25 febbraio, 2012

Esodo delle aziende dall'italia all'estero

I numeri dell’esodo del lavoro.

FIAT: stabilimenti aperti in Polonia, Serbia, Russia, Brasile, Argentina. Circa 20.000 posti di lavoro persi, dai 49.350 occupati nel 2000 si arriva ai 31.200 del 2009 (fonte: L’Espresso ) .

DAINESE : due stabilimenti in Tunisia, circa 500 addetti; produzione quasi del tutto cessata in Italia, tranne qualche centinaio di
capi .

GEOX : stabilimenti in Brasile, Cina e Vietnam; su circa 30.000 lavoratori solo 2.000 sono italiani.

BIALETTI: fabbrica in Cina; rimane il marchio dell’“omino”, ma i lavoratori di Omegna perdono il lavoro.

OMSA: stabilimento in Serbia; cassa integrazione per 320 lavoratrici italiane.

ROSSIGNOL : stabilimento in Romania, dove insiste la gran parte della produzione; 108 esuberi a Montebelluna.

• DUCATI ENERGIA: stabilimenti in India e Croazia.

• BENETTON : stabilimenti in Croazia

• CALZEDONIA: stabilimenti in Bulgaria.

• STEFANEL : stabilimenti in Croazia.

• TELECOM ITALIA: call center in Albania, Tunisia, Romania, Turchia, per un totale di circa 600 lavoratori, mentre in Italia sono stati dichiarati negli ultimi tre anni oltre 9.000 esuberi di personale.

• WIND: call center in Romania e Albania tramite aziende in outsourcing, per un totale
di circa 300 lavoratori.

• H3G: call center in Albania, Romania e Tunisia tramite aziende in outsourcing, per un totale di circa 400 lavoratori impiegati.

• VODAFONE : call center in Romania tramite aziende di outsourcing, per un totale di circa 300 lavoratori impiegati.

• SKY ITALIA: call center in Albania tramite aziende di outsourcing, per un totale di circa 250 lavoratori impiegati.

Nell'ultimo anno sono stati circa 5.000 i posti di lavoro perduti solamente nei call center che operano nel settore delle telecomunicazioni, tra licenziamenti e cassa
integrazione .

Fonte FattoQuotidiano cartaceo odierno

TELECOM: MICELI (SLC CGIL), NO ALLO SCORPORO DELLA RETE TELECOM. SAREBBE L'INIZIO DELLO SMANTELLAMENTO

DICHIARAZIONE DI EMILIO MICELI

SEGRETARIO GENERALE DI SLC CGIL

I risultati raggiunti da Telecom nel 2011 sono figli anche di accordi importanti col sindacato, che hanno comportato sacrifici dentro una più generale condivisione del modello industriale del gruppo. Abbiamo combattuto coloro i quali negli anni immaginavano il ritiro di Telecom dentro il mercato domestico, assecondando tendenze di fatto liquidatorie della parte internazionale del gruppo stesso. Abbiamo apprezzato la scelta dell’attuale management di rilanciare la propria presenza in America Latina che, è bene ricordare all’Asati, è parte integrante degli investimenti dell’insieme del gruppo.

Lo diciamo perché ci sembra quanto meno surreale l’idea dell’Asati che oggi insistentemente continua a chiudere lo scorporo della rete Telecom. Si tratterebbe di un passo che forse potrebbe portare un ristoro momentaneo ma illusorio agli azionisti. Di sicuro sarebbe il primo atto dello smantellamento della più grande azienda di Tlc italiana e tra le più grandi in Europa.

TELECOM, LO SCHIAFFO DI BERNABÈ ALLE “BANCHE DI SISTEMA”

di Giorgio Meletti

Cinque anni fa ci aveva provato Guido Rossi, nel breve periodo in cui fu presidente di Telecom Italia prima che Marco Tronchetti Provera (che lo aveva scelto) lo cacciasse: l’avvocato d’affari milanese voleva tagliare drasticamente il dividendo del gruppo telefonico, per tenere in cascina I profitti e così ridurre il drammatico indebitamento, anziché dare quasi tutti gli utili ad azionisti affamati di cedole.

Stavolta il colpo è riuscito a Franco Bernabé, che ieri è riuscito a farsi approvare in consiglio d’amministrazione la riduzione da 1.200 a 900 milioni del dividendo per il 2011 (il titolo è salito del 6,8%). Si poteva anche decidere qualcosa di più severo: Telecom Italia da dieci anni è azzoppata da un debito pari al fatturato (entrambi sui 30 miliardi di euro), e si tratta dei debiti fatti in origine da Roberto Colaninno per la scalata del 1999, a cui si sono aggiunti quelli fatti dalla Pirelli di Marco Tronchetti Provera che rilevò il controllo nel 2001.

Adesso gli azionisti avidi di dividendi si chiamano Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Assicurazioni Generali, oltre alla spagnola Telefonica. Nel 2007 hanno acquistato il pacchetto di controllo da Tronchetti pagando le azioni 2,8 euro. Oggi le stesse azioni valgono 0,86 euro: in pratica hanno pagato 8,4 miliardi il 22,4 per cento del capitale di Telecom Italia che oggi ne vale 2,5. Tutto questo perché c’era da difendere l’italianità di Telecom Italia, e anche da strapagare le azioni alla Pirelli che sennò avrebbe avuto seri problemi. E siccome Intesa Sanpaolo è “banca di sistema”, cioè risolve i problemi delle imprese amiche chiamandoli problemi del Paese, si mise mano al portafoglio.

La Telco, scatola societaria che custodisce il prezioso pacchetto, è però indebitata: a fronte di un valore delle azioni in portafoglio di 2,4 miliardi ha debiti per 3,4, in parte con gli stessi soci, in parte con altre banche. Su questi debiti paga interessi, per cui i dividendi servono a sostenere il costo del debito.
L’anno scorso Telecom ha pagato un dividendo di 0,056 euro per azione, e Telco ha incassato 170 milioni, mentre sul suo debito ha pagato interessi per 140 milioni.
Quest’anno la partita si ribalta. Bernabè aveva promesso fino a pochi mesi fa di portare il dividendo a 0,067, che avrebbe significato versare a Telco quei 200 milioni e spiccioli che sarebbero stati una mano santa. Invece, con l’avvitarsi della crisi economica, il manager ha capito che il mercato avrebbe castigato un’azienda così indebitata che però si svenava per finanziare i suoi azionisti di controllo.
Telecom, dopo la decisione di ieri, pagherà solo 0,042 euro per azione, che per Telco significa un cedolone di soli 125 miliardi. Troppo pochi: durante il 2012 vengono a scadenza i debiti con un pool di istituti guidato da Unicredit, e altre esposizioni di Telco che in tutto deve alle banche 2,1 miliardi, garantiti dalle stesse azioni Telecom date in garanzia .
Adesso le azioni Telecom valgono così poco che a malapena possono garantire 1,5 miliardi di debiti, che comunque saranno erogati dalle banche a tassi molto più alti di quelli attuali. In più c’è il prestito obbligazionario da 1,3 miliardi concesso a Telco dai suoi stessi azionisti: che dovrà presumibilmente crescere almeno fino a un paio di miliardi per compensare la riduzione del prestito bancario di cui sopra.
Nel complesso il costo del debito di Telco salirà sopra i 125 milioni di incasso previsto, e tenete conto che tutto si regge perché ancora Telco ha in bilancio le azioni Telecom al doppio del valore di Borsa, visto che finora si è sempre trovato il modo di non fare la svalutazione.

Insomma, per fare contenta la Pirelli e tutelare l’italianità di Telecom, Mediobanca e Intesa Sanpaolo hanno perso un sacco di soldi dei loro azionisti: alcuni miliardi. Finora ci hanno messo una pezza spolpando Telecom Italia.

Da domani si recita a soggetto.

Copiato da il FattoQuotidiano pag. 7 del 25 - 02

23 febbraio, 2012

SOLIDARIETA' AI LAVORATORI RAI FERMATI IMMOTIVATAMENTE DURANTE UN VOLANTINAGGIO

Comunicato Stampa RAI Solidarietà SLC CGIL

22 febbraio, 2012

COMUNICATO INCA SU RIFORMA PENSIONI

Migliaia Di Persone Appese a Un Filo

18 febbraio, 2012

Anonymous Italy vs Paniz Prove tecniche di BAVAGLIO alla RETE



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If you are neutral in situations of injustice, you have chosen the side of the oppressor. #Anonymous

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All'attenzione di TUTTI i cittadini italiani!
Siamo alle prove generali per l'affermazione di un pensiero unico in Italia.
Il giudice delle indagini preliminari di Belluno, Aldo Giancotti, ha ordinato la chiusura dell'intero portale dedicato alla strage del Vajont, costata la vita nel 1963 a 1910 persone.
Il sito in questione (http://www.vajont.info/), è "colpevole" di aver scritto: "E se la mafia è una montagna di merda...i Paniz e gli Scilipoti sono guide alpine!". Se l'italiano non è un opinione, l'uso del plurale in detta frase non si rifà alle persone ma a ciò che rappresentano, quindi come prima osservazione viene da chiedersi se non sia giusto che chi giudica lo scritto non sia tenuto alla conoscienza della lingua dello scrivente. Inoltre c'è da considerare il diritto degli "scilipoti e paniz" sopra al diritto di migliaia di utenti che avevano come riferimento il portale oscurato; fra i documenti destinati a scomparire almeno per un periodo dalla rete, molte fotografie, interviste, e rappresentazioni teatrali come quella tenuta a febbraio dai ragazzi di uno dei paesi della comunità ancora sconvolta dal ricordo del disastro.
Interessante è notare come la magistratura italiana abbia fatto il suo esordio censorio in rete con un portale del genere, andando a ledere il diritto primario all'informazione, come se si volesse costiuire un precedente: il giudice decide cosa si puo' scrivere e cosa si puo' sapere, ledendo gravemente i diritti all`informazione dei cittadini italiani che potrebbero vedere scomparire dal mondo della rete interi quotidiani, blog, portali informativi, in virtù di una o più frasi ritenute lesive dei diritti di un singolo cittadino.
Per queste ragioni non perdiamo l'occasione di tacere ed agiamo!!!
Wikileaks dice "Informations want to be free". E voi cari avvocati? Oltre ai soldi e alla reputazione, un pò di sana libertà non ve la volete godere? A quanto pare no, quindi abbiamo deciso di farvi incazzare un bel pò iniziando un lungo processo di attacchi, che comincia proprio con http://www.mauriziopaniz.it/.

brb admin :3

We are Anonymous
We are Legion
We do not forget freedom
We do not forgive injustice
United as 1. Divided by 0.
EXPECT US!

LE PENSIONI SECONDO IL GOVERNO TECNICO

Governo_tecnico_e_pensioni...-1

17 febbraio, 2012

E QUESTI SONO ED ERANO AL GOVERNO !!!!

VERBALE DELLA RIUNIONE AZIENDA - RLS TOSCANA

Verbale Consultazione RLS Toscana 16febbraio2012

16 febbraio, 2012

12 febbraio, 2012

SIRTAKI

Articolo 18, la bufala di Repubblica

Titolo a tutta pagina in prima sull'accordo tra Monti e Camusso per sterilizzare l'art. 18. Ma è una notizia falsa, smentiscono Palazzo Chigi e Corso d'Italia: non c'è stato nessun incontro e non c'è nessun accordo DI ENRICO GALANTINI

Una strada larga, l’aveva definita il ministro Fornero, parlando del possibile accordo tra governo e parti sociali sul mercato del lavoro. Una strada che qualcuno vuole chiudere, evidentemente. Il titolo a tutta pagina della Repubblica di oggi “Articolo 18, pronto l’accordo”, con la notizia-bomba del sì del segretario generale della Cgil a una revisione, pur parziale, della norma sui licenziamenti contenuta nello Statuto dei lavoratori, un sì espresso in un faccia a faccia segreto con il presidente del Consiglio prima che questi partisse per gli Stati Uniti, era in effetti una bomba, uno scoop. Peccato che fosse una bomba falsa, non uno scoop ma una bufala.

Un comunicato congiunto della presidenza del Consiglio e della Cgil spiega infatti che “In relazione all'articolo pubblicato oggi dal quotidiano la Repubblica, Palazzo Chigi e la Cgil rendono noto che nei giorni scorsi non vi è stato nessun incontro, né colloquio tra il presidente del Consiglio Mario Monti e il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso”. Precisando poi, nello stesso comunicato, che “peraltro, se tale incontro fosse avvenuto, non sarebbe stato il primo faccia a faccia. Susanna Camusso e Mario Monti si erano infatti già incontrati nel novembre scorso al momento della formazione del nuovo governo”.

Al quotidiano romano, che insiste nel confermare le sue indiscrezioni sull'incontro segreto, la Cgil risponde anche, con durezza, sui social network. Su Facebook, due note a firma della Cgil nazionale commentano così lo scoop-bufala. La prima: “La notizia data da Repubblica di un incontro segreto tra Camusso e Monti è assolutamente infondata. È anzi una grave invenzione. Le nostre posizioni sull’articolo 18 sono note e stranote. Sembra quasi che qualcuno voglia far saltare il confronto. Con Repubblica si ripetono ormai gli incidenti ma perché scendere a queste bassezze e dire il falso?”. La seconda: “Prima due fondi di Scalfari. Oggi una notizia assolutamente falsa in apertura. Ma chi vuole forzare la mano? Noi, la Cgil, non subiremo pressioni improprie. Il paese attraversa un momento molto difficile, così come il compito di Monti lo è. Ma non diremo sì a tutti i provvedimenti a prescindere dalle nostre idee. È anzi arrivato il momento di imporre la crescita in Italia e cambiare le politiche in Europa. Monti è d'accordo?”

Repubblica, giornale che osteggiava e stigmatizzava il comportamento dei giornali filogorvernativi berlusconiani, adesso si scopre giornale (?) identico a quelle testate, questo è solo l'ultimo degli incidenti, vorremmo sapere il motivo per cui si è fatta una parziale menzione delle cose denunciate dal Fatto e poi ripreso dai giornali di tutto il mondo sul documento vaticano. Forse vedono il modello che si erano prefissi di controllo del paese farsi più lontano? Forse Scalfari & co. hanno paura che le verità possano finalmente far riflettere autonomamente i cittadini?(specialmente gli elettori del PD di sinitra)
Un comportamento simile è da accomunare ai vari: Sallusti, Belpietro, Porro, Polito, Sechi, De Bartoli. ma fateci il piacere


DI COSA SI PARLA


Articolo 18 Legge 300 del 20 maggio 1970 "Statuto dei lavoratori"

Lo statuto dei lavoratori prevede che il giudice, con la sentenza con cui annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, può ordinare al datore di lavoro, che occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.



TESTO DELLA LEGGE

Articolo 18 legge 20 maggio 1970 n.300. (Reintegrazione nel posto di lavoro).

Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'art. 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.
Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l'invalidità a norma del comma precedente.
In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all'art. 2121 del codice civile.
Il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è tenuto inoltre a corrispondere al lavoratore le retribuzioni dovutegli in virtù del rapporto di lavoro dalla data della sentenza stessa fino a quella della reintegrazione.
Se il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, il rapporto si intende risolto.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata.
Si applicano le disposizioni dell'art. 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo camma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.

11 febbraio, 2012

SLC CGIL e Fistel CISL TOSCANA, Comunicato su ART. 18

(120213) Com Slc-fistel Difesa Art 18

10 febbraio, 2012

08 febbraio, 2012

Maurizio LANDINI Segr. Gen. FIOM a GROSSETO "Per amor dei nostri figli. Lavoro e diritti nell'era globale" Aula Magna Polo Universitario - 7 febbraio

Affollata l'Aula Magna del Polo Universitario di Grosseto per la partecipazione di Maurizio Landini, Segretario Generale FIOM a un dibattito sul tema "Per amor dei nostri figli, lavoro e diritti nell'era globale" organizzato dalla locale sede universitaria.
Landini, nel suo intervento ha toccato i temi scottanti del lavoro e dei diritti nel contesto attuale fortemente dominato più dalla finanza che dalla politica. Se ci sono diritti e lavoro - ha esordito - è perché qualcuno si è impegnato per ottenerli. Nessuno ha mai regalato nulla, le leggi sul lavoro così come i processi democratici sono frutto di tante battaglie dei lavoratori. Conquiste di fondo della fase storica di unità sindacale quali lo Statuto dei lavoratori, il contratto nazionale, pensioni che oggi sono attaccate e fortemente messe in discussione e indicati come i responsabili della crisi in atto. La parola crisi non rende idea di cosa essa è. Si pensa che una volta passata tutto ritorni come prima ma non è così. E' andato in crisi un sistema di fondo. Oggi non si valorizza più il lavoro e la stessa parola lavoro ha perso significato, ruolo, valore e centralità in favore del mercato, più o meno come nei modelli anglosassone e americano. In Italia si era adottato un sistema di mediazione tra lavoro e mercato che poneva vincoli sociali, compromesso utile anche alle imprese. Questa nuova situazione, determinata da una politica che ha lasciato il campo al potere della finanza, ha determinato una diseguaglianza sociale senza precedenti. La stessa democrazia in Italia e in Europa possono considerarsi a rischio proprio dal potere che è in mano alla finanza e alle multinazionali e non più controllate e guidate dalla politica. La finanza distrugge il lavoro, spetta alla politica tornare a determinare le regole per riportare le regole che abbiano al centro di nuovo il lavoro come strumento per realizzarsi.
Oggi purtroppo è la Fiat che rischia di ridisegnare il nostro paese attuando un nuovo sistema autonomo di produzione quando invece dovremmo pensare nuove strategie, non più auto, bus ecc. ma un nuovo modello sociale di sviluppo che guardi non solo al profitto ma alla sostenibilità ambientale e sociale. Per far questo c'è bisogno di un forte intervento pubblico mentre stiamo andando in senso contrario con una forte concentrazione del potere privato. Oggi sono le banche, la Bce a determinare le scelte e anche i contratti nazionali. Il governo Berlusconi con l'Art. 8 (non abrogato dal nuovo governo Monti) ha permesso alla Fiat di mettere in atto contratti di lavoro derogando dalle leggi e quando si concede questo alla più grande azienda di produzione italiana, senza contratto nazionale, si crea un nuovo sistema di relazioni sindacali e si instaura un punto di fondo che viene poi seguito da tutte le aziende. In Germania alla Fiat al tempo dell'assalto Opel un'operazione simile fu negata per l'opposizione della Merkel e del sindacato tedesco. Pomigliano ci veniva presentato come un fatto straordinario, del tutto eccezionale, l'unica soluzione possibile per mantenere l'occupazione in un luogo fortemente condizionato dalla malavita. Noi della Fiom dicevano NO vedendolo come un punto che tendeva a cambiare l'esistenza del diritto del lavoro. Tante lavoratrici e lavoratori disperati sotto ricatto e abbandonati dalla politica ci dicevano "noi non possiamo votare NO, ma voi mi raccomando non firmate" .... Da allora ad oggi siamo di fronte a passaggi che vedono mettere in discussine l'articolo 18 è tutto il sistema di diritti sociali conquistati.
Dobbiamo affrontate le cause che hanno determinato la crisi e il debito accumulato negli ultimi venti - trenta anni, che vanno individuate nel forte aumento del potere della finanza e nell'aumento delle diseguaglianze sociali, mentre invece andrebbe ridistribuita la ricchezza. Poi c'è la novità delle delocalizzazioni. In Europa tanti lavoratori accettano tutto e a condizioni peggiori delle nostre con il solo scopo di lavorare. Questo perché si è costituita non un'Europa sociale ma un'Europa economica finanziaria. La Fiat prende contributi europei per investire in Serbia (diecimila euro a lavoratore). Dobbiamo ragionare su che tipo di qualità sociale e politica vogliamo costruire. La precarietà è un aspetto del modello creato non solo dal centro destra ma anche dal centro sinistra, iniziato negli anni '90 con Treu, la flessibilità e poi tutta una serie di leggi che hanno prodotto una frantumazione del progetto produttivo. Il lavoro oggi, o ha diritti o non è lavoro. Occorre un cambiamento, una riforma anche nel sindacato, a fronte del forte calo di iscritti. Negli anni '70 la Fim, sindacato unitario aveva molti più iscritti delle confederazioni oggi e questo in presenza di un aumento del lavoro salariato. Occorre vera democrazia nel sindacato, che siano i lavoratori a decidere, non che come succede adesso che il sindacato fa il contratto poi lo spiega ai lavoratori e se questi non lo accettano viene accusato loro di non averlo capito.
Alla Fiat viene data la facoltà di scegliere chi deve essere rappresentativo e nei nuovi assunti non c'è un iscritto alla Fiom. Dal primo gennaio 2012 la Fiat non riconosce più la Fiom, l'azienda ci ha tolto la stanza e la bacheca, non riconosce lo sciopero ai nostri iscritti e lo considera assenza ingiustificata. Questo è un atto contro la libertà dei lavoratori. Questo non può essere accettato, si può pensarla di destra o di sinistra nel modo di affrontare la crisi e sul come risolverla ma i valori fondanti devono tornare i diritti.
Prima in una fabbrica esisteva un unico contratto per tutti, oggi assistiamo ad una frantumazione, poi con appalto, sub appalto è difficile tenere assieme tutti i lavoratori, mentre per l'impresa è facile tenere il controllo di tutto il processo. Oggi ci sono circa 400 tipologie di contratti nazionali quando ne potrebbero bastare quattro o cinque ed estendere il sistema di ammortizzatori sociali.
In Italia siamo ad un livello di corruzione altissimo che favorisce illegalità sul lavoro con interi pezzi di economia reale in mano all'illegalità. Senza un nuovo intervento pubblico nell'economia non si determina un nuovo modello sociale di sviluppo con il lavoro che diventa un interesse generale.
Altro problema la crisi dei partiti, non c'è oggi rappresentanza di chi lavora e questo rischia di sfociare in un sistema autoritario. E' quindi decisivo favorire partecipazione, democrazia e ricambio.
Negli anni '90 l'accordo tra governo e sindacati, prometteva occupazione in cambio di una moderazione dell'aumento dei salari non superiore all'inflazione. Dopo venti anni assistiamo al massimo aumento dei profitti a scapito dei salari e con un tasso di disoccupazione che non ha eguali.
In Germania c'è stata maggior tutela del lavoro e con la riduzione degli orari di lavoro hanno mantenuto livelli di disoccupazione più bassa. Il sindacato deve portare avanti un proprio punto di vista autonomo di diritti, condizioni di lavoro e scelta di produzione. Qui siamo in oggettivo ritardo con forti contraddizioni nel sindacato, c'è bisogno di lavorare su questo per un'evoluzione del modello sociale che ponga il lavoro come vincolo.
Costruire un'Europa sociale e qui si sconta la crisi non solo della sinistra storica italiana ma anche delle socialdemocrazie europee. La Fiom è stato l'unico sindacato che ha scioperato contro la guerra in Libia.
Per ridurre il potere della finanza c'è quindi bisogno della politica. Il debito lo stiamo pagando noi lavoratori, con l'attacco alle pensioni e con la grande evasione fiscale. Riducendo l'evasione in una ventina di anni salderemmo il debito pubblico.
Non penso che l'articolo 18 tolga investimenti anzi voglio dire che questa è proprio una sciocchezza. Una battuta infelice e direi anche offensiva. Chi ce l'ha il posto fisso? A Termini Imerese? All'Alcoa? C'è un lavoro a tempo indeterminato e la differenza non è sul posto fisso o no, ma su chi ha diritti e chi non li ha. Lavoro e diritti. Non mi sono piaciute alcune uscite degli ultimi giorni di alcuni segretari sindacali. Spero fortemente che la CGIL non si arrenda.

Non si può scaricare sui 5.000 lavoratori di Pomigliano la scelta della Fiat se restare o meno in Italia. La politica dov'è ? (Fiorenzo Linicchi SLC Grosseto)

07 febbraio, 2012

SINTESI 1 INCONTRO PER IL RINNOVO CCNL TLC – 31 GENNAIO 2012

In data 31 gennaio è iniziata la trattativa per il rinnovo del ccnl delle tlc.

Tale incontro è stato preceduto da alcune dichiarazioni del nuovo presidente (Cesare Avenia, di Ericcson), che ha dichiarato che “La proposta economica del sindacato è sconcertante considerato il momento critico, la sofferenza di molte aziende, il rischio di perdita di ulteriori posti di lavoro”.

Come ogni primo incontro, Asstel si è presentata con delle slides sulla situazione economica e industriale.

Avenia ha dichiarato la completa applicazione della parte relazionale del contratto del 2009, a cominciare dalla sanità integrativa (come istituto e come commissione) per poi passare ai temi industriali.

Il nostro settore pesava nel 2009 per l'1,7% sul totale del PIL, mentre nel 2010 pesa l'1,6%; un PIL che sta calando nel paese e che si riflette in tutto l'ambito di applicazione del ccnl (software, TLC, call center); pertanto il rischio è che si arrivi ad una crisi strutturale del settore.

I ricavi sono calati del 2,6% tra 2010 e 2009, nonostante gli investimenti siano superiori ai 6 miliardi di €.

Nello specifico, è accaduto che il fisso aumenta un po' (da 18 milioni a 19 milioni di linee nel 2011) mentre il mobile cala (da 93 milioni a 90 milioni di sim): nonostante abbiamo una copertura della larga banda sul fisso ridicola e tra le più basse d'Europa (53%) che dovrebbe favorire gli investimenti, la crescita della larga banda sul fisso del 2011 non ha compensato il calo complessivo del fisso/mobile. Viceversa sul mobile la larga banda è diffusissima e tra le più ampie di Europa.

A fronte di questa situazione, gli investimenti sono calati, pur essendo i più alti rispetto agli altri paesi europei, senza considerare gli investimenti per LTE, asta delle frequenze compresa: la copertura della rete aumenta (da 132000 a 140000 Km), così come i siti radiomobile e i DSLAM.

Nel mondo dei call center in outsourcer il fatturato è stabile e i ricavi (MOL) calano dal 6,3 al 4,3%; La durata degli appalti si riduce e cala il livello investitorio dei committenti (frutto della concorrenza al ribasso sui costi del lavoro favorita dalla precarizzazione dei rapporti di lavoro portata avanti dal duo berlusconi-sacconi?)

Nel settore degli apparati, i ricavi calano per la “forbice” tra la sostituzione degli apparati/terminali (I'phone e palmari su tutti) e la costante riduzione dei costi dei terminali stessi.

In questa situazione l'occupazione cala dai 139000 del 2011 ai 129000 nel 2011 (si tratta degli occupati nelle aziende che aderiscono ad asstel); il calo occupazionale ha coinvolto in particolare gli over 40, nonostante l'incremento dei somministrati (nulla hanno detto sull'aumento della precarietà: o per pudore oppure perché coinvolge in minor misura chi aderisce ad asstel); ciò nonostante il costo del personale è aumentato.

Sulle cause della scarsa penetrazione della larga banda sul fisso (53%) asstel individua nella scarsa alfabetizzazione (almeno il 40% dei cittadini non ha mai acceso un computer) la causa principale; infatti tutti gli altri parametri sono nella media europea (prezzi, copertura e velocità).

A questo quadro si sommano altre considerazioni oggettivamente importanti.

La prima considerazione da fare riguarda la forbice tra investimenti su fisso e ricavi previsti: infatti l'evoluzione del mobile (ad esempio LTE) garantisce banda e qualità che permettono alla clientela di sostituire facilmente il fisso; per rendere appetibile il fisso sul mobile è necessario rendere fruibili servizi innovativi per i quali è fondamentale una banda sufficientemente ampia: ne nasce un circolo che partendo dagli investimenti sul fisso particolarmente consistenti deve arrivare a ricavi che saranno tanto differiti nel tempo quanto maggiore sarà la banda/qualità sul mobile e quanto minori saranno i servizi; a ciò si aggiunge un altro elemento, che asstel considera un grosso problema, relativo ai cosiddetti Over The Top (OTT), cioè quelle aziende che guadagnano utilizzando la rete che non hanno contribuito a costruire e che non pagano: l'esempio tipico sono i social network (facebook, twitter, ecc.) e la fonia voip (Skype).

Per Asstel il quadro è caratterizzato quindi dalla crisi che colpisce il settore nel suo complesso e nelle singole branche (TLC, Software, call center, ecc.), ma anche da tendenze che obbligano a forti investimenti dai ricavi poco certi e comunque differiti nel tempo.

Quest'anno, Asstel ha mandato anche una sintesi delle sue posizioni in merito al rinnovo del ccnl, dove si ripetono gli aspetti qui riportati; poi, alla fine, si ricercano delle soluzioni che sinceramente fanno cascare le braccia: forum tematici, rafforzamento delle relazioni industriali, momenti di confronto sull'andamento del mercato e del settore e politica di lobby nei confronti del governo sulle varie partite in gioco, dall'agenda digitale allo sviluppo dell'NGN. Insomma niente di contenuto e molto di formalizzato.

Ad Avenia ha risposto Miceli che ha ribadito che il settore è maturo, nel senso che ha tutto ciò che serve al paese, che però deve essere sviluppato su linee di progetto per il paese (quindi una visione che vada oltre alle singole aziende), visto che ci sono ambiti come il fisso che devono essere sviluppati e dove i margini di crescita sono alti data l'arretratezza nei confronti di altri paesi europei (vedi digital divide).

Va da sé che il Contratto nazionale ha la funzione di tenere insieme tutta la filiera produttiva contro la deregulation che in questi anni ha fatto male al nostro settore (come ad altri).

Miceli ha portato l'esempio dei call center che applicano il nostro contratto (contrapposti a quelli che hanno solo lavoro precario) che hanno una qualità tra la più alta d'Europa.

Quindi per noi il CCNL ha la funzione di tenuta di tutta la filiera e non a caso si richiedono le clausole sociali e la moratoria sulle delocalizzazioni, proprio per evitare elementi di deregulation che distruggerebbero il settore per come lo abbiamo costruito finora..

Sull'aumento salariale, viste le premesse di Avenia (proposta economica sindacale sconcertante), Miceli ha dichiarato che la cifra indicata nella piattaforma è da discutere sulla base dell'andamento dell'economia del paese, con ciò indicando il fatto che i 140 euro di aumento di 8 mesi fa oggi sono inadeguati.

Sull'aumento salariale della nostra richiesta, anche il segretario nazionale della fistel ha ribadito che tale aumento è insufficiente, visto l'aumento dei prezzi, “compresi quelli della benzina”, così smentendo implicitamente il punto della depurazione dei beni energetici importati (la benzina è importata) dalla richiesta salariale sindacale (accettata da cisl e uil – non dalla cgil – nel 2009).

L'incontro si è concluso con la calendarizzazione di un nuovo incontro a data da destinarsi.

ciao

samuele

03 febbraio, 2012

SCENARIO MERCATO TLC DOCUMENTO ASSTEL

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