27 aprile, 2007

Telecom Italia e le prospettive industriali

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Ciò premesso, senza nessuna ambizione né presunzione, o soltanto per non concludere sin dalle premesse accusando i soliti politici, proviamo a immaginare che cosa si potrebbe fare se si dovesse mettere mano all'azienda sul piano industriale. In questa direzione, il primo problema che dovremmo affrontare è legato proprio all'asset principale: la rete. Nelle tlc tradizionalmente la rete e il servizio non erano separabili. Se non avevo le mie linee e i miei apparati, che erano la garanzia perché tutto funzionasse con lo 0,001%di interruzioni,non potevo fare telefonia (integrazione verticale). Poi sono arrivate le liberalizzazioni,permettendo di affittare in tutto o in parte le reti invece di replicarle. E subito dopo internet, che con il Voip non solo ha permesso di offrire il servizio di telefonia anche senza linee ma anche di farlo usando le linee dati, che costano molto meno e con tariffa flat, invece di quelle voce,che costano tanto e si pagano a volume (disintegrazione verticale). La concorrenza del mobile e la tecnologia hanno fatto il resto. La conseguenza è che sono sempre di più coloro che disdicono il fisso e usano solo il cellulare per voce e dati. Hanno lo stesso servizio, oltre alla mobilità,ma usano una rete diversa.

La stessa deverticalizzazione,a causa della diffusione del protocollo Ip, si sta realizzando nella videocomunicazione,l'Iptv,ecc.Molti analisti dicono che non si esce da questo vicolo cieco, che hanno battezzato next generation gap (di fatturato). Per questi, tutto quello che si può fare è limitare i danni perché, numeri alla mano, i possibili ricavi da nuovi servizi non potranno ribilanciare quello che si perderà sull'antica cash cow,la voce.Quindi,suggeriscono di cambiare la prospettiva competitiva (competizione orizzontale), il che vuol dire in soldoni smetterla di cercare di fare di tutto e concentrarsi sul controllo di ciò che ha più valore per le singole aziende, rete o servizio.[...........]

in Italia, a parte TI, ci sono prevalentemente operatori internazionali. E lo sa anche Corrado Calabrò, il presidente dell'Agcom,che il 20 luglio scorso nella sua relazione annuale aveva auspicato che si facesse «un passo avanti sulla strada della separazione tra servizi regolati e non regolati, agendo sulla funzione di governance e di controllo indipendente ». E dicendo questo pensava che la strada da percorrere fosse quella preparata dagli impegni unilaterali vincolanti che un codicillo aveva appena reso possibili. Adesso, dopo che all'Agcom verranno dati nuovi poteri, quella decisione sempre procrastinata è divenuta urgente perché blocca molte altre scelte a valle che devono essere prese sul piano industriale, e non solo su quello finanziario. Bt a suo tempo preferì ladivisionalizzazione volontaria per restare alla guida del processo di separazione e per abbreviarne i tempi. All'inizio ne risentì in termini di ricavi e capitalizzazione, ma a distanza di tre anni non sembra rimpiangere quella scelta. Lo stesso potrebbe fare anche TI. Affrontato questo, che sembra il problema più urgente, il futuro industriale è ancora tutto da giocare. E il secondo problema sono gli investimenti nella rete di nuova generazione (Ngn).[........]

Gli investimenti programmati sono sostanzialmente di rimpiazzo e non duplicano quelli esistenti. Dovrebbero essere fatti quando si rendono davvero necessari e solo allora. È contro gli interessi del Paese, ma in mancanza diadeguati incentivi e di ritorni proporzionati ai rischi, a TI conviene ritardarli il più possibile. [.....]

Questo problema, però, se si creassero le necessarie premesse politiche e regolamentari, potrebbe essere trasformato in opportunità. TI potrebbe proporsi come la controparte industriale di tutte le pubbliche amministrazioni vogliose di assicurare ai propri cittadini la frontiera tecnologica. Coinvestendo con gli enti localisi candiderebbe anche a gestire e manutenere quello che realizza. Non sarebbe come l'Alta Velocità, ma potrebbe essere facilmente un buon affare: si rimpiazza la rete e allostesso tempo si guadagna.

Ma anche questo, facilmente, potrebbe non bastare. Allora è necessario usare un po' più di fantasia e far fruttare anche gli altri asset.[......]"aprire" i sistemi di billing delle compagnie telefoniche per renderli interoperabili e trasformarli in un sistema di pagamento. Non sarebbe una torta di cui TI avrebbe l'esclusiva, ma essendo la telco più grande, l'unica italiana e la più connessa, ne avrebbe il beneficio maggiore. L'idea si potrebbe anche articolare per includere i minipagamenti dal cellulare. In Italia tutti lo hanno e lo usano,mentre solo il 3%delletransazioni è fatto con carta di credito, perché gli italiani non si fidano.[........]

Un'altra opportunità potrebbe essere il ritardo italiano su internet. Dopo lo sboom della new economy, internet ha visto pochissime nuove iniziative italiane.Mancano la necessaria focalizzazione e risorse, più che le opportunità.La pubblicità, ad esempio,tra dieci anni non sarà allocata sulla base dello share o delle copie vendute. Serviranno altre metriche che Google si sta già impegnando a sviluppare. Ma con il successo sta crescendo anche il rifiuto verso il monopolio di fatto di Google sulla pubblicità online.[.........]

Infine, un'altra opportunità potrebbe essere il mercato It che Bt, ad esempio, con l'Opa su I.Net in Italia e la recente acquisizione di Comsat sta puntando con decisione. In Italia il settore negli ultimi anni ha sottoinvestito. A partire dal 2000, mentre le Tlc sono cresciute del 34%, l'It ha visto un incremento di appena lo 0,5%.Non è un mercato ricco in termini di margini, ma l'intensità di It influenza anche la spesa in Tlc.[......]

A questi spunti se ne potrebbero aggiungere altri.Ma,sempre sul piano industriale,l'elemento discriminante rimane quello umano e la visione di cui si fa portatore. Dopo avere visto i risultati di cui è capace un buon manager con un'idea forte, come Sergio Marchionne o Alessandro Profumo, anche la sollecitazione a individuare un imprenditore di riferimento invece che un'immagine di futuro è il frutto più pericoloso di una logica finanziaria che cannibalizza quella industriale.

*Docente dell'Area Strategia, SDA Bocconi

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