29 gennaio, 2007

GENTILONI A REPUBBLICA TV

IL LINK SOPRASTANTE RIGUARDA UN INCONTRO CON IL MIN. COM.DELLA DURATA DI CIRCA "25 MINUTI" NEL QUALE SI PARLA DI RETI DI TLC, WI-MAX , DIGITAL DIVIDE.

…….RIFLESSIONE CON AMICI………

RICEVIAMO DA UN AMICO DEL FISTEL E PUBBLICHIAMO

Nella logica del costante e continuo confronto con i lavoratori, iscritti e non iscritti al sindacato,
nelle costanti voci più o meno destabilizzanti sulla prossima ristrutturazione, a mio modesto avviso già iniziata, mi giungono attendibili segnalazioni di iniziative unilaterali della nostra azienda che dal primo gennaio ha “regalato” tutta la manutenzione dei guasti della fascia medio bassa, compreso la ridondante adsl, alle imprese di rete.
Questo passaggio in avanti , senza un passaggio relazionale con le organizzazioni sindacali unitarie,
alimenta inevitabilmente preoccupazioni a livello di attenzione.
Non vorremmo rivedere la solita commedia:
oggi ti passo il lavoro, domani anche le persone.
MORALE:
A tutela di tutti i lavoratori del settore, vorremmo che le segreterie nazionali attivassero un percorso con l’azienda Telecom Italia per capire quello che sta succedendo e soprattutto dove andremo a finire nella speranza che il “pacco” non sia già confezionato.
Il tema degli appalti e dei livelli occupazionali è un tema SERISSIMO e non deve essere lasciato in mano soltanto al business di imprenditori senza scrupoli, guidati da logiche di bassa politica clientelare in nome solo del PROFITTO .

28 gennaio, 2007

Il premier ha la testa più dura di Zidane

DA LA REPUBBLICA ONLINE

di EUGENIO SCALFARI

IO LO CONOSCO da trent'anni Romano Prodi. Credo d'averne capito i pregi e i difetti e soprattutto so che è una testa dura, durissima. Lo si capisce anche fisicamente dalla forma: sembra un ferro da stiro o il muso d'un'escavatrice. Perciò non sono stato d'accordo con chi negli scorsi mesi temeva o sperava (secondo le diverse simpatie) che il presidente del Consiglio versasse in uno stato d'incertezza, fosse incapace di decidere alcunché e si fosse rassegnato a galleggiare come un re-Travicello lasciando la barca al furore delle onde, senza timoniere e addirittura senza timone. Di Prodi (scrissi ripetutamente) si può pensare, dire e scrivere il peggio tranne che si acconci a galleggiare. La Finanziaria è opera di Padoa-Schioppa e sua. E' piaciuta a pochi ed è dispiaciuta a moltissimi ma ha avuto sicuramente un pregio: ha riportato in linea i conti della finanza pubblica rispetto ad una situazione difficilissima. Ormai ne abbiamo la prova definitiva dalle dichiarazioni della Commissione di Bruxelles, della Banca centrale europea e delle giustamente sospettose agenzie internazionali di "rating". Anche il primo e ancora incompleto accordo tra il governo e i sindacati sull'efficienza da raggiungere nella pubblica amministrazione è opera di Padoa-Schioppa e sua.
[......]

E poi la soluzione, affidata a Padoa-Schioppa, del problema della rete Snam Gas, che ha subito una battuta d'arresto nell'ultimo Consiglio dei ministri ma che dovrebbe tornare a palazzo Chigi entro i prossimi quindici giorni. Qui parlare di topolino sarebbe decisamente azzardato. Prodi ha invitato Berlusconi a portare in Parlamento le sue proposte di ulteriori liberalizzazioni ed ha prefigurato una commissione bilaterale "ad hoc". Finora ha ricevuto solo sprezzanti dinieghi ma sarà questa volta assai difficile per il centrodestra trincerarsi dietro cortine di fumo. Si dicono liberali e liberisti della prima ora; hanno governato per cinque anni senza fare un solo passo avanti in quella direzione; in più hanno infitta nel fianco la spina Casini che, soprattutto su un tema di questo genere, diverrà sempre più acuminata. Sembra perciò estremamente difficile che i berlusconiani si attestino sulla linea del "niet".
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L'irizzazione che sarebbe in corso per raggruppare in un'unica mano la proprietà delle tre grandi reti nazionali: quella elettrica (Terna), quella metanifera (Snam Gas) e quella telefonica (Telecom Rete Italia). Giavazzi chiama quest'operazione capitalismo di Stato, la deplora senza se e senza ma e scioglie ancora una volta l'osanna al mercato, luogo di salvezza e di guarigione di tutti i mali (come le acque di Lourdes). Personalmente sono anch'io - nel mio piccolo non bocconiano - un fautore del libero mercato senza però attribuirgli quelle virtù taumaturgiche che altri gli riconoscono. Ho sempre pensato che il mercato sia una costruzione artificiale che sta in piedi solo se i pubblici poteri ne difendono con apposite regole e apposite istituzioni le deboli virtù concorrenziali e ne contrastino invece le fortissime tentazioni oligopolistiche e monopoloidi che gli sono connaturali. Ho appreso a suo tempo dalla sapienza di Luigi Einaudi che quando ci si trova di fronte ad una forma di quasi-monopolio tecnico è meglio affidarne l'esercizio al potere pubblico che lasciarlo in mani private. E proprio per questa ragione fui tra quelli che nel 1962-63 (Giavazzi, beato lui, era ancora bambino a quell'epoca) si schierarono per la nazionalizzazione dell'industria elettrica.
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Ma se c'è un settore che forse meriterebbe di restare in mano pubblica, questo è la rete che è un servizio pubblico propriamente detto, cioè una struttura di trasporto aperta alle richieste dei produttori di energia in concorrenza tra loro. Di rete ce n'è una. O la si dà in concessione ad un privato (possibilmente attraverso una gara pubblica) o si affida einaudianamente alla mano pubblica. Il concessionario privato non è un'opera pia; vorrà trarre profitto dall'esercizio della rete; la mano pubblica invece può (secondo me deve) gestire un esercizio "no profit". E semmai un profitto ci fosse, al netto del necessario autofinanziamento per gli investimenti, dovrebbe riversarlo al Tesoro. Lo stesso ragionamento si può logicamente estendere alla rete metanifera della Snam e a quella telefonica di Telecom. Giavazzi avrà certo buoni argomenti per contrastare questa mia opinione. So che chiedo troppo, ma se avesse la cortesia di esporli pubblicamente sarebbe utile per una più completa informazione dell'opinione pubblica. Faccio un'ultima osservazione. Sulla rete ferroviaria (altro esempio di monopolio tecnico) transitano anche treni privati. E' lecito supporre che gli utenti chiederanno di poter transitare i loro convogli sulle tratte più redditizie; per esempio la Roma-Milano, la Roma-Torino, la Roma-Brennero, la Roma-Napoli-Palermo e poche altre ancora. Ma il servizio pubblico ferroviario, come del resto quello elettrico, quello telefonico e quello metanifero, hanno l'obbligo di servire anche i cittadini residenti in località isolate, almeno fin dove sia possibile. Non ce lo vedo un Della Valle o chiunque sia che voglia servire con i suoi convogli la tratta Sibari-Metaponto o Potenza-Campobasso o L'Aquila-Ascoli Piceno. Ne deduco che le Ferrovie dovrebbero gestire le tratte redditizie in concorrenza e le tratte meno appetibili solitariamente. E' un buon sistema? Non andremo ad aumentare quella disuguaglianza di qualità che già c'è e che risulterebbe ancor più evidente? I miei dubbi saranno probabilmente infondati, ma volete per cortesia controbatterli? Grazie se lo farete.

27 gennaio, 2007

Su "Il Giornale" di oggi:

Separare la rete da Telecom Italia

di Redazione - sabato 27 gennaio 2007, 07:00

Il settore della telefonia fissa, pur formalmente liberalizzato, non è ancora stato investito da dinamiche concorrenziali a causa della scelta effettuata all’epoca della privatizzazione di Telecom, di non scorporare la rete dall’azienda. L’integrazione verticale consente all’ex monopolista di mantenere le sue quote di mercato grazie a un uso opportunistico della rete e delle informazioni che è possibile ottenere grazie al controllo, oltre l’utilizzo anticoncorrenziale delle tariffe d’accesso che Telecom pratica ai competitori. Il problema viene puntualmente evidenziato dalle relazioni dell’Autorità e altrettanto puntualmente è ignorato dal legislatore. La soluzione più efficace sta nella separazione proprietaria tra Telecom e la rete. L’opzione di spostare la rete nell’orbita della Cassa depositi e prestiti va però esclusa, corrisponderebbe di fatto a una nazionalizzazione e non darebbe alcuna garanzia sulla gestione efficiente della rete: piuttosto, sarebbe opportuno lasciarne la proprietà al mercato.

Capitalismo di stato

DAL CORRIERE ONLINE

Se la leggiamo considerando gli ultimi avvenimenti sulla rete di accesso forse possiamo chiarirci parzialmente le idee.

I fondi che investono in infrastrutture (autostrade, porti, aeroporti, ma anche ospedali, reti elettriche e per la distribuzione del gas) sono sempre più numerosi. Solo negli ultimi mesi ne sono nati 5 o 6, ad esempio quello lanciato dalla società americana Carlyle, con una dotazione iniziale di oltre un miliardo di dollari. I fondi dell'australiana Macquarie (che in Italia possiede il 44,5% degli Aeroporti di Roma) investono nel mondo un totale di circa 40 miliardi, abbastanza per costruire otto ponti sullo Stretto di Messina.

In Italia accade raramente che opere pubbliche siano finanziate ricorrendo a questi fondi: il motivo per cui esse non decollano è l'incertezza regolamentare. Esemplare è il caso Autostrade: dopo aver firmato una concessione trentennale, oggi il governo ha deciso di riscriverla. E' vero che quella concessione era forse troppo favorevole ai privati, ma lo Stato avrebbe dovuto pensarci prima: rinnegare un contratto firmato ha effetti deleteri e tiene alla larga gli investitori. E quando ciò accade, per finanziare opere pubbliche non rimane che ricorrere alle tasse dei cittadini.
La scorsa settimana il governo ha creato un fondo per le infrastrutture nel quale investiranno la Cassa depositi e prestiti, le nostre banche maggiori e le fondazioni bancarie. Ce n'era davvero bisogno? E perché le banche, anziché creare un proprio fondo, come Macquarie o Carlyle, ne sottoscrivono uno la cui regia è saldamente in mano al governo e la cui guida è affidata a Vito Gamberale, già manager delle Partecipazioni statali, poi passato dalla parte dei «cattivi rentier » di Autostrade e ora redento?

Il motivo contingente che ha indotto a creare il nuovo fondo è la decisione dell'Antitrust che impone alla Cassa depositi e prestiti di cedere o la partecipazione in Enel o quella in Terna, la società che possiede la rete elettrica. Per non perdere il controllo né dell'una né dell'altra, Terna sarà trasferita al nuovo fondo e quindi rimarrà nella sfera pubblica. Ma a che prezzo avverrà la cessione? Se fosse troppo basso ci perderebbero i contribuenti, se fosse troppo alto a perderci sarebbero gli azionisti delle banche che partecipano al fondo. Per garantire entrambi ci vorrebbe una gara aperta ai fondi internazionali. Ma di gare non si parla.

Senza gare e finanziato da banche amiche (ora si capisce perché il governo ha applaudito alla nascita di Intesa-San Paolo) il fondo crescerà: dopo Terna, acquisterà la partecipazione dell'Eni in Snam Rete Gas, poi la rete fissa di Telecom Italia, secondo il principio che le reti devono essere separate dai gestori dei servizi. Questo è giusto. Ma non c'è ragione che siano anche pubbliche. E così, grazie alla tenacia di Prodi, il piano di settembre del suo (ex) consigliere Rovati — che prevedeva appunto la nazionalizzazione della rete fissa di Telecom — arriverà in porto.
Vent'anni fa Prodi, allora presidente dell'Iri, cercò di togliere ai privati il controllo di Mediobanca. Non ci riuscì. La nuova Mediobanca nasce oggi, sotto l'ala protettiva di Palazzo Chigi e degli azionisti bresciani di Intesa-San Paolo. Non mi sorprenderei se il prossimo passo fosse la nomina all'Antitrust e all'Autorità per l'energia di qualche commissario perbene, che tuttavia nutre dubbi sulle proprietà taumaturgiche del mercato. Autorità amiche non obietteranno a canoni un po' più alti per l'accesso alle reti possedute dal nuovo fondo. Le risorse del fondo cresceranno e così i suoi orizzonti, per arrivare ad altre mete più ambiziose. Può darsi che tutto ciò sia nell'interesse del Paese ma è legittimo chiedere che un passo tanto importante sia preceduto da una grande e libera discussione.

27 gennaio 2007

25 gennaio, 2007


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24 gennaio, 2007

SINTESI COORD NAZ SLC TELECOM – ROMA – 23 GENNAIO 2007


Oggi si è tenuto il coordinamento nazionale alla presenza di Alessandro Genovesi e di Emilio Miceli per discutere della situazione venutasi a creare in Telecom a seguito della conclusione della vertenza post 11 settembre, con le ultime decisioni assunte dal gruppo sulla riorganizzazione in 4 business unit e sulla riorganizzazione della rete sia per il contratto impresa che per il tema dell’ultimo miglio.
E’ evidente che la situazione sia figlia di questa importante vertenza che ci ha visti impegnati in una battaglia politico-sindacale importante per la salvaguardia della nostra azienda, contro l’ipotesi di spezzatino di Tronchetti Provera – ipotesi dovuta a problemi di natura finanziaria e non industriale.
Quindi, fermo restando il risultato positivo “finale” raggiunto l’11 dicembre tra gruppo e cgil, cisl e uil, ci sono segnali molto preoccupanti sull’inaffidabilità aziendale, proprio a cominciare dalle ipotesi di riorganizzazione interna uscite l’11 dicembre e poi cambiate in corso d’opera fino alla soluzione di questi giorni con 4 BU, per finire alle varie interviste di vari responsabili che ricominciano a parlare di vendita di TIM Brasile e/o di riconsiderazione dell’ipotesi scorporo della rete; è chiaro che tutto ciò non passa inosservato e qualche problema lo pone nella fiducia da dare a questa azienda.
Per Genovesi e Miceli questa situazione si è creata a causa di un evidente scontro interno tra due correnti di pensiero: una, rappresentata da Buora, intende portare avanti il disegno di Tronchetti Provera di risanamento finanziario tramite le dismissioni (si parla di 16 miliardi di Euro di dismissioni, tutto andato ai dividendi e senza un minimo calo del debito), mentre l’altra portata avanti da Ruggero (e Rossi???) punta più sullo sviluppo industriale con relativi investimenti. A questo elemento si associa la strutturale debolezza della proprietà che fino al CdA di aprile (quando avverrà il cambio di tutto il CdA) non sarà risolta: da qui le voci di interesse di soggetti esteri indiani, tedeschi, ecc., e i rumors su partecipazioni finanziarie di vario tipo.
Questi temi, che appaiono così lontani dai nostri tavoli, risultano essere fortemente decisivi su tutta la strategia aziendale dei prossimi anni, proprio perché si tratta di ipotesi fortemente contrapposte; la soluzione adottata di 4 BU ci porta a dire che ancora la “guerra tra bande” non si è conclusa, dato che nell’articolazione in più BU ci sta sia la possibilità di societarizzare (sul modello MTP) sia di tenere unita l’azienda (sul modello Ruggero – che non a caso racchiude sotto di sé tutta la parte operation); d’altra parte l’uscita dei dirigenti provenienti da Pirelli potrebbe significare un ridimensionamento di MTP all’interno dell’azienda.
Al di sotto di questi temi più generali (e complessi) stanno molti problemi: sull’ultimo miglio, ad oggi non chiaramente collocato nella nuova organizzazione e di cui ci chiediamo dove possa stare, la discussione vede tra i soggetti interessati l’autority (quindi il governo) e telecom; non a caso è stato costituito un gruppo di lavoro tra Telecom e autority i cui risultati sono fondamentali per capire quale soluzione potrà alla fine venire proposta. E’ evidente che telecom punta a valorizzare la nuova rete (NGN2) che arriverebbe fino al ripartilinea/secondaria (in fibra ottica) per poi racchiudere nell’ultimo miglio il doppino finale fino alla sede del cliente. Su questa soluzione si addensano nubi di potenziali esuberi, dato che in occasione di importanti convegni si indica nel 30% di quello attuale il personale necessario a gestire una rete/ultimo miglio così configurata.
Miceli ha giustamente provato a indicare quale logica possiamo seguire nel dibattito sull’ultimo miglio, dando due indicazioni importanti; innanzitutto una distinzione fondamentale tra rapporti regolatori e attività industriali, indicando con questa diversità di “mission” la necessità che l’autority si occupi di regolatorio e le aziende di politiche industriali; quel che in pratica NON deve verificarsi è la scelta industriale legata alla scelta regolatoria, sia perché in tal caso resteremo fuori come sindacato da qualunque confronto, sia perché le soluzioni sarebbero più politiche (quindi basate su chi ha migliori “agganci politici”) e meno “industriali” (con potenziali ricadute in termini di concorrenza). La seconda indicazione riguarda la distinzione tra quel che non può essere replicabile e quindi deve essere messo in comune e lasciato nelle decisioni dell’autority (che quindi deve essere di tutti – leggi ultimo miglio) e quel che invece è replicabile e va quindi lasciato alle logiche industriali/commerciali delle singole aziende.
E’ chiaro a tutti che il tema è complesso, tanto che da più parti è stato proposto di provare a creare un tavolo in cui si analizzi il tema (e se possibile anche qualche soluzione).
Anche sul piano industriale vigente (7/11/2005) molto è stato detto.
Innanzitutto ci sono cose che per noi sono fondamentali, a cominciare dalle assunzioni previste (compresa la suddivisione 60/40 tra rete e customer) per concludere agli investimenti (tema che rimane ancora legato alla “guerra tra bande” e alle dinamiche di cui sopra).
Sul piano industriale potrà incidere anche la questione previdenziale dello scalone, che se modificato potrà determinare un incremento di esodi incentivati aggiuntivi a quelli previsti per mobilità volontaria.
Infine, oggi siamo di fronte ad un futuro cambiamento di CdA (aprile 2007) e siamo consapevoli che il vero piano industriale verrà proposto solo dopo quella data; quindi nasce la domanda su come impostare il confronto: si firma un PI leggero fino ad aprile o si resta in attesa? Di sicuro, e non è la prima volta che viene detto, il prossimo piano industriale non lo firmeremo, sia perché l’azienda più di una volta ha dimostrato la sua inaffidabilità, sia perché parlare di piani industriali di 3 anni, con riorganizzazioni del lavoro semestrali, è fuori dal mondo.
Ovviamente anche sull’inquadramento e sulla situazione alla rete sono stati centrati tutti gli interventi. Sul primo tema non va dimenticato che la situazione al 2006 è viziata dalla mancanza di alcuni pezzi importanti, quali i confronti territoriali in merito (che ci ha permesso di considerare unilaterali – quindi non sulla base dell’accordo - i passaggi di livello fatti nel 2006), i passaggi in tecnology e i passaggi dal 3 al 4 livello.
Sul secondo tema, si ripetono problemi di relazioni sindacali pari allo zero e si aggiungono problemi come la modifica del perimetro aziendale e della relazione con l’impresa, della professionalità dei tecnici, delle ricadute in termini occupazionali (soprattutto se connesso alla discussione sull’ultimo miglio), come abbiamo riportato dalla Toscana (vedi Grosseto e Massa).
Visti dalla segreteria nazionale, i problemi aziendali partono dall’alto per chiudersi in basso, ma con un problema complessivo che è il futuro assetto proprietario e le relative scelte strategiche; per questo ad un futuro incontro va rivendicata l’applicazione corretta dell’accordo sull’inquadramento (livelli 3-4 e liv 5 in tecnology), denunciare la nostra contrarietà alle 4 BU e capire cosa accade sugli appalti/terziarizzazioni.
Ciao
Samuele

COMUNICATO UNITARIO GROSSETO

SLC/CGIL, FISTel/CISL, UILCOM/UIL, GROSSETO


COMUNICATO

In questo ultimo periodo nel territorio sono state svolte le consuete riunioni di “formula servizio ”, durante gli incontri oltre alle consuete considerazioni relative all’andamento globale, sono state date informazioni ai lavoratori in merito a nuove disposizioni organizzative, quali la cessione a contratto alle imprese delle lavorazioni relative alla manutenzione della rete. E’ stato riferito ai lavoratori che in azienda rimarrebbero le lavorazioni di Delivery e una quota di lavorazioni “pregiate” di Assurance.

Vorremmo ribadire quanto scritto sull’ultimo comunicato regionale in relazione alla mancanza di un quadro relazionale e l’unilateralita’ delle iniziative prese senza un previo confronto, sia a livello Nazionale che Regionale.

Nei primi giorni di applicazione di questa nuova disposizione abbiamo potuto notare che le lavorazioni dispacciate al personale sociale, oltre ad esser cambiate di tipologia, non erano quantitativamente sufficienti a garantire il lavoro ai tecnici TELECOM ITALIA operanti sul territorio; inoltre, molte lavorazioni “pregiate” sono dispacciate ad impresa.

Non entreremo nel merito delle nuove disposizioni in materia di lavoro ceduto alle imprese, anche se a prima vista più che il lavoro, appare che sia stata ceduta l’intera rete di accesso e con questa anche la titolarità delle strutture aziendali operanti in essa.

Per quanto sopra detto, ci attiveremo da subito per un confronto con l’azienda in applicazione degli art. 3, comma 20, e dell’art. sugli appalti del contratto collettivo nazionale di lavoro, in modo da fare luce sulla situazione degli appalti nella nostra regione.

Vogliamo ricordare all’Azienda che qualora dovesse presentarsi una questione occupazionale a seguito di tutto questo non esiteremmo a perseguire qualsiasi strada per tutelare la professionalità dei Lavoratori TELECOM ITALIA.

A breve assieme alle Strutture Confederali Territoriali interesseremo i Servizi Ispettivi della Direzione Provinciale del Lavoro affinché verifichino le situazioni amministrative delle aziende operanti nell’appalto e nel sub-appalto.

E’ superfluo ricordare ai colleghi che in una situazione come l’attuale, acconsentire lo straordinario non è dannoso ma controproducente per TUTTI.


Grosseto, 24 gennaio ’07



Le Segreterie Provinciali

22 gennaio, 2007

FIELD SERVICE

NUOVO ASSETTO ORGANIZZATIVO


Cliccare sull'immagine per ingrandire

20 gennaio, 2007

SLC/CGIL – FISTEL/CISL – UILCOM/UIL
RSU TELECOM TOSCANA


COMUNICATO

RIORGANIZZAZIONI e TAVOLI RELAZIONALI

Dopo le vicende nazionali, che ci hanno visto impegnati contro le decisioni aziendali assunte l’11 settembre e per l’organizzazione dell’importante e riuscito sciopero del 3 ottobre 2005, ancora non è stato riattivato il tavolo nazionale tra le organizzazioni sindacali e l’azienda.
Ciò nonostante in azienda sono ripartiti processi riorganizzativi che avranno grossi impatti e conseguenze difficilmente valutabili, senza il seppur minimo confronto con le OO.SS. e le RSU.
In particolare alla rete sta già cambiando la gestione delle varie attività della rete d’accesso (CSU), così come la suddivisione delle attività tra personale sociale e l’impresa: sono novità già note a molti lavoratori e in alcune sue parti già rese operative dalla evidente mancanza di dialogo tra linee tecniche che non rispettano i tempi relazionali necessari e relazioni industriali che dovrebbero garantire il rispetto delle procedure e dei rapporti sindacali.
Inoltre, in questa situazione di assenza di tavoli di confronto tra azienda e sindacato, l’azienda pensa bene di proporre una riduzione delle reperibilità in ambito CSU.
Quindi, oltre al danno la beffa: non solo l’azienda a livello nazionale non convoca le strutture sindacali nazionali per discutere di piano industriale, di ultimo miglio, di riorganizzazione della rete, ma nelle regioni propone modifiche di istituti che determinano riduzioni economiche e possibili peggioramenti della qualità del servizio.
SLC/CGIL, FISTel/CISL, UILCOM/UIL e le RSU della Toscana hanno quindi deciso di rinviare il confronto non volendo discutere di temi solo cari all’azienda (che costano ai lavoratori e alla collettività).
Per questo chiediamo all’azienda di sospendere le previste modifiche alla reperibilità in ambito CSU; di discutere da subito con le RSU e le OO.SS. l’impatto della riorganizzazione della rete nella nostra regione; di aprire un tavolo sulle problematiche rimaste aperte a cominciare dalla mancata erogazione dei livelli 4 e dei livelli 5 previsti dagli accordi.
Le OO.SS. della Toscana coinvolgeranno le segreterie nazionali per sbloccare una situazione di stallo che, seppur nata dopo una vittoria politica, non permette una definizione chiara del futuro della nostra azienda.

Firenze, 11 gennaio 2007

SLC/CGIL, FISTel/CISL, UILCOM/UIL, RSU Telecom Toscana

12 gennaio, 2007

Calabro', separazione rete percorso accidentato


ROMA (MF-DJ)-- "Per quanto riguarda la separazione fra la proprieta' e la gestione della rete, stiamo proseguendo il lavoro e dopo le feste riprenderemo subito questo lunedi'. Il processo va avanti, anche se e' un percorso un po' accidentato".

Lo ha affermato a margine di un convegno alla Camera, il presidente dell'Authority per le tlc, Corrado Calabro', in merito al lavoro che l'Autorita' sta portando avanti insieme a Telecom Italia sul futuro della rete fissa. "Ci sono molti nodi da risolvere - ha spiegato - alla base della separazione della rete. L'importante e' che il risultato non sia una cosa cosi' di immagine".

Sui tempi, Calabro' ricorda che "in Gran Bretagna ci hanno impiegato 10 mesi, quindi un po' di tempo ci vorra'".

RICEVIAMO DAI COMPAGNI DI ROMA E DEL LAZIO

COMUNICATO




Alla luce delle ultime gravi novità organizzative messe in campo dall’azienda unilateralmente scavalcando i dovuti passaggi relazionali con le OO.SS., la SLC-CGIL di ROMA e LAZIO e le RSU di SLC rinnovano la propria totale contrarietà a questo ennesimo stravolgimento della politica industriale che riguarda le infrastrutture di RETE.
Il passaggio delle attività di manutenzione all’esterno dell’azienda è la conferma delle preoccupazioni da noi più volte espresse nel corso degli ultimi anni, riguardo alla tenuta dei livelli occupazionali, gestione della RETE e futuro delle TLC nel Paese.
Reputiamo inaccettabile che misure di tale gravità e importanza siano prese ignorando le OO.SS. e i lavoratori coinvolti, considerati semplici pedine di giochi tecnocratici.
Tali decisioni, nello smentire le assicurazioni date dal management aziendale alle OO.SS., prefigurano di fatto l’avvio della lacerazione della RETE e la riproduzione del progetto iniziale di smembramento dell’azienda.
Riteniamo quindi indispensabile opporsi a questo progetto devastante, auspicando la massima unitarietà e proponendo un percorso di lotta e mobilitazione nazionale.


Roma, 12/01/2007




SLC-CGIL ROMA e LAZIO

11 gennaio, 2007

GIUNTISTI ossia come ti distruggo una PROFESSIONALITA'


RICEVIAMO DA UN'ALTRA REGIONE e condividiamo

Siamo Tecnici del CSU e lavoriamo con la mansione di Tecnico PF/Cu da molti anni. L’intenzione di questa missiva è quella di esprimere le preoccupazioni di numerosi colleghi sparsi in tutta Italia che, come noi , svolgono l’attività di “giuntista” all’interno dei CSU.
Siamo consapevoli di rappresentare una platea di circa 800 persone che influisce circa l’1% sulla popolazione della nostra azienda e l’8% sulla popolazione dei CSU ma siamo altresì convinti che questa platea, sia quando era più numerosa e ora che invece è ridotta agli sgoccioli, abbia sempre dato il suo contributo affinché questa azienda prosperasse.
Le preoccupazioni cui facevamo riferimento sopra sono quelle dell’estinzione di una professionalità che è costata tanti anni di formazione e alla quale la stragrande maggioranza dei giuntisti è affezionata.
Professionalità che potrebbe rivelarsi utile se spostata in ambito “National” nello svolgimento di tutte le attività di manutenzione senza disservizio sulla rete in Rame e di disservizio sulla rete in fibra ora che “si sente in giro” che l’assurance pf/cu con disservizio, compresa la localizzazione, dovrà essere appaltata alle imprese di rete.Infatti se è vero che nel febbraio del 2005 si ritenne strategico mantenere il disservizio dei pf/cu in casa CSU in quanto attività critica verso il cliente, ci chiediamo: “ora che questo specialismo non sarà più necessario perché non riutilizzarlo per tamponare il disservizio?”
Crediamo che sia interesse della Telecom Italia “intera” e non solo delle sue singole “Business Unit” ridurre progressivamente i canoni di appalto annui alle imprese. Ciò sarebbe possibile, in ambito di Assurance pf, riducendo il numero dei guasti progressivamente nel tempo e questi ultimi si ridurrebbero intervenendo sulle loro cause e cioè:
• attraverso un costante presidio del territorio sui cantieri con l’assistenza scavi, dalla cui assenza si determina una buona parte del disservizio diretto e indiretto sul cavo in rame;
• attraverso una bonifica capillare della rete di pressurizzazione e della rete in rame secondaria
( tramite l’implementazione delle misure elettriche nelle bonifiche degli armadi) e tante altre azioni che prevedono la prevenzione in generale ( come i negativi rete ad es.).
Queste sono attività, compresa l’assistenza alle imprese per la localizzazione dei guasti, quando queste ultime avessero necessità, che si potrebbero svolgere tranquillamente con personale sociale se i colleghi “giuntisti” del National venissero integrati da noi “giuntisti” del CSU.
Se a questo si aggiunge che dalla metà del 2008 partirà la progressiva posa dei cavi in Fibra Ottica per la costituzione della rete di nuova generazione, credo che i giuntisti del CSU siano il naturale bacino dal quale si possano attingere professionalità adeguate per completare lo specialismo PF nei NOU, in quanto l’imprinting è già presente, ovvero il cavo, e poi perché parte della formazione sulla fibra ottica è stata fatta nei vari CPF nel corso degli anni passati.
Ad una prima lettura, questa lettera può sembrare il tentativo di un gruppo di colleghi di preservare la propria professionalità ma, è anche vero, che quando ognuno di noi ama il lavoro che compie quotidianamente (e noi “giuntisti” siamo un’etnia molto strana in quanto lo amiamo), ne intravede le potenzialità, ha il dovere morale di esplicitare le proprie convinzioni sperando che vengano accolte positivamente.
Speriamo di non avervi annoiato troppo ma soprattutto speriamo, con la maggioranza degli ex tecnici di rete, che la professionalità ottenuta nel corso degli anni con l’esperienza del CIL, del CGC e del CPF porti dei frutti a tutti.
Vi ringraziamo dell’attenzione concessaci e, in attesa di un vostro cortese riscontro, porgiamo
Cordiali Saluti.

UN QUALSIASI CSU ITALIANO Lettera vera

08 gennaio, 2007

Il conto dell'evasione in Italia: ogni anno sottratti al Fisco 115 miliardi di imposte

DAL SOLE 24 ORE

Le imposte e i contributi evasi hanno superato, nel 2006, i 115 miliardi di euro. Un po' come mettere l'una sull'altra - tanto per farsi un'idea - qualcosa come tre manovre del peso di quella appena approvata dal Parlamento. Roba da impallidire.
La buona notizia, per chi si accontenta, è che questo importo avrebbe potuto essere ben più elevato. Tanto da superare i 120 miliardi di euro, se l'inatteso boom del gettito tributario dello scorso anno (i 34 miliardi o più su cui Governo e opposizione stanno litigando per aggiudicarsene il merito), non avesse regalato all'Erario anche una quota "strutturale" di maggiori entrate pari a 5 miliardi,imputabile, secondo le valutazioni dell'Esecutivo, proprio ai primi risultati della lotta all'evasione.
I dati
Il Sole24 Ore del Lunedì ha aggiornato al 2006 le stime sulle imposte e i contributi evasi, vale a dire gli importi effettivamente sottratti al Fisco e non gli imponibili nascosti. L'analisi dice che il livello di evasione si collocatra un minimo di 106,6 e un massimo di 115,3 miliardi. Minimo e massimo sono calcolati tenendo conto sia dell'incidenza reale delle imposte versate, sia dei due valori forniti dall'Istat per quantificare l'underground economy: per il 2004,l'istituto ha fissato tra il 16,6 e il 17,7% del Pil il valore aggiunto imputabile all'area del sommerso economico (il livello più basso della forchetta indica quanta parte del Pil è sicuramente ascrivibile al sommerso;il più elevato, quanta parte del Pil è presumibilmente derivante dallo stesso fenomeno).
Così, considerato l'andamento della shadow economy negli ultimi anni, per il 2006 la forbice è stata "aggiornata" al 1718,1% del Pil: in pratica,lo scorso anno,una somma compresa tra i 250 e il 266 miliardi di euro è andata a incrementare il prodotto interno lordo, senza tuttavia subire alcun prelievo fiscale e/ o contributivo.
Proprio dai contributi sociali è derivato un terzo dell'evasione totale: complice la preoccupante diffusione del lavoro irregolare, non sono affluiti alle casse degli istituti previdenziali pubblici e privati somme comprese tra 37,7 e 40,7 miliardi di euro. Tra le grandi imposte, l'Irpef ha toccato i livelli più elevati di infedeltà fiscale (tra 28,9 e 31,2 miliardi), seguita dall'Iva, dall'Ires e dall'Irap. Rilevanti, infine, anche le quote sottratte alle autonomie locali e alle altre imposte indirette.
Rispetto al 2005,la stima del Sole 24 Ore del Lunedì registra una crescita dell'evasione di circa 13 miliardi (minimo e massimo erano risultati, rispettivamente, 88,8 e 102 miliardi). Il raffronto dei risultati richiede, tuttavia, qualche cautela: il metodo di calcolo è lo stesso, ma per il 2006 sono stati considerati anche i tributi locali, esclusi invece dalla precedente elaborazione. Un incremento così rilevante del "tesoro" dell'evasione si spiega anche sia con la crescita del Pil in valore assoluto sia con l'aggiornamento al 2004 delle quantificazioni sull'economia sommersa. Tutti elementi che, in realtà, rendono molto meno difformi le cifre del 2005 e quelle del 2006.
Gli scenari
L'anno che si è appena aperto rappresenta - nelle intenzioni del Governo - un momento di svolta sul fronte del ritorno alla legalità fiscale. La legge Finanziaria ora, e i decreti legge del 2006 prima, hanno fornito al Fisco un armamentario importante per avviare un'azione di mediolungo periodo che - come ha detto il presidente del Consiglio, Romano Prodi - dovrà ricondurre il fenomeno alla normalità entro 78 anni (addirittura tre per il ministro Padoa-Schioppa).
La revisione degli studi di settore, le misure antielusive, il potenziamento dell'attività di controllo con un massiccio ricorso all'informatica (dalla tracciabilità dei pagamenti alle nuove indagini bancarie), la riforma della riscossione fanno pensare a una strategia organica che,almeno in termini di deterrenza, potrebbe dare i frutti attesi.Ma i bilanci,come sempre, vanno fatti alla fine. Per ora si devono solo fare i conti con la realtà delle cifre: che dicono a chiare lettere come la strada da percorrere sia ancora incredibilmente lunga e piena di insidie.

A QUESTO PUNTO UNA DOMANDA: MA NEGLI ULTIMI 5 ANNI IL SOLE 24 E CONFINDUSTRIA A COSA GUARDAVANO..............

03 gennaio, 2007

La ditta Mazzoni spa licenzia 62 lavoratori: chiusi i cantieri di Aymavilles e Strambino


Agenzia stampa online della Valle d'Aosta

Data: 03012007
Ora: 14:53

La ditta Mazzoni appaltatrice di numerosi lavori da parte di Telecom Italia ha avviato la procedura di licenziamento di 62 lavoratori a causa della chiusura dei cantieri di Strambino ed Aymavilles e per l'azzeramento dei volumi dell'attività produttiva decisi dall'azienda telefonica.

Per cercare una soluzione, i sindacati Fim, Fiom e Savt -Met hanno incontrato i vertici della Mazzoni spa: le organizzazioni dei lavoratori sono contrari ai licenziamenti e chiedono strumenti alternativi. L'incontro del 2 gennaio però non ha portato a un accordo tra le parti.

PRIMI EFFETTI DELLA NUOVA POLITICA AZIENDALE SUI LAVORI A CANONE? MAZZONI SI ADEGUA RICORRENDO MAGGIORMENTE AL SUB APPALTO ?

ANCORA SUL WI-MAX

Qualche giorno fa il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni e quello della Difesa Arturo Parisi hanno firmato un'intesa per sbloccare le frequenze del wi-max, finora sotto l'esclusiva competenza dei militari.

Si tratta di una gamma di frequenze relative alle trasmissioni dati di reti locali (il nome deriva infatti da wi-fi) che in pratica renderà possibile ricevere il segnale per il collegamento internet a banda larga in intere aree cittadine, fino a una copertura in campo aperto di qualche decina di chilometri.

In altre parole un qualsiasi portatile in qualsiasi punto della città potrà essere sempre connesso a internet attraverso questo tipo di connessione senza fili.

La partita riguarda un giro d'affari piuttosto importante perché si tratterà di montare centinaia di antenne in tutta Italia, e siglare i relativi accordi con i provider.

Secondo gli analisti di Ras Bank per lo Stato si attendono introiti non superiori a 100 milioni di euro per la vendita delle frequenze, mentre gli operatori pretenderanno un piano di investimenti per le aree non raggiunte da Adsl o fibra ottica, tipicamente le zone rurali.

"Visto che la stazione di trasmissione Wi-Max - dicono gli analisti - ha un costo limitato, ma deve comunicare con la rete fissa di trasporto a banda larga, sostituendo solo l’ultimo miglio, vediamo probabile che abbia ritorni economici interessanti solo per i gestori di linea fissa che già possiedono la rete di trasporto di linea fissa". Perciò "nella sua applicazione fissa - è l'analisi di Ras Bank - il wi-max favorirà soprattutto Telecom Italia, FastWeb e Wind, estendendone il mercato di riferimento, mentre per l’applicazione mobile bisognerà aspettare almeno il primo semestre del 2008".

01 gennaio, 2007