede di riferire in Commissione «i contenuti dell’incontro riservato con i vertici Mediaset e l’evoluzione della vicenda legata allo sblocco dei fondi per la banda larga. Potrebbe sorgere, altrimenti, un dubbio legittimo circa il legame tra lo stop agli 800 milioni di euro per la banda larga e le ipotesi di rimozione dei vertici dell’azienda per poterne influenzare i futuri assetti ed investimenti». Romani è infatti molto attivo nel promuovere la sostituzione di Bernabè con un manager più malleabile e vicino al governo e al Biscione. Ma i nomi proposti finora, Stefano Parisi e Massimo Sarmi, sono stati bocciati dall’azionista Intesa Sanpaolo. I principali soci hanno confermato la fiducia all’attuale vertice, ma chiedono uno sforzo supplementare per far uscire la società dalle secche in cui è invischiata.

La Repubblica (cartaceo) 20-11-09

GIALLO SUI RAPPORTI BERNABÈ-MEDIASET

PARTE LA GARA PER SSC - SCENDONO IN CAMPO CONTRO CINAGLIA I BIG INTERNAZIONALI MA FOSSATI FRENA - MEDIOBANCA: PERCHÉ C'È SEMPRE MORGAN STANLEY TRA I PIEDI (E LA CONSOB CHIEDE LUMI)

Mediaset-Telecom è tempo di inciucio. Tutti hanno smentito Dagospia nei giorni scorsi ma tutti dicono adesso che è proprio vero con il mediatore Francesco Caio nel ruolo di paciere interessato anche perchè sa che questo e' l'unico modo per prendere il posto di Bebè Bernabè. che ostenta sicurezza. Dopo le ultime polemiche scartata l'ipotesi di affidare a Michele Cinaglia di Engineering la ricca dote Sap di SSC, con contratti per 65 milioni di euro, per la forte opposizione di Marco Fossati e di Mediobanca. Fossati aveva visto giusto perchè si stanno facendo avanti per SSC colossi del settore come IBM, Hewlett packard e l'italianissima Selex intenzionate decisi a sedersi attorno ad un tavolo con offerte più vantaggiose .

Comunque è ormai certo che il dossier SSC non sarà messo all'ordine del giorno del 2 dicembre anche perchè, com'è nel suo stile british, Bebè non ammette ombre su questa operazione dopo il chiacchiericcio dei giorni scorsi alimentato dopo le uscite dall'azienda di manager del calibro di Spreafico e Pileri. E a proposito di dirigenti spostati pare che non sia per niente contento della nuova collocazione Marco Patuano molto amato dalle banche e soprattutto da Renato Pagliaro.


A Mediobanca in queste ultime settimane dà molto fastidio il doppio ruolo di Morgan Stanley. Come mai, infatti, si chiedono a Piazzetta Cuccia, Morgan Stanley che è l'advisor di Telefonica per le vicende italiane ha anche assistito Telecom Italia a cedere le sue attività in Germania proprio a Telefonica. Sembra che in Consob vogliono vederci chiaro perchè come dicono gli sceriffi di Cardia isogna verificare se in questo caso Telefonica è "parte correlata".

DAGOSPIA

20 novembre, 2009

Lo strano incontro a tre: governo,Mediast e Telecom

L’ incontro tra i vertici Mediaset, l’a m m i n i s t ra t o re delegato di Telecom Franco Bernabè e il viceministro
con delega alle comunicazioni Paolo Romani, che sarebbe avvenuto a inizio settimana inizia a suscitare polemiche.
Si è parlato di banda larga, dopo che il governo ha bloccato lo stanziamento di 800 milioni di euro destinati
a finanziare l’infrastr uttura. A beneficiare di quel denaro sarebbe stata almeno in parte Telecom, che possiede materialmente la rete telefonica attraverso cui viaggiano i contenuti. E a cui i soldi avrebbero fatto comodo
per placare azionisti non troppo soddisfatti della gestione di Franco Bernabé (i Benetton sono dati in uscita
dalla holding che controlla la compagnia). Si può comprendere dunque l’incontro tra Telecom e governo.
Ma che c’entra Mediaset, che offre contenuti e non si occupa di infrastruttura? Secondo il capogruppo in
Commissione Telecomunicazioni alla Camera, Michele Meta, Pd, questa è “l’ennesima dannosa conseguenza
del conflitto d’interessi del presidente del Consiglio”.
Come nel caso del digitale terrestre, Mediaset ha anche qui un doppio ruolo: da una parte fornisce contenuti,
dall’altra cerca di attrezzarsi per essere in una posizione ottimale per trasmetterli. Come ha fatto sviluppando
il sistema di carte prepagate Mediaset Premium. In questi giorni circola anche il rumor che Mediaset sia interessata a rilevare Eutelia, società in grave crisi finanziaria e attenzionata dalla Consob perchè possiede 13mila
chilometri di rete di fibra ottica.
Il Partito democratico con Meta attacca: “Il viceministro Romani chiarisca le motivazioni di un suo possibile
coinvolgimento per discutere del futuro di Telecom e dell’impatto sul sistema radiotelevisivo nazionale”. Aggiunge
Meta: “Se la notizia dell’incontro per discutere di possibili scenari e del controllo dello sviluppo della banda larga è vera, ci preoccupa e rischia di pregiudicare i principi del libero mercato e del pluralismo dell’offerta di contenuti”. Altro aspetto: ieri un’indagine della Commissione Europea ha svelato che l’Italia non è poi tanto indietro, rispetto
al resto d’Europa, per quanto riguarda la banda larga.
Per ora. La Francia di Sarkozy infatti ha appena stanziato quattro miliardi di euro da investire sulla banda larga,
mentre in Spagna (come già in Svezia) diventerà un diritto civile.

iL FATTO QUOTIDIANO 20/11/09

EUTELIA / LE RELAZIONI IMBARAZZANTI DI MPS

Quesito del venerdì: quanto è brutto
per un azionista della Monte dei
Paschi di Siena sapere che nel collegio di
revisione della Banca c’è stato, fino a ieri,
il presidente del consiglio di
amministrazione di una delle società più
esposte nei loro confronti? Almeno un po’
sgradevole deve esserlo, visto che
Leonardo Pizzichi, attuale presidente del
cda di Eutelia, ha deciso di dare le
dimissioni dalla carica di sindaco revisore
della Monte Paschi, incarico che ha
ricoperto fino a ieri. Pizzichi, uomo di
fiducia degli azionisti di Mps, non era
nelle condizioni ottimali per svolgere il
suo compito dentro la banca (il collegio
sindacale ha accesso a dati interni,
compresi i debiti e i crediti): il collegio
dovrebbe controllare gli amministratori.
Invece lui con una mano dirigeva Eutelia
e con l’altra faceva il sindaco. Eutelia,
quotata in Borsa, è entrata tra le 20
società della lista nera della Consob, la
commissione che vigila su Piazza Affari.
L’attenzione della stampa su Eutelia deve
aver sollevato questioni di “oppor tunità”
nei riguardi degli incarichi di Pizzichi,
visto che Mps sostiene con forza, anche
nei comunicati ufficiali, di non avere altro
legame con Eutelia se non di credito.

IL FATTO QUOTIDIANO 20 - 11 - 09


A Berlusco’
ricordati degli amici
di Marco Travaglio
Ha fatto bene l’astuto D’Alema a fidarsi della
parola di Berlusconi, che si era solennemente
impegnato a sostenerlo ventre a terra per la
nomina a “Mister Pesc”, cioè a ministro degli
Esteri d’Europa. Infatti è passata la baronessa laburista
inglese Catherine Ashton. Si consuma così l’ennesimo
trionfo politico di Max che – fra la Bicamerale, il
minigoverno con Cossiga & Mastella, le poltrone
sfumate di presidente della Camera e della Repubblica
– ha collezionato più fiaschi di una cantina sociale. Ma
continua a passare per un tipo “molto intelligente”, a
prescindere. Non ha ancora capito che l’inciucio
all’italiana funziona sempre a senso unico: è un “do ut
des” dove si notano soltanto i do della sinistra, e mai i
des del Cavaliere. Infatti il centrosinistra ha
resuscitato tre volte l’ometto morente, il quale invece
ha sterminato una dozzina di leader del centrosinistra.
E quello che non è riuscito a sconfiggere, Prodi, glielo
ha gentilmente fulminato il centrosinistra due volte su
due. Ora, per somma beffa, il Pdl si accinge a ritirare la
ghedinata del processo breve, anzi morto, per
sostituirla con il geniale disegno di legge
Finocchiaro-Calvi, presentato e fortunatamente non
approvato alcuni anni fa, che sortisce lo stesso
risultato: ammazza sia il processo Mills sia il processo
Mediaset. Invertendo l’ordine degli schieramenti, il
prodotto non cambia. In fondo a che altro serve il
centrosinistra in Italia se non a salvare Berlusconi? Chi
scriverà la storia di questi 15 anni non potrà
prescindere dalla gag di Corrado Guzzanti nei panni
di Rutelli con la voce di Sordi: “A Berlusco’, so’ anni
che te portamo l’acqua co le orecchie, che ce voi pure
‘a scorzetta de limone? A Berlusco’, ricordate degli
amici, ricordate de chi t’ha voluto bbene”. Archiviato
Berlinguer come un nonnetto un po’ rinco a causa del
suo patologico senso dello Stato, il centrosinistra ha
assorbito tutto il peggio delle culture anti-statali e
anti-legalitarie dei gruppettari anni 60 e 70: le stesse
che avevano portato naturalmente i vari Sofri, Boato,
Liguori, Marcenaro, Panella, Briglia dalla sinistra
extraparlamentare a Craxi e molti di essi da Craxi a
Berlusconi (non a caso, Boato era relatore per la
giustizia in Bicamerale, e andava d’amore e d’a c c o rd o
con Gelli e con Previti). Poi le ha mescolate con il
giustificazionismo piagnone dei cattocomunisti e con
l’antica avversione dei cattolici integralisti e papalini
allo Stato risorgimentale. Il nemico è sempre quello:
la legge e chi la fa rispettare. Ieri, ad Annozero, Vauro
ha giustapposto le sparate contro la giustizia italiana
di Cesare Battisti e di Silvio Berlusconi: assolutamente
intercambiabili. “In Italia la giustizia non è al di sopra
delle parti e l’opposizione vuole vincere le elezioni
tramite la magistratura” (Battisti, Il Giornale,
5-11-2009). “Vedo una democrazia in libertà vigilata
sotto il tacco dei giudici politicizzati” (Berlusconi alla
Confesercenti, 25-6-2008). “Consegnarmi alla
giustizia significherebbe consegnarmi nelle mani dei
miei avversari politici” (Battisti, Agi, 10-11-2009).
“Sono oggetto di un’inaudita catena di inchieste
giudiziarie segnate dal più ostile e prevenuto
accanimento” (Berlusconi, 29-1-2003). “Riaffermo la
mia condizione di perseguitato politico” (Battisti,
30-1-2009). “Sono l’uomo politico più perseguitato”
(Berlusconi, 10-10-2009). Uno è un delinquente
comune, condannato per quattro omicidi e coccolato
da mezza sinistra europea. L’altro è il premier italiano
e leader del centrodestra. Parlano la stessa lingua. Solo
che Berlusconi ha chiesto l’estradizione di Battisti per
sbatterlo in galera. E Battisti non ha mai pensato di
usare le frasi di Berlusconi per convincere i giudici
brasiliani che i loro colleghi italiani sono “matti,
mentalmente disturbati, e antropologicamente diversi
dal resto della razza umana”. Uomo di poca fede.

06 novembre, 2009

Telecom Italia, Pileri lascia dopo cambi al vertice

REUTERS ITALIA
MILANO, 6 novembre (Reuters) - Stefano Pileri, direttore della rete, lascia il gruppo Telecom Italia , dopo alcuni cambiamenti al vertice.

Lo dice una nota della società, aggiungendo che Oscar Cicchetti è stato nominato direttore Technology & Operations e Marco Patuano direttore Marketing Operations. Entrambe le competenze erano prima affidate a Pileri.

Il posto di direttore finanziario lasciato libero da Patuano viene ricoperto da Andrea Mangoni, ex ad Acea .

A fine anno sarà inoltre soppressa la direzione dismissioni, affidata a Giovanni Stella.

"A Stefano Pileri, che non ha ritenuto di accettare una diversa responsabilità che gli avevamo proposto, devo un ringraziamento sentito", dice l'AD Franco Bernabè nella nota.

STRUTTURA ORGANIZZATIVA

ECCO LA NUOVA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DAL SITO DI TI

NUOVA ORGANIZZAZJIA : RUMORS

Questa la voce che gira:

OSCAR Cicchetti da Domestic Operations a capo di Technology & Operations

Marco Patuano da Administration Finance a Control a capo di Domestic Operations

Mangoni a capo di Administration Finance a Control, mantiene International

Business

QUINTA'S BLOG

05 novembre, 2009

Pileri si è dimesso da Telecom Italia


HANNO VINTO LE BANCHE (Migliardi), NESSUNA LOGICA INDUSTRIALE, DA OGGI MACELLERIA SOCIALE?

Telecom Italia riorganizza la struttura di vertice aziendale. E il manager lascia
Stefano Pileri, a capo della divisione Technology & Operations di Telecom Italia, ha rassegnato le dimissioni. Lo scrive in un comunicato Asati, l'associazione che raccoglie circa 2.300 piccoli azionisti Telecom. "Ci risulterebbe che Telecom stia varando una nuova struttura organizzativa nella quale non trova una collocazione Stefano Pileri che avrebbe rassegnato le dimissioni", scrive Asati.

"In Telecom Pileri ha percorso tutta la carriera in 25 anni fin dall'inizio e rappresentava oggi uno dei pilastri della società come responsabile del network - prosegue l'associazione - Riteniamo questa una grave perdita per la società ed esprimiamo la nostra preoccupazione".

Stefano Pileri, oltre che a capo della rete di Telecom Italia è anche, dalla scorsa estate, presidente di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici.

5 novembre 2009

CO' LE PEZZE AL CULO : Banda larga, nuovo stop "I soldi alla fine della crisi"

la repubblica

IL governo ha distrutto le speranze di avere, in breve tempo, internet banda larga per tutti gli italiani. L'annuncio è arrivato ieri da Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: "I soldi per la banda larga li daremo quando usciremo dalla crisi". Si riferisce agli 800 milioni che il governo aveva promesso di dare da mesi nell'ambito di un progetto da 1,47 miliardi di euro: il cosiddetto "piano Romani" - da Paolo Romani, viceministro per lo Sviluppo con delega alle Comunicazioni.

Era un piano per portare la banda larga 20 Megabit al 96% della popolazione entro il 2012, e almeno i 2 Megabit alla parte restante. Un piano di livello base, per risolvere i nodi più stringenti della nostra rete, afflitta da problemi di copertura (il 12% degli italiani non può avere nemmeno i 2 Megabit) e da una crescente saturazione che rallenta le connessioni degli utenti.

Con il piano Romani il governo rinunciava nell'immediato, invece di occuparsi del futuro della nuova rete. A differenza di altri Paesi europei, dove ci sono da anni piani nazionali per portare banda larghissima a 50-100 Megabit. Al 75% delle case entro il 2014 in Germania; a 4 milioni di case nel 2012 in Francia (che investirà 10 miliardi di euro). Eppure, a quanto pare, anche questo piano minimo ha avuto un intoppo.

Per mesi quegli 800 milioni sono stati avvolti da un giallo: un decreto già da prima dell'estate li stanziava per la banda larga, ma il Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, ne ha sempre rimandato l'assegnazione. A nulla sono valse le pressioni, per sbloccare quei fondi, da parte di Telecom Italia, Agcom (Autorità garante delle comunicazioni), dello stesso Romani e del ministro per la Pubblica amministrazione e l'Innovazione, Renato Brunetta.

Almeno adesso il rebus si scioglie. Letta ha comunicato che i fondi sono sempre in pancia al Cipe, quindi non sono stati dirottati altrove, ma saranno sbloccati solo una volta usciti dalla crisi. Adesso ci sono altre priorità economiche, la banda larga può aspettare.

Non la pensano così altri governi europei, con i loro piani sulla banda larga. Né è d'accordo l'Unione Europea secondo cui questi piani servono appunto per uscire dalla crisi. L'Europa ha stimato che la banda larga porterà un milione di posti di lavoro fino al 2015 e una crescita dell'economia europea di 850 miliardi di euro. Si noti che di quei 1,47 miliardi, questi 800 milioni sono gli unici fondi assegnati dall'attuale governo alla banda larga. Li altri vengono da altre fonti, stanziati dal governo Prodi oppure della Comunità europea.

Chissà adesso di quanto tempo il piano Romani sarà ritardato, rispetto all'obiettivo 2012. Il sottosegretario si dice però "ottimista": "Letta ha detto anche che la banda larga, nelle priorità ordinarie del governo, è al primo posto. Subito dopo quelle straordinarie che ora viviamo per la crisi - dice a Repubblica.it - credo inoltre che la fine della crisi sia questione di mesi, non di anni. Inoltre, anche senza gli 800 milioni non stiamo fermi. Abbiamo 400 milioni, tra fondi Infratel, rurali dalla Comunità Europea e derivanti da protocolli con le Regioni. Stiamo facendo bandi, creando infrastrutture".

Per arrivare a 1,47 miliardi, mancano poi 210 milioni, che, secondo il piano, dovrebbero venire da privati. "Per quelli faremo un bando europeo, dopo che si sbloccheranno gli 800 milioni", spiega Romani. Insomma, degli 1,47 miliardi manca all'appello un miliardo. Si lavora con circa un quarto della somma prevista.

© Riproduzione riservata (5 novembre 2009)

QUESTI SONO CAPACI SOLO A RACCONTARE FROTTOLE,SONO TUTTA LOLLA

28 ottobre, 2009

26 ottobre, 2009

CCNL TLC: SLC-CGIL “IL NUOVO MODELLO CONTRATTUALE NON E’ PASSATO. ECCO PERCHE!”

Venerdì 23 dopo un lungo braccio di ferro (che fino all’ultimo ha messo in discussione la firma di SLC-CGIL a causa del tentativo di ASSTEL di introdurre deroghe al contratto) è stata siglata l’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL delle TLC.
“Il nuovo modello contrattuale, al di là dei tentativi goffi di Cisl e Coonfindustria e dei loro uffici stampa, non è passato”. Così dichiara in una nota Alessandro Genovesi, Segretario Nazionale di SLC-CGIL.
“La funzione del CCNL di “garantire la certezza e l’uniformità dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori ovunque impiegati nel territorio nazionale” è stata rafforzata, così come la non derogabilità a livello aziendale delle “materie ed istituti già negoziati al primo livello”. La contro piattaforma di ASSTEL che chiedeva deroghe su orari, pause, inquadramento e mercato del lavoro è stata respinta. Poiché il nuovo modello contrattuale si basava proprio sul superamento del CCNL è del tutto evidente che, propaganda a parte, politicamente il successo della CGIL è innegabile”.
“Il rinnovo del CCNL - continua Genovesi - è un rinnovo pulito in ogni sua parte. Non solo per quanto riguarda il rapporto tra le fonti contrattuali, ma anche per gli enti bilaterali. Nascerà un Ente Bilaterale per la sanità integrativa che darà una copertura minima a tutti i lavoratori del settore che oggi ne sono privi (a partire dalle ragazze e ragazzi dei call center). Una sanità integrativa esplicitamente non sostitutiva delle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale, con 8 euro a carico delle imprese e 2 dei dipendenti. Nascerà inoltre un Agenzia Bilaterale per la Formazione che utilizzerà esclusivamente risorse interne al sistema. I consiglieri dell’Agenzia presteranno la propria opera in forma completamente gratuita.
Altri compiti impropri (a partire da eventuali sostegni al reddito dei lavoratori) non sono contemplati. Chi voleva dar vita ad Enti Bilaterali per l’erogazione degli ammortizzatori sociali dovrà rassegnarsi, il CCNL delle TLC non ne recepisce nulla”.
“Avanzamenti significativi vanno registrati inoltre sul part-time sia in termini normativi che economici (la maggiorazione del supplementare passa dal 15% al 20%); sull’apprendistato (con la specifica che i locali per la formazione interna devono essere distinti da quelli adibiti alla produzione). Sono state migliorate le norme sulle 150 ore e sui permessi esame (con un giorno in più retribuito) ed è stata portata dal 2° al 3° giorno di malattia la franchigia per il certificato medico (da consegnare solo al rientro).
E’ stata fatta chiarezza sull’inquadramento iniziale degli addetti al call center: di fronte alla giungla e al dumping operato (anche con accordi separati a livello locale) da parte di imprese scorrette che sottoinquadravano i lavoratori si è definito una volta per tutte che è il 3° livello quello di ingresso (con relativa sanatoria per tutti entro il 2010). Sarà possibile inquadrare al 2° livello, per un periodo iniziale, esclusivamente i lavoratori privi di esperienza professionale (da qui 3 possibilità: assunzioni con apprendistato, con contratto di inserimento, con un “2° formativo” a fronte di almeno 20 ore di formazione minima, con automatico passaggio al 3° e con la clausola di mantenerne in servizio a tempo indeterminato almeno il 70%).
Una norma chiara che da oggi renderà più agevole la battaglia sindacale (e giudiziaria) contro le imprese più scorrette”.
“Per quanto riguarda infine gli aumenti salariali – sottolinea Genovesi – si esce a regime (per una durata di 3 anni: 1 gennaio 2009-31 dicembre 2011) con 129 euro di aumento (45 a Gennaio 2010; 34 a Giugno 2010; 50 a Giugno 2011) e una tantum di 585 euro, tutto al parametro del 5° livello. L’aumento a regime dei minimi (il valore punto era di 17,01 euro) è del 7,6% .
In base al nuovo modello firmato il 15 Aprile 2009 l’aumento avrebbe dovuto essere di 117 euro pari cioè al 6,7%
(1,2% di recupero sul passato biennio di inflazione non depurata + il 5,5% delle previsioni Isae, cioè della nuova inflazione depurata dai beni energetici). Vi sono cioè aumenti superiori, dovuti proprio alla posizione della CGIL per cui l’inflazione va recuperata tutta, perché gli aumenti di benzina e riscaldamento i lavoratori li pagano e – quindi – i loro salari devono essere tutelati anche da questo tipo di inflazione”.
“Politicamente – conclude la SLC-CGIL - l’accordo è importante: perché giunge unitario dopo la presentazione di tre piattaforme separate; perché copre l’intera filiera ICT e guarda - tra sanità integrativa, mercato del lavoro, permessi, inquadramenti – tanto alle figure deboli che alla parte alta del settore. Perché soprattutto difende il CCNL, la sua funzione solidaristica e regolatoria e rilancia quindi la funzione sindacale della CGIL. Ora la parola passerà ai lavoratori che voteranno l’ipotesi, secondo la migliore tradizione democratica e partecipativa che ha visto la CGIL far votare sempre i lavoratori: quando è stata presentata la piattaforma e ora con l’ipotesi di accordo”.

24 ottobre, 2009

Contratto Tlc, raggiunto accordo unitario

RASSEGNA.IT

Arriva l’intesa unitaria per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei dipendenti delle aziende di telecomunicazioni (tra cui Telecom,Vodafone, Wind, Fastweb, H3G), che interessa 130.000 lavoratori. L’ipotesi di accordo è stata sottoscritta dai Fistel-Cisl, Slc-Cgil e Uilcom e da Asstel, presso la sede di Confindustria a Roma.

L'accordo prevede un aumento salariale di 129 euro suddiviso in tre tranches, la prima a partire dal gennaio 2010 di 45 euro, la seconda da giugno 2010 di 34 euro e la terza da giugno 2011 di 50 euro. Il 2009 è coperto con una tantum di 585 euro. Viene istituito un elemento di garanzia retributiva pari a 260 euro annui, per i dipendenti in forza alla data di erogazione, che risultino privi di contrattazione di 2ndo livello. La durata del contratto è triennale con inizio 1 gennaio 2009 e scadenza 31-12-2011.

“L’accordo è soddisfacente, e Slc/Cgil lo ha sottoscritto poiché non contiene né riferimenti né alcun istituto dell’accordo separato del 15 aprile 2009”. È quanto dichiara Emilio Miceli, segretario generale della categoria Cgil. “Nessuna deroga – prosegue Miceli - , nessun ente bilaterale ma un’agenzia per la formazione dove i sindacalisti saranno impegnati a titolo gratuito; nessun azzeramento ma anzi una rivalutazione della base di calcolo degli incrementi retributivi e 129 euro che vanno ben oltre i 117 previsti dal misuratore dell’inflazione, deciso in sede di accordo separato”. Per la Slc “l’accordo dimostra non solo i limiti evidentissimi dell’accordo separato ma anche che è possibile sperimentare strade nuove, così come già accaduto per gli alimentaristi, per dare forza, qualità ed autonomia al sistema contrattuale del nostro paese”.

L'estensione del campo di applicazione del CNL delle Tlc investe anche le Imprese del comparto ICT, ricorda in una nota la Fistel Cisl.

Tra i diversi punti l'accordo vede anche la disponibilità di Asstel a realizzare un ente bilaterale di settore per la sanita' integrativa. Nel frattempo arriverà lo stanziamento di 120 euro annui per ciascun lavoratore che non ha alcuna copertura sanitaria integrativa.

Ora partirà il percorso informativo delle assemblee dei lavoratori.

23 ottobre, 2009

IPOTESI DI ACCORDO SOTTOSCRITTA SMS DELLE 21,27

ipotesi di accordo senza deroghe al ccnl.
Aumento a 129€ al 5 liv in 3 tranches, una tantum di 585€.
1/1/2010 prima da 45€
1/6/2010 seconda da 34€
1/6/2011 terza da 50€
Elemento salariale di 260€ annui per chi è senza integrativo.
20%magg.supplementare x part time.
2 livello formativo con vincolo del 70% di trasformazione a tempo indeterminato. Sanità di settore per chi non ce l'ha 8€mese a carico delle aziende, 2 € a carico del lavoratore. Un giorno in piu' di permessi esame annui. Tempo determinato 36+12 mesi in ambito reg. per ricollocazione.
segue comunicato e assemblee.

SMS DELLE 14,20 DALLA TRATTATIVA PER IL RINNOVO DEL CCNL


IL RINNOVO DEL CONTRATTO è IN ALTO MARE.
CISL E UIL SONO DISPONIBILI A FIRMARE UNA DEROGA ALL'INQUADRAMENTO ( 2 LIV. JUNIOR) E A CEDERE SUL TOTALE SALARIALE. lA TRATTATIVA RIPRENDE NEL POMERIGGIO. aL TERMINE VI FACCIO SAPERE.


Un precedente messaggio delle 10 lasciava presagire un esito positivo della trattativa, ma evidentemente le altre due organizzazioni hanno ricevuto delle "PRESSIONI".

LA CGIL FA POLITICA?

ma levatevi di ulo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

23 luglio, 2009

22 luglio, 2009

Telecom: sindacati, bloccare appalti al massimo ribasso

Una delegazione dei sindacati dei metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm è stata ricevuta oggi, a Roma, presso il ministero dello Sviluppo Economico. E' quanto si apprende da una nota. Nel corso dell’incontro, la delegazione sindacale ha illustrato ai rappresentanti del governo i problemi del settore delle installazioni telefoniche. In particolare, si può leggere nel verbale ministeriale emesso al termine dell’incontro, i sindacati sottolineano “le gravi conseguenze che l’annunciata gara di Telecom Italia per l’assegnazione di attività di assurance, delivery e technology potrebbe determinare sul futuro delle imprese e sull’occupazione”.

Nei giorni scorsi, infatti, Fim, Fiom, Uilm avevano emesso un comunicato in cui affermavano che “la grave e improvvisa decisione di Telecom Italia di assegnare il 24 luglio 2009 con gara al massimo ribasso, in tutte le regioni d'Italia, attività attualmente contrattualizzate a primarie aziende delle installazioni telefoniche, aprendo ad imprese non del settore e/o di sub appalto, non è accettabile per gli effetti sociali e industriali che tali scelte produrrebbero”.

“Tale decisione - proseguiva il comunicato - è priva di ogni attenzione industriale e occupazionale, oltre che alle condizioni retributive e normative dei lavoratori, alla sicurezza di chi lavora (…). È chiaro che con tale atto Telecom anticipa sperimentalmente la strategia sui rinnovi di tutti i contratti d'appalto in scadenza a fine 2009. La decisione della Telecom colpisce tutte le primarie imprese del settore (Sirti, Sielte, Site, Ciet, Valtellina, Alpitel, Mazzoni, Ceit, Icot, ecc.) e apre ad una polverizzazione di imprese che andranno a gestire le attività. È necessario opporsi radicalmente a questa deriva priva di ogni progettualità industriale".

Oggi le categorie hanno ribadito al ministero dello Sviluppo economico quanto avevano già comunicato in mattinata a Telecom Italia, e cioè “la necessità che la gara al massimo ribasso del 24 luglio sia annullata”. Nel verbale emesso al termine dell’incontro, il ministero dello Sviluppo Economico afferma che “interverrà immediatamente” presso Telecom “al fine di verificare la situazione denunciata dai sindacati e di impedire le negative conseguenze sulle imprese e sui lavoratori”.

Il dicastero “si è impegnato a convocare un incontro con tutte le parti interessate (a partire da Telecom Italia) per esaminare la situazione attuale e le prospettive degli investimenti necessari a garantire un futuro alle imprese manifatturiere e di installazioni telefoniche italiane che operano nel settore delle Tlc”.

In mattinata - nell’ambito dello sciopero di 8 ore attuato oggi a Roma e nel Lazio dai lavoratori metalmeccanici del settore delle installazioni telefoniche - Fim, Fiom, Uilm avevano attuato un presidio davanti alla sede centrale di Telecom Italia. Una delegazione sindacale è stata ricevuta con esito negativo dalla direzione Telecom. A seguito di tale esito, i lavoratori partecipanti all’iniziativa hanno dato vita a un corteo che - lungo corso d’Italia, Porta Pinciana e via Veneto - ha raggiunto la sede del ministero dello Sviluppo economico.

A sostegno della posizione assunta nei confronti della Telecom, i sindacati dei metalmeccanici hanno indetto uno sciopero di 8 ore per venerdì 24 luglio che si terrà in tutte le regioni meno che nel Lazio dove, come detto, l’astensione dal lavoro è stata attuata nella giornata di oggi.

22/07/2009 19:17

21 luglio, 2009

VERBALE MIN LAVORO SU ACCORDO SOLIDARIETA' 1254 ADE

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DOCUMENTO SU CHIUSURA SALE STAFF TILS

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TELECOM ITALIA: SLC-CGIL “RITIRATI I LICENZIAMENTI. ACCORDO BUONA MEDIAZIONE

“Nella mattinata di oggi, dopo una lunga trattativa iniziata lunedì mattina, sono stati sottoscritti due importanti accordi sindacali tra SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL e l’azienda Telecom Italia. Con il primo accordo l’azienda ritira i licenziamenti riguardanti 470 lavoratori delle Directory Assistance. Al loro posto si farà ricorso a contratti di solidarietà che saranno accompagnati da un piano di rilancio dei servizi di informazioni telefoniche e da piani di nuovo impiego delle risorse, salvaguardando così il mantenimento del posto di lavoro e la possibilità di una riconversione dei lavoratori su altre attività”. Così dichiara in una nota la Segretaria Nazionale di SLC-CGIL, il principale sindacato in Telecom.
“Al centro della mobilitazione oltre al ritiro dei licenziamenti vi erano poi altre tre importanti richieste che l’azienda, nonostante i ripetuti tentativi, non ha potuto alla fine non prendere in considerazione. Innanzi tutto, di fronte alla ventilata ipotesi di chiusura di 15 sedi territoriali di Telecom e relativi trasferimenti territoriali presso altre città, l’azienda ha accettato il principio rivendicato dal sindacato per cui le mobilità territoriali potranno avvenire esclusivamente con il consenso dei lavoratori. Inoltre si accetta che la mobilità professionale (cioè la ricollocazione di parte dei lavoratori di staff su aree operative) sarà oggetto di monitoraggio tra le parti, nel tentativo di salvaguardare e valorizzare le professionalità acquisite: non più atti unilaterali aziendali, ma oggetto di confronto sindacale”.
“Infine – continua la nota – l’azienda ha accettato di continuare a discutere a settembre delle attività di formazione rivolte al personale Telecom, tema che tratta direttamente delle sorti di TILS e dei suoi dipendenti, oggi a rischio di licenziamento”.
“Gli accordi rappresentano ovviamente una mediazione e certamente lasciano aperti problemi e questioni insolute che rimandano alla politica industriale di Telecom, alla sua capacità o meno di sciogliere i nodi del debito e degli assetti proprietari. Sono una base di partenza però per tutelare di più i lavoratori dell’ex azienda di Stato, la parte più debole nei momenti di grave incertezza come quelli che oggi Telecom conosce. Soprattutto l’azienda ha dovuto accettare i punti posti con le mobilitazioni e gli scioperi, dovendo ricercare una mediazione con il Sindacato che, in diverse occasioni, è stato vissuto più come un problema che non come un interlocutore ed un soggetto importante nella vita dell’azienda”.



Roma, 21 luglio 2009

27 giugno, 2009

SINTESI 1° INCONTRO X RINNOVO CCNL – 25 GIUGNO 2009 – ROMA

Come in ogni primo incontro, la forma la fa da padrona.
ASSTEL, con il suo presidente Guindani, il suo prossimo sostituto Stefano Parisi e il Direttore generale Raffaele Nardicchione, ha presentato la situazione del settore.
Se volessimo sintetizzare il messaggio che ci hanno voluto trasmettere, si può dire che siamo in piena crisi, quasi sull'orlo di un precipizio e che solo abbassando il costo del lavoro si può uscire dalla crisi.... un ritornello abbastanza usuale di questi tempi...Se volessimo polemizzare potremmo dire che la Cgil l’aveva detto da tempo....
Essendo la realtà più articolata, vediamo nel dettaglio: Il settore cresce, sia in termini di ricavi che in valore, seppur in misura minore del passato; gli investimenti sono al palo sia sul fisso che sul mobile, i prezzi per il consumatore sono calati, risultando inferiori ai prezzi del 2000, il mercato del mobile è saturo; il regolatorio (AGCOM) svolge un'azione incisiva tutta a difesa dei consumatori e questo fatto viene visto positivamente da ASSTEL (ma mi piacerebbe sentire che ne pensano i rappresentanti delle singole grandi aziende); le attività di customer care (call center), di cui la stragrande maggioranza date in outsourcing, producono fatturati per 1 miliardo di euro; sul futuro della rete poche parole, forse perché si tratta di un tema dalla forte valenza aziendale (telecom) e su cui le opinioni sono troppo distanti.
In questo quadro, ASSTEL non è in grado di analisi di prospettiva, ma il messaggio di una grave situazione economica ed industriale è stato lanciato.
Sul tema contrattuale Guindani ha “solo” ribadito che verrà applicato l'accordo interconfederale del 15 aprile 2009 (in applicazione dell'accordo quadro del 22 gennaio 2009 non firmato dalla CGIL).
I 3 segretari hanno risposto all'analisi di ASSTEL con sfumature parzialmente diverse, ma mi pare che tutti abbiano rimesso al centro il lavoro come leva per far crescere tutto il settore; ovviamente non sono mancati cenni sugli investimenti e sulla ricerca di nuovi spazi e nuovi servizi commerciali.
In particolare mi ha colpito la dichiarazione di Giacomassi (CISL) che ha sollecitato tutti ad una riflessione seria sulla validità del concetto di crescita, intesa da tempo e solo come crescita dei ricavi e/o del PIL: è stato cioè riproposto il tema dello sviluppo qualitativo e non solo quantitativo, se vogliamo banalizzare, dello sviluppo sostenibile anche all'interno del settore delle TLC; ragionamento non solo valido in termini puramente economici, ma anche in prospettiva di nuovi paradigmi vertenziali.
Tema in parte legato alla riflessione di Genovesi (SLC/CGIL) che ha impostato il suo ragionamento di critica all'analisi di confindustria/ASSTEL, cercando di far capire che l'importanza in questa fase di enorme possibilità di crescita e sviluppo (basti pensare al fatto che solo il 50% delle famiglie hanno il computer, mentre la media europea è del 74%... ed è evidente lo stretto legame tra computer e settore TLC. Peraltro il settore si caratterizza per la continua perdita di investimenti in ambito internazionale e dal fatto che, eccetto telecom, i grandi gestori sono in mano a società straniere....!!!) non è solo quanti adsl o voip si vendono, ma dove restano le “intelligenze”, criticando la mancanza di ricerca e le strategie portate avanti nel settore, in particolare da Telecom (vendita di TILS, abbandono dell'IT e delocalizzazione di alcune attività di customer care).
La nostra posizione di fondo – da tutti ripresa seppur con sfumature diverse – è chiaramente opposta a quella di confindustria: come ridare fiato al settore? Come ci possiamo dimenticare di esercire un servizio essenziale e strategico per il paese? E quindi come non parlare di “sistema paese”? E ancora come non dare risalto al ruolo dei lavoratori di tutto il settore?
Non ci siamo dimenticati delle decine di migliaia di lavoratori che operano nei call center, esempio concreto di politiche industriali virtuose e che non sopravvivono se si rincorre la semplice riduzione dei costi (dumping contrattuale), come dimostra la forte e clamorosa presa di posizione di ASSOCONTACT (associazione di categoria di confindustria che raccoglie le grandi aziende di call center in outsourcing) nel momento in cui poste italiane (azienda pubblica !!!!) fa una gara di appalto al massimo ribasso con una proposta complessiva più bassa anche del solo costo del lavoro della commessa.... e questo proprio perché se la rincorsa è sui costi e quindi senza regole che valgono per tutti, alla fine tutti sono spacciati.... nel mondo c'è sempre qualcuno disposto a lavorare per un euro in meno....
In sintesi: alla foglia di fico della crisi che giustifica la cassa integrazione e i licenziamenti e ora anche la riduzione dei salari e dei diritti, abbiamo contrapposto un ragionamento a 360° sul settore e sul sistema paese come unica chiave di lettura delle nostre scelte.
Scelte che si trovano nelle piattaforme che sono state illustrate, con delle stonature sinceramente fuori luogo quanto inutili, in particolare sulla bilateralità e su un velato “giustificazionismo della crisi” che in alcuni interventi è venuto fuori.
Nel complesso un incontro in cui “industrialmente” esiste molta più unità di quella contrattuale, vista la nota presenza di piattaforme separate tra noi e la cisl. Cisl che continua a non dire nulla sull'aumento salariale richiesto. Ci siamo aggiornati al 16 luglio pv.

24 giugno, 2009

CONTRATTI

DOMANI LA NS DELEGAZIONE SARA' A ROMA PER IL PRIMO INCONTRO CON ASSTEL DEL RINNOVO CONTRATTUALE,IN QUEST'OTTICA CI PARE OPPORTUNO PUBLICARE UN POST DI BRUNO UGOLINI SULL'ARGOMENTO.
BLOG DI BRUNO UGOLINI

I contratti e il salario che divide

L’allarme economico reiterato dall’Ocse è connesso a un drammatico allarme sociale. L’occupazione cede e le retribuzioni sono bloccate (uno spostamento dello 0,1% nell’ultimo trimestre). I giornali danno risalto a “esempi” come quelli della British Air dove si chiede ai lavoratori la rinuncia a un mese di salario. E’ la linea della sospensione della paga. Non si invoca tanto in Italia: semmai si punta sulla moderazione salariale, come se da qui passasse una spinta all’economia e ai consumi. E sembra che proprio su questo aspetto si possa fondare l’imminente scontro sui rinnovi dei contratti.

Qui tutto parte dal nuovo sistema concordato dalla Confindustria solo con Cisl e Uil. Uno dei primi appuntamenti interessa i metalmeccanici. Sembrava che si potesse raggiungere una specie di compromesso sindacale unitario teso a risolvere la sola partita salariale, per rinviare il resto al futuro. Non è andata così. Forse anche sotto l’influsso di un documento riservato della Confindustria teso a rivendicare una stretta osservanza agli accordi presi, negando ogni autonomia alle categorie. Fatto sta che ci saranno due piattaforme: una Fiom e una Fim-Uilm. Queste ultime rivendicheranno un aumento di 113 euro in tre anni (nonché un fondo di solidarietà per i lavoratori vittime della crisi).

Susanna Camusso (Cgil) ha ricordato che l’ultimo contratto aveva ottenuto 127 Euro in trenta mesi. E sembra difficile immaginare aumenti integrativi azienda per azienda.

La questione salariale del resto sembra coinvolgere anche categorie dove permangono solidi i legami unitari. E’ il caso dei lavoratori elettrici. Alberto Morselli e Carlo De Masi, dirigenti dei sindacati di categoria, hanno spiegato i dissensi in interviste al “Diario del lavoro” (quotidiano on line).

Esce da questi testi la fiducia della Cisl – già affermata al Congresso – in una prioritaria richiesta riferita agli organismi di “partecipazione”. Il salario verrà dopo. Ed è probabile che simili scenari possano attecchire in altri comparti (vedi alimentaristi, tessili, chimici, edili) dove sembrava possibile una piattaforma unitaria. Mentre rimane diversa la situazione tra i sindacati dell’industria alimentare che procedono per ora senza intoppi verso lo sbocco contrattuale, reso più facile anche dalle condizioni del settore. Del resto anche nel settore pubblico è stato appena siglato il contratto per i lavoratori degli enti locali. Altrettanto nella sanità dove invece un incredibile Renato Brunetta si oppone vigorosamente alla firma unitaria. Esempi che dimostrano come la Cgil ricerchi le intese mentre altri puntano sulla spaccatura.

La scelta di porre in qualche modo un freno alle spinte salariali è spiegata, specie in casa Cisl, con l’esigenza di soddisfare (oltre alle voglie di partecipazione), le richieste dei non garantiti, i precari, i circa due milioni che non hanno protezione e non sono riconosciuti da Silvio Berlusconi. Ha detto un segretario della Fim-Cisl, Marco Bentivogli, che costoro hanno il problema della prima e non della quarta settimana. Verissimo. Ma come mutare questo stato di cose? Sarebbe necessaria, come in altri tempi, una mobilitazione straordinaria dell’intero Paese. Non il sacrificio temporaneo dei salariati fissi.

Pubblicato da Bruno Ugolini a giovedì, giugno 18, 2009