28 febbraio, 2007

FINALMENTE UNA BUONA NOTIZIA PER I CONSUMATORI

I NS COLLEGHI DEI CALL CENTER AVRANNO MODO DI LAVORARE MAGGIORMENTE IN BACK OFFICE

Contratti telefonici, il sì a voce non basta più
di Antonella Donati

Per attivare un servizio o cambiare gestore non è sufficiente il consenso verbale o il 'silenzio assenso': è necessario mettere tutto per iscritto, altrimenti l'accordo è nullo

Solo a voce? Non basta. Per attivare un contratto, cambiare gestore o aggiungere un servizio accessorio, il sì al telefono non basta. E nemmeno l'invio del kit a casa: senza consenso scritto, il contratto è nullo, qualunque sia l'offerta. Le novità sono in vigore da qualche settimana, ma a quanto pare non tutti i gestori di servizi di telefonia e internet si sono adeguati. Dal 26 gennaio scorso, però, tutti i contratti che non rispettano le nuove direttive non hanno alcun valore, chi si trovasse con richieste di pagamento non deve pagare e ha diritto al ripristino del contratto precedente senza spese. E se la soluzione tarda, si deve denunciare l'accaduto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha messo a punto le nuove norme e previsto multe decisamente salate, fino a 2,5 milioni di euro. E stabilito un principio fondamentale: la mancata risposta dell'utente ad una offerta di fornitura non equivale mai ad un consenso. Insomma al telefono non è vero che "chi tace acconsente".

Le nuove regole per l'offerta - In base alle norme contenute nel Regolamento dell'Autorità, prima della conclusione di qualsiasi contratto a distanza, l'operatore deve comunicare, all'inizio di ogni conversazione, il nominativo della società per conto della quale avviene il contatto telefonico, lo scopo della telefonata e il proprio nome e cognome. Al termine della conversazione l'addetto deve comunicare nuovamente il nominativo della società e il proprio nome e cognome. Se chi risponde si mostra interessato, chi ha telefonato deve anche comunicare, al temine della conversazione, il numero della pratica e i recapiti ai quali è possibile rivolgersi per ulteriori informazioni. La conversazione può essere registrata, ma solo se chi risponde al telefono è d'accordo, e in ogni caso si deve essere avvertiti di questa possibilità. Ma anche se la conversazione è registrata e c'è il consenso al servizio, questo non può partire finché non c'è un contratto scritto.

Contratto in forma scritta e sempre revocabile - Prima o al più tardi al momento dell'inizio dell'esecuzione del contratto di fornitura , infatti, il titolare dell'utenza telefonica deve ricevere un apposito modulo di conferma del contratto, che deve contenere non solo i dettagli dell'offerta, ma anche le modalità per bloccare il contratto stesso, tramite fax o posta elettronica, con i relativi recapiti. Insomma deve essere possibile cambiare idea fino all'ultimo minuto, ad esempio quando è stato possibile verificare, solo grazie al testo scritto, che l'offerta non è conveniente come era stato prospettato al telefono.

In servizi non richiesti - In ogni caso è vietata la fornitura di servizi non richiesti, anche solo supplementari rispetto ad un contratto già in esecuzione. Anche per gli optional occorre, dunque, un esplicito ok, sempre in forma scritta.

Divieto di distacco "a sorpresa" - Niente servizi attivati "a sorpresa" e neppure disattivati o modificati senza preavviso e senza consenso. Il Regolamento è chiaro, e comunque in caso di attivazioni o disattivazioni di linee o contratti o di forniture di beni o servizi non richiesti, i gestori non possono addebitare nessun costo e sono obbligati al ripristino delle condizioni preesistenti come pure al ritiro, gratuito, di eventuali kit inviati a domicilio.

Niente variazioni senza preavviso - Inoltre per i contratti in vigore, in caso di variazioni è obbligatorio il preavviso di un mese e scatta il diritto di recesso senza penali per chi non accetta le nuove condizioni. Ovviamente c'è sempre il diritto di recedere dal contratto in qualunque momento se il contratto non viene o non può essere attivato.

Più garanzie per chi contesta una bolletta - E se nonostante tutto arriva la bolletta di servizio non richiesto? L'Autorità ribadisce: il pagamento non è dovuto e in caso di mancato o ritardato pagamento di un singolo servizio l'operatore non può sospendere la fornitura degli altri servizi. Inoltre chi ha presentato formale reclamo contro l'addebito di un singolo bene o servizio, anche supplementare, può sospenderne il pagamento di questa spesa fino alla definizione della procedura di reclamo. Nel frattempo sono dovuti solo gli importi che non sono oggetto di contestazione. E per i servizi non richiesti è possibile segnalare il problema

seguendo la procedura indicata sul sito dell'Autorità e avviare il tentativo di conciliazione.

26 febbraio, 2007

IL COMMENTO AD OGNUNO DI NOI

DOCUMENTO A SORPRESA

cliccare qua sopra

25 febbraio, 2007

Telecom lancia la fibra ottica

www.ilsole24ore.com

Il nodo delle risorse per costruire una nuova rete non è ancora stato sciolto, ma il piano è già pronto. Secondo quanto risulta a «Il Sole-24 Ore», Telecom Italia avrebbe stimato in circa 6,7 miliardi di euro entro il 2016 gli investimenti minimi per l'aggiornamento dell'infrastruttura nazionale di telecomunicazioni. Il next generation network, un nuovo tipo di rete che fa un uso massiccio della fibra ottica, coprirebbe in 10 anni circa 1.200 centri urbani raggiungendo 13 milioni di potenziali utenti. Sarà il Telecom Day, probabilmente il 9 marzo, la vetrina per presentare il progetto e saggiare le reazioni degli analisti.

Il piano al momento è "congelato", subordinato a molte variabili, dovrà essere approvato dagli azionisti, dovrà soprattutto superare lo scoglio più duro rappresentato dall'alto livello di investimenti richiesto e dalle molte incognite sulla loro remunerazione. Al bivio tra una politica di dividendi che premia i piani alti della catena di controllo e la necessità, ormai netta dal punto di vista industriale, di cambiare volto al network fisso.

L'ipotesi dello scorporo della rete d'accesso, anche con l'ingresso di azionisti pubblici e la sua quotazione in Borsa stile Terna, raccoglie consensi perché oltre a garantire piena trasparenza a provider e gestori alternativi potrebbe liberare risorse per far fronte al piano. Ieri, anche dopo le interviste a «Il Sole-24 Ore» del ministro Paolo Gentiloni e di Angelo Rovati, si sono intrecciati commenti diversi: sì allo scorporo ma non con il controllo pubblico dice l'ex ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, mentre per il presidente della commissione finanze del Senato, Giorgio Benvenuto, non serve una società ad hoc. Tra alcuni dei concorrenti intanto, anche se sottovoce, si fa strada un progetto molto più ambizioso: una rete unica, il cosiddetto One Network sul modello delle tlc australiane, aperto a investimenti di diversi operatori. Ma con l'ostacolo in questo caso di individuare una governance equilibrata che non freni le scelte tecnologiche.

Il next generation network

Le stime sui costi per la nuova rete in fibra ottica avrebbero avuto un'evoluzione negli ultimi mesi. La disponibilità di una nuova soluzione tecnologica (i tecnici la chiamano gigabit passive optical network) consentirebbe di trasmettere elevate capacità trasmissive a un gran numero di utenti anche su distanze molto elevate. Ecco che gli oltre 8 miliardi inizialmente preventivati e preannunciati dalla società potrebbero essere contenuti in poco meno di 7 miliardi quantomeno per l'architettura di base, con un costo per singolo collegamento-utente che scenderebbe a 500-550 euro. Il modello verso cui Telecom si orienterebbe, risorse permettendo, è il cosiddetto fiber to the building: in pratica una rete in fibra ottica che si ferma però alla base dei palazzi.

L'ultimo tratto (meno di 200 metri, fino all'abitazione) sarebbe infatti coperto in rame con tecnologia Vdsl2. Un sistema meno costoso del cablaggio integrale, anche se rispetto a quest'ultimo ha prestazioni inferiori. Per questo progetto, comunque, in alcune zone d'Italia dove è scoperta Telecom avrebbe bisogno di affittare fibra anche da altri operatori e, a quanto risulta, sarebbero già stati avviati primi contatti con Fastweb per uno scambio di capacità.
Perché una nuova rete
Stefano Pileri, neo-direttore generale per la divisione Technology, è la mente storica della rete Telecom e, in teoria, se davvero si procedesse a uno scorporo, il candidato ideale a guidare la società del network. Pileri ha spiegato in diverse circostanze pubbliche che la rete va aggiornata per assecondare i nuovi modelli di business: oggi il trasporto della voce impegna la rete per il 25% della sua capacità ma nel 2010 peserà per appena il 10 per cento. Quasi tutta la capacità dovrà essere riservata a servizi in banda larga, dalla tv alla videoconferenza alla telemedicina. Nel futuro c'è una rete interamente basata sul protocollo Ip, che veicolerà anche il traffico telefonico tradizionale.

Oggi Telecom gestisce 24,5 milioni di linee fisse, ma stima che tra meno di dieci anni scenderanno a 20 milioni, per questo i mancati ricavi da accesso dovranno essere compensati con nuovi servizi a banda larga. È un processo irreversibile: Deutsche Telekom si è mossa, France Telecom e Kpn hanno avviato sperimentazioni, At&T e Verizon negli Usa stanno già puntando sulla fibra. Ma sebbene appaia segnata, non è una strada priva di incognite. Un simile piano di investimenti non è facilmente ripagabile entro il 2016, quando tra l'altro nuove tecnologie trasmissive (anche in mobilità, come il wimax) potrebbero prendere il sopravvento. Decisivo, poi, il tema tariffario: una società separata per il next generation network potrebbe sostenersi solo a fronte del riconoscimento di un wacc (costo medio ponderato del capitale) sufficientemente alto e di una remunerazione certa in base a un sistema tariffario prestabilito dal regolatore (sul modello Terna-Autorità per l'energia).

L'accesso

L'Autorità lavora da mesi alla creazione di una divisione separata per la rete d'accesso, stile Openreach in Inghilterra. Un eventuale scorporo, anche con l'ingresso di azionisti a partecipazione pubblica come il Fondo2i, contribuirebbe invece a ridurre l'indebitamento e a sprigionare risorse. Ipotesi che appare alternativa all'ingresso di un possibile partner in Olimpia: Telefonica, ad esempio, sarebbe davvero interessata a una società priva del controllo del network?

In questa fase è fondamentale capire a quale livello di rete avverrebbe la separazione concordata con l'Autorità e quindi il valore da attribuire all'asset. Secondo stime apparse di recente sul notiziario tecnico della stessa Telecom, «la rete di accesso ha un valore di oltre 22 miliardi di euro», molto più di una vecchia valutazione di una banca italiana (13 miliardi) ma anche meno delle stime vicine ai 30 miliardi apparse negli ultimi giorni.

carmine.fotina@ilsole24ore.com

22 febbraio, 2007

QUALE ERA IL MANDATO?




IN CC CIFRATO.............

COMUNICATO DAL NAZIONALE DEL 20/02/07

Il comunicato in riferimento al titolo del post non verra' pubblicato per evitare di offendere la suscettibilita' dei lavoratori e delle RSU. E' evidente lo scollammeto della delegazione nazionale unitaria e la realta' lavorativa. Non è che con dei GENERICI INCONTRI TERRITORIALI che si affrontano e risolvono i problemi della categoria.

Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola.
Solo gli imbecilli sono sempre sicuri di ciò che fanno e dicono.
(Voltaire)

18 febbraio, 2007

CONSIDERAZIONI SUI POST PRECEDENTI

I FATTI: IL CDA TELECOM HA APPROVATO LA NUOVA STRUTTURA, QUESTA NON CONTEMPLA IL FIELD SERVICES.
ABBIAMO POTUTO POI APPRENDERE DA FITOUSSI CHE C'è UN PIANO PRONTO PER LA STRUTTURA DI RETE (FIELD SERVICES) MA CHE E' ANCORA ALLO STUDIO CON AGCOM.
E' PROBABILE CHE LA STRUTTURA DI FIELD SERVICES SIA TEMPORANEAMENTE FUORI IN ATTESA DI COME ORGANIZZARE LA STRUTTURA.
GENTILONI DICHIARA IL GIORNO DOPO IL CDA CHE "LA RETE DEVE RESTARE PRIVATA" QUINDI QUESTA RIMANE PROPRIETA' DI TELECOM ITALIA. ALLORA LA GESTIONE DELL'ULTIMO MIGLIO VIENE AFFIDATA AD UN AZIENDA DEL GRUPPO, QUINDI LA SOLUZIONE CHE SI VA DELINEANDO POTREBBE ESSERE MOLTO SIMILE ALLA SOLUZIONE BRITANNICA DI OPENREACH-BT. SOLUZIONE DI COMPROMESSO TRA CHI, FORSE A RAGIONE PROPONEVA UNA SOLUZIONE DI ONE NETWORK, E CHI VOLEVA MANTENERE L'ESCLUSIVA SULLA RA.

Di seguito il link al post sulla struttura di Openrech BT fatto a novembre

http://rsuslc.blogspot.com/2006/11/struttura-di-openreach-
bt.html
a causa di un problema di blogspot il link non funziona, siete pregati di copiarlo ed incollarlo sulla barra del VS Browser

Ulteriore considerazione, appurato che la RA rimarrebbe come societa'del gruppo
bisogna cercare di capire cosa succedera' con il contratto impresa, infatti le ipotesi che potrebbero realizzarsi sono molteplici, non ultima la leggenda aziendale di RETE ITALIA legggiamo SIRTI.

Telecom, Gentiloni: la rete resti privata

Roma, 18-02-2007

"Il riacquisto da parte pubblica della rete di Telecom Italia sarebbe un errore".

Così, il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni in un'intervista al Sole 24 Ore di venerdì nella quale sottolinea che il settore delle comunicazioni "ha tassi di crescita e innovazione mediamente più alto del resto dell'Economia ed è strategico per il Paese. Dargli iniezioni di liberalizzazioni e certezze significa contribuire al rilancio dell'Economia".

"Lo stato - dice Gentiloni a proposito delle reti - deve fissare le regole. Non porsi il problema di 'ripubblicizzare' le reti. Siamo nel 2007: qualsiasi ipotesi di buy back pubblico sarebbe, a mio parere, sbagliato".

Quanto alle ipotesi di un ingresso di Telefonica in Telecom, osserva: "sull'eventualità che nuovi soggetti entrino in Olimpia, si tratta di decisioni tipiche degli azionisti. Il governo sottolinea due esigenze: è bene che il controllo della rete tlc resti all'Italia e servono certezze sugli investimenti, superando lo squilibrio tra distribuzione dei dividendi e investimenti che c'è stato rispetto alle aziende comparabili. Su questo piena fiducia all'impegno del presidente Guido Rossi".

17 febbraio, 2007

Telecom: nessuna cessione in vista presto il nuovo piano


MILANO – Cominciano a trapelare le prime notizie sul consiglio di amministrazione di Telecom Italia, conclusosi poche ore fa.

DA KATAWEB NEWS

Mentre è stata rinviata alla prossima riunione (8 marzo) la presentazione del piano industriale .

Come ha dichiarato il consigliere di Telecom, Jean Paul Fitoussi: “ Tim Brasil sta con noi perchè fa parte della strategia internazionale. Non è mai stata in vendita” . Fitoussi ha anche precisato che ”non ci sono asset in vendita“. La riunione ha lasciato ”soddisfatto“ Fitoussi sia per la presentazione della riorganizzazione che per la relazione sulla security e sullo scorporo della rete. ”C’è un rapporto, sulla rete, che sarà reso pubblico presto — ha commentato — è un bel riassetto“ ha più commentato il consigliere. Il consiglio di amministrazione di Telecom Italia ha approvato il nuovo assetto organizzativo della società, varato il 22 gennaio scorso e basato su quattro divisioni .

LA DICHIARAZIONE DEL CONSIGLIERE Jean Paul Fitoussi TROVA RISCONTRO NELLE DUE SLIDES SOTTOSTANTI, LA PRIMA RELATIVA AL NUOVO ASSETTO DEL 22 GENNAIO US, CHE COME SI PUO' NOTARE CONTIENE LA STRUTTURA DI FIELD SERVICES* CON A CAPO OTTORINO PASSARIELLO. LA SECONDA TRATTA DA UNA TABELLA PUBBLICATA OGGI SUL SOLE 24 ORE NON RIPORTA LA STRUTTURA IN OGGETTO. IL FIELD SERVICES E' LA STRUTTURA CON ALLOCATA L'ASSISTENZA TECNICA, EQUIVALE A DIRE CIRCA 20.000 DIPENDENTI. QUESTA VARIA DALLE STRUTTURE DI GOVERNO AI TECNICI. DUE INDIZI NON FANNO UNA PROVA MA RIMANGONO COMUNQUE DUE INDIZI.

16 febbraio, 2007

Il Cda della Telecom approva il riassetto organizzativo


ROMA, 16 FEB - Il cda Telecom ha approvato il nuovo assetto varato il 22 gennaio e basato su 4 divisioni, oltre a Tim Brasil e alle attivita' "wholesale". Per ognuna delle divisioni (domestic fixed services, domestic mobile services, top clients&ICT services e Technology) e' stato nominato un direttore generale alle strette dipendenze dell'ad Riccarco Ruggiero. Il cda ha confermato "la strategicita' delle attivita' della controllata Tim Brasil e ha ritenuto di non accettare le offerte di acquisto pervenute".

VOGLIAMO VEDERE CHE I RUMORS CHE DANNO RUGGERO IN USCITA A MARZO SONO VERI? SICURAMENTE COSTERA' MOLTO DI PIU' DEI SONTUOSI STOCK OPTIONS FIN QUI PERCEPITI.

Articolo su One Network

DAL BLOG DI STEFANO QUINTARELLI

TELECOMUNICAZIONI CONCORRENZA E OPPORTUNITÀ

Evoluzione della rete
È interesse di tutti realizzare una sola infrastruttura condivisa

A Ginevra, alla International Telecommunications Union, si è dibattuto sul futuro delle società di tlc tra delegati di tutto il mondo. Molti i punti su cui c'era unanimità di vedute e il quesito fondamentale è stato: siamo giunti alla fine delle tlc di rete fissa per come le conosciamo? Dovranno evolvere separandosi tra infrastruttura (Netco) e servizio (Servco)?

La rete è una infrastruttura significativa dello sviluppo economico e oltre ai legittimi interessi di azionisti e aziende, è bene interrogarsi anche su quelli del Paese.

A Ginevra è stato osservato che gli operatori monopolisti hanno storicamente fatto pagare molto le telefonate, mentre, per accelerarne l'adozione, hanno prezzato meno la trasmissione dati. Hanno cioè definito i prezzi sulla base dell'elasticità della domanda e non sul costo della materia prima. Una politica autolesionista.

Affinché si possa sostenere una strategia come questa, è necessario che i mercati non siano collegati. Diversamente, avviene un passaggio dall'alternativa più costosa a quella meno costosa, con l'effetto di deprimere i prezzi e quindi la marginalità complessiva dell'operatore. Questo è ciò che accade con la voip (la voce su protocollo internet).

Non è un caso, che nonostante l'Italia abbia la migliore normativa d'Europa sulla Voip, non vi sia ancora l'attuazione pratica consentendo agli operatori di utilizzarla tra loro, e di usare i numeri telefonici predisposti a tal fine. Ma gli effetti, sebbene rallentati, li stiamo osservando comunque con la progressiva sostituzione da parte di tutti gli operatori della strategia di offerta di telefonia basata sulla competizione sulle infrastrutture ("unbundling") a favore di Voip su offerte di tipo "wholesale".

Non sono gli operatori alternativi che non vogliono più investire nell'unbundling, è l'evoluzione tecnologica che spinge a investire nel servizio Voip su linee "naked" (senza canone per il tradizionale servizio di fonia), una fonte di risparmi notevoli per i concorrenti di Telecom Italia.

E non possiamo ritenere di poter esercitare una sovranità nazionale sulla tecnologia e la sua evoluzione; le regole del gioco vengono definite dall'elettronica di consumo che è tutta polarizzata verso l'Asia e quindi le scelte vengono fatte in Corea (nel breve) e in Cina (nel medio); sono i Paesi che dobbiamo guardare per anticipare i trend.

Questa politica di prezzi, autolesionista, porta a un'inevitabile erosione dei ricavi tradizionali per gli operatori monopolisti che tuttora dipendono fondamentalmente dalla fonia per sostenere i loro utili.

Gli operatori vorrebbero tentare di limitare l'erosione di ricavi analizzando, bloccando o discriminando il traffico dati sulla loro rete, un approccio destinato a essere infruttuoso per tre ordini di motivi: di diritti civili e privacy (pensiamo alle intercettazioni telefoniche), di inutilità a causa dell'uso di crittografia e delle "porte" del web (come ha dimostrato skype), di regolamentazione antitrust.

Tentare questi blocchi è un altro errore strategico delle telco, dopo quello dei prezzi slegati dai costi: investire per cercare di limitare l'uso inducendo una scarsità non sostenibile (per i 3 motivi precedenti), anziché aumentare l'uso rimuovendo la scaristà e beneficiare dall'aumento del traffico di trasmissione dati.

Il problema è che questi investimenti sono marginali rispetto a quelli necessari per la manutenzione della rete, e per i quali occorrono comunque risorse che nel giro di pochissimi anni potrebbero non esserci più per effetto della passata politica autolesionista dei prezzi e per la politica dei dividendi che sembra essere stata maggiormente orientata a sostenere il controllo piuttosto che lo sviluppo.
In questo scenario, altamente probabile, dobbiamo interrogarci sull'interesse del Paese.

Le reti di trasmissione dati a larga banda e always on sono un fattore competitivo per un Paese? Se questo Paese vuole innovare, sì.

Ma se gli investimenti non sono remunerabili, come si può fare?

Occorre uno sforzo di politica industriale che traguardi lo sviluppo del principale ambiente di crescita economica (l'Ict in Europa contribuisce al 40% della crescita del Pil) e capire che si tratta di un vero e proprio ambiente, nel quale convivono e operano più soggetti e che è quindi interesse solidale di tutti mantenere e sviluppare.

Va realizzata una sola infrastruttura condivisa, come viene ipotizzato per ragioni di ottimizzazione di investimenti, anche per le reti che distribuiscono i segnali televisivi: One Network con partecipazione degli operatori.

E in questa operazione, alcuni grandi interessi potrebbero tendere a limitare la concorrenza favorendo i pochi sui molti, magari limitando a pochi operatori l'accesso a tecnologie e modalità innovative quali il Wimax e l'Mvno (operatori cellulari che affittano la rete ad altri), i benefici per gli utenti ne verrebbero irragionevolmente vanificati.

Guardando i dati, appaiono prive di fondamento certe affermazioni che vedono operatori di servizi come "operatori di serie B che non aggiungono valore, necessariamente forzati alla scomparsa".

Così infatti non è, come dimostrano gli Mvno che sono 22 in Germania, 19 in Svezia, 17 nel Regno Unito, 15 in Francia e Danimarca, per citarne alcuni.

I 15 operatori danesi servono una popolazione di circa 5,5 milioni di persone; in proporzione in Italia ci potrebbero essere più di 150 operatori mobili, anziché quattro.

La tecnologia consente un'elevata partecipazione al mercato e lo sviluppo di una competizione composta da centinaia di operatori, come dimostra uno studio di Ofcom, l'Autorità di regolamentazione britannica, dove operano 686 Service providers (Servco) che servono il 30% delle imprese britanniche e che, oltre alla connettività venduta, aggiungono un 53% di valore.

Non male per degli operatori che in Italia sono stati spesso chiamati "passivi".

15 febbraio, 2007

RSU TELECOM TOSCANA

COMUNICATO

L’assemblea delle RSU, riunite a Firenze in data 13 febbraio 2007 ha discusso della grave situazione venutasi a creare in azienda, alla rete, al customer, sull’inquadramento e sulle molte pressioni che quotidianamente vengono attuate a danno delle lavoratrici e dei lavoratori.
Le RSU hanno fatto una disanima particolareggiata dei temi all’ordine del giorno, in particolare:
RETE: la nuova organizzazione delle attività e la definizione di diversi rapporti con l’impresa stanno creando problemi enormi sotto tutti i punti di vista: in ampie zone della nostra regione avviene che molte attività precedentemente svolte da personale Telecom vengono oggi assegnate al personale dell’impresa, con conseguenti cali significativi di lavoro per il nostro personale; tale passaggio di lavorazioni crea anche ricadute negative sulla qualità del servizio, data la insufficiente professionalità ad oggi acquisita dalle stesse imprese.
Inoltre sussistono ulteriori elementi di criticità a cominciare dai problemi della sicurezza, dato che si ricomincia dall’oggi al domani a fare lavori su palificazioni dopo decenni in cui non venivano svolti: mancanza di attrezzature, di formazione specifica, un’età media non più giovane, sono le problematiche che l’azienda ha scarsamente considerato.
Infine, con questa scelta si attua un reale demansionamento di figure professionali nate con l’innovazione tecnologica e con una larga dose di buona volontà di autoapprendimento; professionalità che vanno perdute irrimediabilmente.
CUSTOMER: La non corretta applicazione degli accordi determina una pressione al 187 non più sostenibile che deve avere una risposta chiara dall’azienda: la separazione front end / back office è oramai una semplice dichiarazione sugli accordi; in tutta l’area costumer le pressioni sul personale superano la decenza, con l’aggravante di continue invenzioni delle linee sui cambi turni, sulle ferie, sulla concessione delle EF e su molto altro; quel che nel resto dell’azienda viene gestito sulla base del contratto e degli accordi vigenti, al costumer diventa uno stillicidio quotidiano.
I carichi di lavoro sempre maggiori, l’altissimo numero di chiamate distribuite da sale regia che controllano solo quando gli operatori si alzano per espletare normali bisogni fisiologici, non trovano risposta logica se non nella volontà aziendale di creare uno stato di forte disagio e, a livello più generale, nella politica di riduzione dei costi verso i cosourcer che lavorano per telecom.
Questo si sta ripercuotendo anche al 191 dove, fino ad oggi, la situazione, seppur accomunabile ad altri call center, vedeva pressioni sulla risposta ben minori; peraltro, è priva di fondamento la voce della mancata conferma di 700 operatori in un nostro cosourcer, con ciò evidenziando la palese volontà delle linee tecniche di cercare palliativi ed inutili giustificazioni ad una situazione non più sostenibile.
Anche al 119 si vivono le stesse problematiche, aggravate da problemi grandi quali l’elevato tasso di precarietà presente, ma anche da problemi che dovrebbero trovare facile soluzione, quali quelli legati al microclima.
Nel complesso il customer soffre da troppo tempo di un disagio che nasce dalla sostanziale inapplicazione degli accordi nazionali, soprattutto al 187 commerciale.
INQUADRAMENTO: anche in Toscana ci sono state gravi inadempienze aziendali, in particolare relativamente ai passaggi dal livello 3 al 4 e al riconoscimento del livello 5 in ambito Tecnology. Tale situazione non è più sostenibile e deve trovare una risposta chiara e definitiva sui tavoli nazionali, con la conferma degli impegni presi: passaggi al livello 4 nei tempi contrattualmente previsti e riconoscimenti in Tecnology con decorrenza 2006. Proprio nel rispetto degli accordi è anche necessario discutere a livello nazionale dei passaggi previsti per il 2007 e prevedere tavoli di vero confronto nelle regioni.
PROBLEMI REGIONALI: Questi problemi vengono ulteriormente aggravati da scelte aziendali quali la riduzione delle reperibilità in ambito CSA e NSA, dove si ripercorrono stesse logiche di riduzioni dei costi che danneggiano prima di tutto gli utenti e la qualità del servizio.
Ultimamente sono anche avvenuti spiacevoli episodi in vari posti di lavoro, quali rimborsi di strumenti di lavoro accidentalmente persi, pressioni indebite sull’utilizzo dei mezzi sociali, errori in busta paga sia relativamente a prestazioni di lavoro non pagate e a ticket non correttamente versati.
COSA FARE: Il contesto in cui siamo risulta essere molto difficile e necessita di risposte chiare ed immediate. Le RSU della Toscana hanno quindi deciso di attivare le procedure in azienda e chiedere, unitamente alle OO.SS., un incontro in cui affrontare tutti questi problemi: incontro che deve svolgersi nel più breve tempo possibile e deve portare a soluzione i problemi. In mancanza di risposte positive, le RSU si attiveranno nei confronti del Prefetto per avviare uno stato di agitazione non più procrastinabile.
Nel frattempo ogni lavoratore deve rispettare le norme di lavoro, cominciando dal rispetto delle norme di sicurezza, e tenere un atteggiamento coerente con il clima che stiamo vivendo a cominciare dagli straordinari, di non rispettare i tempi e le quantità di lavorazioni che non rientrano nelle norme; infatti, al customer non esistono tempi stabiliti di durata delle chiamate, non esistono quantitativi prestabiliti di attività da svolgere; alla rete non esiste il compito di assistenza alle imprese o il pagamento di strumenti di lavoro persi o rubati; viceversa esiste il rispetto delle leggi, quali il codice della strada, i limiti di velocità, il divieto di sosta, ecc. ecc.
Si ricorda peraltro che l’accordo nazionale sul 187 commerciale prevede che al fine di monitorare la separazione front end / back office, ogni lavoratore abbia la possibilità di richiedere la propria situazione individuale nel tempo: uno strumento che permette agli operatori di capire la reale situazione sulla separazione delle attività che, in base agli accordi, deve essere 60% (front end) 40% (back office).
Anche all’incontro nazionale previsto per il 15 febbraio p.v. le RSU porteranno la posizione di forte criticità per l’inapplicazione degli accordi, partenze unilaterali e pressioni sui lavoratori oramai generalizzate.
La delegazione della Toscana, in assenza di risposte positive sull’inquadramento, sul piano industriale e sulle assunzioni, sul customer e sul contratto con le imprese richiederanno una presa di posizione forte e immediata da parte della delegazione nazionale.
Le RSU si impegnano fin da adesso a programmare nel minor tempo possibile un calendario delle assemblee per illustrare e spiegare i termini della situazione.


Firenze, 14 febbraio 2007

TOSCANA: RICHIESTA INCONTRO RSU OOSS



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12 febbraio, 2007

Pirelli offre a Telefonica una partecipazione in Telecom Italia


ARTICOLO DE EL PAIS

L'operatore spagnolo entrerebbe in quello italiano con un 5%, valutato in 2300 milioni
El País – Madrid – 12/2/2007
Telefonica potrebbe tornare in Italia dopo il tentativo andato a vuoto di mettere su un operatore di telefonia mobile. Pirelli è disposta a vendere parte delle sue partecipazioni in Olimpia, la holding che controlla il 18% di Telecom Italia, e si è messa in contatto con I possibili interessati, tra di loro, l'operatore spagnolo, che non ha negato l'offerta ma non ha fatto nessun commento. Ci sono stati contatti ai massimi livelli, ai quali ha partecipato César Alierta, presidente della compagnia spagnola.
Il gruppo dei penumatici Pirelli, controllato dall'imprenditore Marco Tronchetti, già annunciò in dicembre che si stava studiando la vendita di parte dell'80% di Olimpia, la holding che, a sua volta, conserva un 18% di Telecom Italia, il principale gruppo di telecomunicazioni italiano. Olimpia, della quale la famiglia Benetton detiene un 20%, esercita il controllo di gestione di Telecom Italia.
ieri Pirelli comunicò alla Borsa italiana che esistono queste trattative, sebbene sottolinea che la cessione di una partecipazione in Olimpia non comprometterà la maggioranza del controllo attuale dentro l'operatore italiano.
Pirelli aggiunge che non c'è nessun accordo né sulla misura della partecipazione né sul prezzo. Il comunicato dell'impresa italiana si conclude con la dichiarazione della sua intenzione di "mantenere fortemente in mani italiane la maggioranza di Olimpia".
Secondo quello che pubblicò questo fine settimana il quotidiano italiano Il Sole 24 Ore, Pirelli potrebbe vendere il 30% di Olimpia, che equivale a poco più del 5% di Telecom Italia, valutato in circa 2300 milioni di Euro.
Ma lo stesso giornale scrive che il pacchetto in vendita potrà arrivare al 49% (sarebbero 3700 milioni di euro), il massimo che potrebbe cedere in virtù del patto di sindacato sottoscritto nell’ottobre scorso.
PATTO DEGLI AZIONISTI
Olimpia si accordò con Mediobanca e Generali, azionisti di Telecom Italia, per dare stabilità all’azionariato del gruppo di telefonia. Il patto è sul 23,4% del capitale del gruppo di telecomunicazioni, e secondo Il Sole 24 Ore concede ampia libertà di manovra a Pirelli perché ceda fino al 50% di Olimpia.
Telecom Italia (che ha un valore in Borsa di circa 42.000 milioni di euro) potrebbe comunicare oggi alla CONSOB (Commissione Nazionale del Mercato della Borsa italiana) che è in trattative con Telefonica Spagna perché la compagnia presieduta da César Alierta compri una partecipazione in Olimpia.
Secondo il quotidiano economico milanese, Telefonica offre “le migliori sinergie”, tenendo conto la presenza di Telecom Italia in Sudamerica, attraverso TIM Brasil (cellulari) e Brasil Telecom.
Olimpia potrebbe concretizzare la vendita della sua partecipazione prima del CdA del prossimo 8 marzo. L’operazione permetterebbe a Pirelli di ridurre il debito, però la obbligherebbe a riconoscere le minusvalenze accumulate per il suo investimento in Telecom, che, al momento, sono solo teoriche.
Il socio principale di Pirelli, Marco Tronchetti, si vide obbligato a dimettersi da Presidente di Telecom Italia nel settembre scorso dopo il suo confronto con il Governo di centro sinistra presieduto da Romano Prodi, al momento in cui cercò di vendere il reparto telefonia mobile per far fronte al debito contratto da Pirelli per acquisire l’impresa di telecomunicazioni.
Il Primo Ministro Prodi vietò la vendita, dal momento che considera Telecom Italia un’impresa strategica per l’Italia.
Telefonica si impegnò nel maggio scorso davanti agli analisti, che le sue acquisizioni non avrebbero superato i 1500 milioni di dollari (1153 milioni di euro) nei 18 mesi successivi. Però si tratta di una cifra netta, in modo che alla chiusura di alcune vendite (come quella di Endemol o la succursale di O2 Airwave), si possono generare risorse per operare nuovi investimenti. Di fatto, si conta che Telefonica comprerà il 50% di Vivo da Portugal Telecom con grande probabilità.

Traduzione Alexandro Marconcini

PERCHE' TUTTO QUESTO INTERESSAMENTO? leggete sotto

E' risaputo che Telefonica per "vocazione" è rivolta al sud America e TI oltre ad essere proprietaria di TIM BRASIL partecipa anche a Telecom Argentina, e' controllata a maggioranza assoluta da una società chiamata Sofora che era metà riferibile a Telecom Italia e metà riferibile a France Telecom.

France Telecom, ha venduto a "W de Argentina" il suo 48% di Sofora. Dopo il 31/1/2008, per 5 anni, "W de Argentina" potrà comprare da FT il 2% rimanente di Sofora.

Telecom Italia da parte sua ha una opzione di acquisto, delle quote di Sofora di proprietà di "W de Argentina" a parite dal 31/12/2008.

Se "W de Argentina" avrà comprato bene da France Telecom, e se venderà meglio a Telecom Italia, potrebbe aver fatto un ottimo affare.

TELECOM: VENDITA A TELEFONICA

DICHIARAZIONE DI EMILIO MICELI
SEGRETARIO GENERALE SLC - CGIL

“Quando si è azionisti di riferimento di una grande impresa che svolge una funzione pubblica rilevante, come la gestione di reti e servizi di TLC, si deve avere la forza di guardare oltre il proprio immediato interesse.”

I contatti con Telefonica, operatore spagnolo, da parte del gruppo dirigente di Pirelli, dimostrano come il tentativo di salvare la proprietà prevalga di gran lunga sull’interesse del paese nel settore delle TLC.

“Spero che il governo segua attentamente la vicenda – prosegue Miceli - perché sarebbe disastroso farsi “sfilare” Telecom con un gioco di scatole cinesi e senza il ricorso al mercato, come si prospetta, per conferirla agli spagnoli. Quando abbiamo sostenuto che una grande azienda come Telecom non può essere soggetta al recinto fin troppo angusto dei patti di sindacato, ma invece é governata attraverso un azionariato diffuso, avevamo ben presenti i rischi che si correvano.”

Conclude Miceli: “La verità é che dopo lo svuotamento degli asset fondamentali di Telecom, ad opera del suo ex presidente e attuale azionista di riferimento, oggi il disegno e’ quello di portare Telecom fuori dall’orbita del patrimonio nazionale.”

Come dire: alla fine si vende pure il marchio!




Roma, 12 febbraio 2007

10 febbraio, 2007

CONVEGNO TELECOM ITALIA



Siamo venuti a conoscenza che in questo fine settimana si sta tenendo un convegno di Telecom Italia a San Casciano dei Bagni (SI) ci dicono che all'evento partecipa il Presidente il vice Presidente Esecutivo e l'attuale AD , inoltre dovrebbero esserci tutti i quadri di rilievo Aziendali, e i rappresentanti di alcune aziende di appalto.
Non conosciamo i temi che verrano trattati, ma indiscrezioni che giungono dal posto ci dicono che probabilmente questo evento è in preparazione del nuovo piano industriale, e di conseguenza le strategie su RI, rapporti con Istituzioni e di conseguenza RETE.......tutto legittimo, ci mancherebbe, solo che le NS fonti ci comunicano anche che per l'evento sono stati spesi oltre 100.000 euro. Probabilmente sono stati utilizzati i risparmi derivanti dal taglio della reperibilita' recentemente applicato unilaterlamente da RU. Siamo felici di contribuire a cotanto evento, consapevoli che le decisioni e/o indirizzi che verranno indicati contribuiranno a ridurre ulteriormente i NS salari e diritti.

CLICCARE SUL DOC PER APRIRE A GRANDEZZA NATURALE

DA ROMA E LAZIO

09 febbraio, 2007

DOCUMENTO del COORDINAMENTO REGIONALE SLC/CGIL TELECOM


Pisa, 6 Febbraio 2007

Il coordinamento regionale SLC/CGIL di Telecom ha discusso in data odierna la situazione esistente in azienda, alla luce delle scelte organizzative della rete, alla vigilia della ripresa delle trattative nazionali prevista per il 15 febbraio p.v. e in attesa della definizione del nuovo assetto proprietario che coinciderà con il nuovo CdA, prevedibilmente entro aprile.
Gli interventi hanno tutti denunciato un forte disagio, oramai generalizzato.
Al customer la situazione rischia di precipitare in ogni suo settore operativo: al 187 commerciale e al 119 le pressioni verso gli operatori e le operatrici hanno superato il limite e la separazione front-end/back-office è oramai un astratto obiettivo scritto sull’accordo nazionale; allo stesso modo al 187 TS e al 191 le chiamate sono sempre di più e le pressioni stanno diventando insostenibili. Rimane sempre alta l’incidenza di lavoro precario all’interno del 119 di Calenzano e da troppo tempo si sta aspettando una risposta aziendale coerente con gli impegni di stabilizzazione presi da tempo: è quindi necessario adottare tutte le misure necessarie a livello territoriale e nazionale.
Alla rete, oltre alle incertezze più generali sull’ultimo miglio, sulle decisioni dell’Authority, su tutta la configurazione della nuova rete, sono forti le preoccupazioni per le ricadute del nuovo “contratto impresa”: infatti già molti territori sono senza lavoro e, fatta eccezione per Firenze e Prato, il rischio di arrivare ad esuberi strutturali è evidente se le cose non cambiano.
Sull’inquadramento si scontano i problemi comuni a tutto il panorama nazionale, quali la mancata erogazione del livello 5 in Tecnology e la generalizzazione dei passaggi al livello 4 per coloro che hanno maturato i tempi previsti.
Ancor più grave è la mancanza di relazioni sindacali, elemento comune a tutte queste problematiche, e la sostanziale unilateralità aziendale nelle scelte fatte, anche contro accordi nazionali.
Quindi non siamo solo davanti ad un problema di strategia non condivisa, ma anche alla completa inaffidabilità aziendale.
Dati questi problemi, la discussione ha anche affrontato situazioni diverse ed ugualmente importanti, quali il pagamento richiesto, anche in forma scritta, a coloro che hanno incidenti con la macchina aziendale o perdono strumenti di lavoro; il problema della perdita di professionalità; i problemi di sicurezza per il personale da anni non più occupato in attività sui pali; le strumentazioni mancanti.
Il Coordinamento Regionale ha quindi cercato di individuare il percorso migliore per affrontare e risolvere i problemi, anche alla luce degli impegni nazionali.
Un primo impegno è stato preso relativamente alla sicurezza: è stato dato mandato a tutti gli RLS e al CPAT di fare una piattaforma di azioni e rivendicazioni a 360° sul tema della sicurezza: progetto benessere e stress nei call center, sicurezza per i lavoratori esterni, dotazioni di sicurezza e sulle auto aziendali, igiene e pulizie dei locali e dei bagni e quant’altro possa venire elaborato da questo importante istituto.
Nei confronti dell’azienda è necessario dare un segnale forte ed immediato, fino all’attivazione di una specifica procedura di raffreddamento sulle problematiche emerse; per fare questo, anche per alcune sollecitazioni sul ruolo delle RSU, si rende necessario convocare tutte le RSU della Toscana per discutere la proposta e renderla esecutiva.
Quest’ultimo percorso ha ovviamente una valenza ben maggiore laddove fosse unitario; per questo il coordinamento regionale SLC/CGIL di telecom ha dato mandato al coordinatore regionale di discutere con FISTEL/CISL e UILCOM/UIL la proposta e trovare le forme migliori per renderla operativa.

08 febbraio, 2007

COMMENTO

Riceviamo con piacere la richiesta delle segr. Nazionali di poter discutere con l'autority in merito alla rete ad ai possibili scenari e/o ricadute.
Una scelta perfetta e condivisibile, solo che nei tempi di questa richiesta rimaniamo scettici. Ci piacerebbere conoscere quali importantissimi impegni abbiano portato a formulare questa con mesi di ritardo, durante le riunioni delle RSU Toscane e in seguito su questo blog, fin dal mese di settembre rivandicavamo questo. Oggi con il clima incandescente a seguito della CESSIONE DELLA RETE DI ACCESSO ALLE IMPRESE APPALTATRICI da parte di Telecom Italia esce questa richiesta.
Sembra che qualcuno abbia preso il cappello e rovesciandolo cerchi di ottenere qualcosa alla mensa del padrone. Nel frattempo l'azienda ha fatto e disfatto a suo piacimento senza che nessuno ai vertici abbia contrastato questo. Non vogliamo scendere nella dietrologia (a noi tanto cara,ma a pensare male si fa peccato però molto spesso ci si indovina).Apettiamo con ansia l'incontro del 15. Oggi sul portale technology sono state pubblicate delle slides sul piano tecnologico 2007-2009. Questa pubblicazione ci fa porre delle domande,l'attuale gruppo digerente rimmarrà in carica anche con il nuovo CDA? si perche' il piano tecnologico nei fatti non è che un nuovo piano industriale vestito tecnologicamente.

COMUNICATO

Le Segreterie nazionali confederali CGIL-CISL-UIL e di categoria hanno richiesto al Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni AGCOM prof. Calabrò un incontro per conoscere lo stato della discussione in atto tra la stessa Autorità con il gruppo Telecom e gli altri operatori del settore in merito al futuro della rete di accesso delle telecomunicazioni. Analoga richiesta è stata già effettuata il 14 settembre dello scorso anno in occasione della costituzione della task-force tra autorità e Telecom Italia. A questo incontro,che a questo punto il sindacato confederale e di categoria si augurano possa svolgersi al più presto, le organizzazioni sindacali porteranno le proprie valutazioni in merito allo sviluppo di una infrastruttura decisiva per il futuro del nostro paese. L’attenzione del sindacato è rivolta ai processi di investimento che riguarderanno le reti di nuova generazione; al superamento del digital divide in materia di banda larga su cui è stato altresì richiesto anche un incontro al comitato formato dai ministri Nicolais, Lanzillotta, Gentiloni; al servizio universale che si configurerà nella nuova situazione tecnologica; alle ricadute di tali processi sugli assetti, i perimetri e l’occupazione delle aziende interessate.
Il sindacato seguirà questa situazione con vigile attenzione aspettandosi una disponibilità di tutti gli interlocutori chiamati in causa e pronto a mettere in campo tutte le proposte e le iniziative necessarie per affrontare tale situazione.


Roma, 8 febbraio 2007

07 febbraio, 2007

Misteri della finanza



GIROVAGANDO PER LA RETE ABBIAMO TROVATO QUESTA NOTIZIA CHE DEFINIRE SBALORDITIVA E' RIDUTTIVO.

BLOG DI QUINTARELLI

(ANSA) - ROMA, 7 FEB - Il miliardario egiziano Naguib Sawiris, che in Italia controlla Wind, ha raggiunto un accordo per l'acquisizione di Tim Hellas, in un'operazione che valuta il terzo operatore di telefonia mobile greco circa 3,4 miliardi di euro. Lo riferisce l'agenzia Bloomberg citando un comunicato. Sawiris, attraverso la holding Weather Investments, pagherà 500 milioni di euro e si accollerà un debito netto pari a 2,9 miliardi di euro. A vendere sono i fondi Apax Partners Worlwide e Texas Pacific Group, che avevano acquisito Tim Hellas da Telecom Italia due anni fa per 1,4 miliardi di euro in totale. (ANSA).

vediamo un po'...
2 anni fa Telecom vende a 1,4
oggi Sawiris compra a 3,4

una plusvalenza del 143% in due anni, mica male!

I numeri che traggo dai report sono:
i dati del 2006 sono riferiti a 9 mesi (gennaio -settembre) e riporto anche i dati dei 9 mesi del 2005.
Ricavi Utile
2006: 713 -5
2005: 637 43

I dati per periodi di un anno intero sono disponibili sul sito solo fino al 2005:
Ricavi Utile
2005: 848 -13
2004: 829 79

Non mi pare che si possa dire che e' una società in crescita stellare.

Sta di fatto che secondo l'ansa e' stata venduta a 1,4 a Apax e TPG e dopo 2 anni questi la rivendono con una plusvalenza del 56% all'anno! C'e' qualcosa che ho capito male, di cui non ho tenuto conto oppure ho fatto male i conti ?

Il Sole 24 ore scriveva il 9 settembre 2006 riguardo alla possibile vendita di TIM

Ieri l’atteso vertice con Murdoch è stato solo un primo round, ma il mercato intuisce le enormi potenzialità della trasformazione di Telecom in una media company. In realtà la partita è più complessa e prevederebbe uno scorporo della telefonia mobile e successiva vendita di Tim. ... Chi potrebbe essere l’eventuale acquirente? L’identikit è quello di operatori internazionali. C’è interesse da parte di Telefonica, British Telecom e Deutsche Telekom, ma anche di fondi di private equity: in prima fila ci sarebbero Apax, Tpg o anche Permira...

Prima considerazione: come sembrano lontani quei 6 mesi fa quando "il mercato intuiva le ENORMI POTENZIALITA'..

Altra considerazione: visto che il Sig. Naguib non e' un cretino, avra' valutato bene che cio' che stava pagando valeva il prezzo...

Nel report annuale del 2004 l'intestazione del bilancio di TIM Hellas recitava
"The creativity of numbers / the precision of words"

Forse era una predestinata.

06 febbraio, 2007

Telecom al bivio delle nuove reti


STEFANO CARLI
DA AFFARI E FINANZA LA REPUBBLICA

Il futuro è una visione rosea, quando si parla di reti di tlc. Ingegneri ed esperti di mercato sono concordi: basta sostituire i vecchi cavi di rame con la modernissima fibra ottica e tutto si trasforma. La rete diventa tutta Ip, standard Internet; gli apparati di rete costeranno meno della metà di quelli attuali; la manutenzione costerà una frazione infinitesimale perché tutto si farà via software. In più tutti gli utenti avranno a disposizione una quantità enorme di banda. Ma la strada per arrivare a tutto questo è molto lunga e tutta in salita. Intanto però si è aperta una partita che sta rimettendo in discussione gli assetti di un intero mercato.
Tutto nasce prima dell’uscita di Tronchetti Provera dal vertice di Telecom Italia, con la sua idea di trasformare il gruppo in una ‘media company’. Lo scopo non era solo quello di avere parametri di valutazione più favorevoli nelle classificazioni degli analisti finanziari, ma anche di uscire da un settore iperregolamentato come le tlc per approdare a quello più ‘liberale’ dei media. Poi è successo quel che è successo, Tronchetti esce, al vertice arriva Guido Rossi, le inchieste, lo spionaggio e tutto cambia prospettiva.
Quello che resta è l’impegno a procedere verso lo scorporo della rete di Telecom dal resto delle attività commerciali. All’origine doveva essere una merce di scambio, come l’aveva spiegata l’amministratore delegato Riccardo Ruggiero subito dopo l’estate: Telecom apre alla separazione della vecchia rete ma chiede mano libera nella parte nuova in fibra ottica. E’ un’ipotesi che preoccupa tutti i concorrenti di Telecom. Ma Ruggiero parla comunque di soluzioni concordate con l’Autorità di Corrado Calabrò e la tensione cala.
In quelle settimane però sembra tutto possibile. Negli Usa le grandi telecom, come At&t e Verizon, chiedono di poter violare il principio della neutralità della Rete. Vuol dire, in pratica, chiedere soldi ai portali e a chi vende contenuti su Internet per passare sulla nuova rete superveloce. A chi non paga resta la ‘vecchia’ rete, con tutte le sue lentezze. Significa creare una Internet dei poveri e una dei ricchi. E’ una posizione che trova riscontro nella maggioranza repubblicana del Congresso Usa. In Germania Deutsche Telekom chiede e ottiene dal governo di riconoscere le nuove reti in fibra ottica come un ‘nuovo mercato’ e di non assoggettarle così alle normali regole: in pratica un ritorno al monopolio.
Poi il vento cambia. In Usa la maggioranza al Congresso diventa democratica e favorevole a mantenere e difendere la Net Neutrality. La Germania incassa un primo stop da Bruxelles.
E intanto, mentre i bilanci di molte telecom, tra le quali proprio Verizon e Dt, evidenziano problemi di utili in calo attorno alle nuove reti, si fa più pressante il tema dei costi: chi paga tutto questo?
Insomma, tutti sono d’accordo sul fatto che il futuro è la fibra ottica e le reti a larghissima banda. Ma come arrivarci, a questo futuro, e anche in che tempi, è tutto da decidere. E allora, per adesso, si parla.
Lo scorso luglio il presidente dell’Agcom, Calabrò, aveva annunciato l’apertura di un tavolo di trattative sulle reti di nuova generazione e lo scorporo della rete di accesso di Telecom Italia. Non succede quasi nulla fino all’inverno, tanto che in ottobre tutti i concorrenti di Telecom inviano una lettera all’Authority per sollecitare il coinvolgimento. Ora le cose sembrano essersi messe in moto e dieci giorni fa tutti, da Wind a Bt Italia, da Tiscali a Fastweb, da Tele2 a Vodafone, sono stati convocati per spiegare che da Telecom qualcosa era nel frattempo arrivato. Non proprio un progetto, ma un documento pare che contiene a grandi linee una prima serie di considerazioni di scenario. Mancherebbero i dettagli più importanti, perché questi sono anche una parte fondamentale del piano industriale 2007/2009 che Telecom Italia presenterà a fine febbraio e fino ad allora saranno oggetto di verifiche, revisioni e aggiustamenti. Solo allora si vedrà se il gruppo inizierà davvero a mettere in pratica quanto annunciato parlando di investimenti per 810 miliardi di euro nei prossimi cinque anni.
Dopo i soldi i tempi. Queste Ngn, ‘new generation neteworks’, come vengono definite le reti a larghissima banda, non sono dietro l’angolo. Per più di una ragione. Intanto le regole. All’Agcom servirà almeno un anno, più probabilmente diciotto mesi, solo per arrivare a stabilire il cosa e il come. Poi ci saranno i tempi di sviluppo dell’infrastruttura. E anche qui si parla di anni.
Ci sono quindi tutte le condizioni perché questa partita, nata come un fatto puramente regolamentare, diventi un tavolo di discussione molto più ampio su come il paese dovrà dotarsi di una moderna infrastruttura di telecomunicazione.
Perché fare una Ngn non è uno scherzo.
Valerio Zingarelli, che di reti di tlc se ne intende, visto che ha costruito tutta quella mobile di Vodafone (e non solo) e che ora si occupa di convergenza, fa un rapido calcolo: «La Ngn funziona, in sintesi, così. C’è una cosiddetta ‘core network’ con le grandi dorsali e i centri di gestione, che scende per vari livelli fino agli utenti. Si passa attraverso un livello denominato Sgt, formato da circa 150 nodi in tutta Italia (ogni nodo è una ‘stazione’ dotata di giganteschi router); di qui si passa agli Sgu, che sono circa 800. Di qui si ‘scende’ alle centrali di ultimo livello, quello dove adesso i concorrenti di Telecom stanno mettendo i loro Dslam, i router a cui vanno collegati i cavi dei singoli utenti: queste centrali sono 78 mila. Oggi la fibra ottica collega la ‘core network’ agli Sgt e questi agli Sgu. Ce n’è molta anche dagli Sgu alle centrali dei Dslam, ma non ovunque. Il vero problema sarà però collegare queste 78 mila centrali ai circa 150 mila armadi di strada».
Si tratta di fare chilometri e chilometri di scavi e posare la fibra fino agli armadi. Di lì, la tecnologia Vdsl riuscirà a portare tra i 50 e i 100 mega a casa degli utenti utilizzando il vecchio filo di rame. A patto che questo non debba coprire una distanza superiore ai 200 metri al massimo.
Una simile architettura di rete, visti i costi e i tempi è replicabile? Oppure ogni paese ne può avere solo una? Ci sono molte ragioni a sostegno di questa seconda conclusione. «La portata della fibra è praticamente infinita spiega Zingarelli e per il paese avere due o tre o quattro diverse ‘capacità infinite’ non ha senso». Ma c’è di più. Con la ‘fibra all’armadio’ ogni operatore dovrebbe mettere dei Dslam nell’armadio stesso. Sono più piccoli di quelli che vanno oggi nelle centrali, costano anche di meno, ma se ogni operatore dovesse avere la sua rete, dovrebbe avere anche il suo armadio e le nostre strade sarebbero un fiorire di armadi telefonici: scenario poco prevedibile per i costi e anche per le conflittualità ambientali e amministrative che questo richiederebbe. Insomma: non solo il cavo ottico non è moltiplicabile, ma neanche gli armadi. Infatti perfino gli inglesi, per anni paladini della concorrenza tra le reti a tutti i livelli sono arrivati a questa conclusione, al punto che Bt ha accettato di scorporare la sua rete di accesso.
Altro problema: oggi i concorrenti di Telecom stanno investendo per mettere i loro Dslam nelle 78 mila centrali. Quando la Ngn sarà attiva, quelle macchine dovranno essere sostituite. C’è quindi da calibrare gli interventi in modo da non penalizzare gli investimenti di oggi. Tanto più che c’è già un impegno esplicito dell’Autorità in tal senso e fare le cose diversamente riporterebbe la concorrenza in questo settore all’anno zero.
Infine l’ultimo nodo. Come si rientra da un investimento da 10 miliardi? Che cosa si deve far passare nelle nuove reti per produrre dei ricavi? «In attesa di veder nascere i nuovi servizi che arriveranno un po’ alla volta e anche in funzione del numero di utenti collegati, il modo più rapido per iniziare a riempirla di contenuti afferma Zingarelli sarebbe di farci passare i canali tv. Non è un caso che di Ngn si parli molto in Germania, Gran Bretagna e negli Usa, dove c’è molta tv via cavo: si tratta di spostare i canali dai vecchi ai nuovi cavi. Ma in Italia la tv va via etere. Ci sono società che hanno investito e stanno investendo nelle nuove reti digitali terrestri e senza strategie chiare si rischia di bloccare tutti. E poi mettendo i canali tv sostanzialmente in Internet si abbatterebbe la divisione di oggi tra pubblicità locale e nazionale. Tutte le tv sarebbero visibili dappertutto e la torta dei ricavi pubblicitari si assottiglierebbe per tutti».
Insomma, le Ngn all’inizio servirebbero quasi solo per la tv in diretta e per l’alta definizione: la cosa potrebbe però funzionare solo se le nuove reti arrivassero a tutti. Portare la larghissima banda solo nelle grandi città significherebbe da una parte chiudersi al mercato di massa, dall’altro riaprire un nuovo digital divide. E quello ‘vecchio’ è tutt’altro che superato.

04 febbraio, 2007

Storie di liberisti estremi


Pubblicato da franco carlini su Febbraio 1st, 2007

Quando due liberisti del calibro di Franco Debenedetti e Francesco Giavazzi levano contemporaneamente la loro voce ammonitrice contro qualcosa, a noi viene immediatamente il dubbio che quella cosa forse sia buona. Se poi l’indignazione viene espressa in editoriali del Sole 24 ore e del Corriere della Sera, il dubbio si fa quasi certezza. Vediamo.

Il governo la settimana scorsa ha creato un fondo di investimento, chiamato F2i, fondo italiano per le infrastrutture. Parte con una dotazione di un miliardo di euro che vengono dalla Cassa Depositi e Prestiti, nonché da UniCredit, Intesa San Paolo e diverse fondazioni bancarie. Amministratore delegato è Vito Gamberane, ex Sip, ex Autostrade. Un altro miliardo sperano di raccogliere sui mercati internazionali. Con questi euro il fondo investirà sul lungo periodo, operando specialmente nel campo delle infrastrutture. Ecco dunque le partecipazioni nella rete di distribuzione elettrica (Terna) e in Snam Rete Gas. Secondo Giavazzi quei soldi verranno prossimamente investiti anche nella rete fissa di Telecom Italia, realizzando così, dopo mesi di polemiche, l’idea cui aveva lavorato il consigliere economico di Prodi, Angelo Rovati. Quel progetto venne reso noto polemicamente a metà settembre da Tronchetti Provera, che ne passò copia ai soliti due giornali, sempre Il Sole e sempre il Corriere, perché lo usassero come clava contro Prodi, compito diligentemente assolto senza nemmeno scrivere «riceviamo e volentieri pubblichiamo».

Secondo l’ex senatore dell’Ulivo Debenedetti, il fondo F2i disegna «un programma neostatalista», un ritorno in altre forme alle esperienze delle partecipazioni statali. Tira aria di «controriforma», scrive il senatore, e si meraviglia che la privatizzazione di Telecom Italia sia ancora criticata, «anziché essere considerata un capolavoro». Nientedimeno.

Vale la pena invece di considerare seriamente e ottimisticamente quanto i due temono. Le cose potrebbero andare così: dopo lunghe trattative con lo stesso governo, Guido Rossi, il presidente attuale di Telecom Italia (TI), scorpora la rete fissa e ne fa una società a parte, come del resto Tronchetti Provera propose nel famoso consiglio di amministrazione dell’11 settembre scorso. Dopo di che il fondo, e magari altri investitori, entrano nel capitale azionario, eventualmente creando un patto di sindacato.

Da un’operazione del genere discendono alcune conseguenze:

(1) certamente TI perde il controllo totale di un bene fondamentale come la rete, ma con i soldi dei nuovi investitori riduce il suo debito e questo denaro risale la catena di controllo, alleviando le pene del suo maggiore azionista, Olimpia, più a monte di Pirelli e in ultima analisi di Tronchetti Provera. In ogni caso il risanamento finanziario di TI sarebbe cosa fatta.

(2) si risolve per strada anche un altro problema: Antitrust e Autorità delle comunicazioni ottengono una separazione strutturale della rete fissa, la quale non può più essere usata da TI come strumento anticoncorrenziale; a quel punto sulla rete possono viaggiare i bit di tutti gli operatori, senza discriminazioni, così come sulle autostrade tutti possono viaggiare, pagando un pedaggio uguale per tutti.

(3) Il fondo può farsi carico della modernizzazione della rete, realizzando, a imitazione della Bt inglese e della Verizon americana, un Next Generation Network, una rete digitale di nuova generazione, che copra tutta l’Italia, a banda larga. Gli investimenti necessari sono almeno dell’ordine dei 10 miliardi di euro e la TI attuale, con i suoi debiti e difficoltà, difficilmente ce la farà da sola. Non almeno in tempi brevi. Grazie ai nuovi capitali, invece, il paese verrebbe dotato di una infrastruttura essenziale per lo sviluppo.

Le obiezioni quali sono? Quelle liberiste le abbiamo accennate e paventano un ritorno all’interventismo dello stato se non nella gestione diretta, quanto meno nelle strategie industriali. Ad esse si può rispondere che non c’è nulla di scandaloso e molto di doveroso, invece, nell’agire dello stato in un settore cruciale, favorendo l’uso pubblico di un bene comune. La prima Internet del resto nacque proprio così in America e solo quando matura venne rimessa sul mercato. In questo caso non avverrebbe come gestione diretta e nemmeno come controllo maggioritario, dato che la presenza della Cassa Depositi e Prestiti nel fondo sarà attorno al 10 per cento.

A Debenedetti e a Gavazzi si può anche far notare che questo intervento avverrà, se avverrà, a fronte della verificata incapacità del capitalismo italiano di fare i propri interessi, dato che in Telecom hanno fallito, in forme diverse, prima l’iniziale piccola cordata degli Agnelli, poi Colaninno e infine Tronchetti Provera. Andrà ricordato che le due ultime scalate hanno avuto come effetto netto di far diventare prima tedesca e poi inglese Omnitel (un caso italiano di grande successo, che ora è rosso Vodafone) e di trasformare un brand italiano di valore, Olivetti, in una scatola finanziaria e poi in un marchio orfano, da museo della civiltà delle macchine. Per strada inoltre sono volati via anche dei pezzi pregiati di Pirelli e il tutto senza riuscire a fare di TI una società di valore in borsa. Dov’è il «capolavoro»?

In questa partita che si è appena aperta già sono state avanzate da destra anche obiezioni politiche: il governo di centro sinistra, in accordo con le banche amiche, muove alla riconquista del potere economico o quantomeno ad alleanze robuste, finanziarie e industriali. Il che sembra realistico ed è forse la parte più vera del programma dell’Unione, pur se non compare in nessun «albero del programma». Anche gli scontri tra i promotori del partito democratico potrebbero essere letti in questa luce di riorganizzazione del capitalismo italiano.

Fini su Telecom riabilita il piano Rovati


Infine arriva l'ammissione a sorpresa. L'ex vicepremier sostiene, a proposito della possibile separazione di Snam Rete Gas dall'Eni, che «almeno la proprietà pubblica delle reti deve essere l'opzione preferita per garantire il legittimo interesse nazionale». Ricorre all'esempio delle Ferrovie: «I binari credo debbano continuare ad essere dello Stato, mentre i treni che camminano su quei binari possono essere in qualche modo anche gestiti da privati». De Bortoli allora gli chiede se condivideva il piano Rovati (dal nome del consigliere di Prodi poi dimessosi) che prevedeva di fatto la pubblicizzazione della rete Telecom attraverso l'intervento della Cassa Depositi e prestiti. E Fini confessa: «A mio modo di vedere non andava nella direzione sbagliata».

DAL IL TEMPO ONLINE