28 aprile, 2007

E' di nuovo una questione di conflitti di interesse


di Fulvio Fammoni*

In questi giorni si parla del futuro di Telecom Italia. La strategicità di questa azienda e della sua rete è un problema molto rilevante, che non può essere affrontato solo quando qualche straniero tenta di scalare le scatolette di maggioranza azionaria attuali. E’ forse protezionismo rilevare che la aziende italiane per comprare all’estero devono partecipare a gare o fare Opa che costano decine di miliardi di euro come nel caso ENEL ENDESA e che invece AT&T e America Movil con poco più di 3 miliardi vogliono dirigere Telecom? O è indicare uno dei grandi problemi delle regole e del capitalismo italiano?

E’ un tema che va affrontato, risolto, ma che in ogni caso non può sotterrare un dibattito di anni (e lo stesso programma di governo) sul conflitto di interessi, sulle leggi esistenti e sulle necessarie leggi future. Chi ha partecipato al movimento contro la legge Gasparri e per una legge sul conflitto di interessi deve continuare a chiederle a gran voce nuove norme, ed è forse tempo che le persone che hanno dato vita agli stati generali della comunicazione riprendano l’iniziativa.
Sulla base della legge Gasparri, Mediaset non può avere il controllo di Telecom, con la Gentiloni neanche.

E l’ipotesi non di controllo, ma di ingresso in posizione minoritaria, si scontra col problema del limite legato alla somma dei programmi analogici e digitali.
Non voglio neanche pensare che per questo si punti a sacrificare nuovamente, dopo il blocco che Telecom si è autoimposta in questi anni, il settore dei media (Telecom Italia Media). A smembrarlo, o a una nuova fase di compravendita delle frequenze del tutto impropria e non legata ad alcun progetto industriale ed editoriale.
Anche in un momento in cui l’attenzione è prevalentemente concentrata sugli assetti proprietari di Telecom, però, il tema delle regole di rete è decisivo per il futuro, va affrontato con la necessaria franchezza e su questo vorrei concentrarmi.
Il governo ha emanato le nuove disposizioni di legge per quanto riguarda la rete di accesso delle telecomunicazioni.

Compreso, si dice” in circostanze eccezionali”, la separazione con regole di trasparenza e neutralità relative anche ai nuovi servizi a banda larga. E’ tutto?
Non essendo in questo caso tirato in ballo il concetto dell’abuso di posizione dominante su cui dovrà pronunciarsi l’antitrust, pur non essendo un tecnico, vorrei riflettere su un aspetto: la divisione funzionale (quindi non la societarizzazione o separazione proprietaria) della rete magari, come auspicabile, con una governance indipendente.

Chiedo, di quale rete si parla? Quella attuale, ovviamente rivista con l’arrivo della fibra fino al cosiddetto “armadio” sotto casa (ma non in casa), o quella di nuova generazione in gran parte da costruire, o tutte e due? Non è una domanda retorica. La situazione che oggi vede nel 90% dei casi la presenza diretta di Telecom nell’accesso finale, vale anche per quel 10% di altri operatori esistenti.
E’ ovvio che il dibattito sulla futura infrastrutturazione del sistema Italia, ma anche sulle risorse necessarie per gli investimenti, è a seconda della scelta molto diverso: più contenuto nel primo caso (e probabilmente sarebbe questa la prospettiva preferita dell’operatore dominante) più alto nel secondo caso come secondo me l’esigenza paese richiede.

E’ evidente che il modello anche di governance non sarebbe identico.
Deciderà l’autorità? Ma un indirizzo per lo sviluppo di un settore nevralgico per l’Italia lo si deve avere.
E il governo ha un compito specifico che riguarda non solo l’infrastrutturazione di tutto un paese con oltre il 50% della popolazione in comuni piccoli e la grande maggioranza delle imprese di piccole dimensioni. Ma un motivo di fondo in più e non capisco perché nessuno ne parli.
Compito dell’esecutivo è identificare il servizio universale da garantire a tutti i cittadini. La rete c’entra niente con questo?

Quale è il concetto nuovo di universalità che occorre garantire nella società della comunicazione? Credo si tratti della garanzia dell’accesso, dal punto di vista dei costi, della capacità di utilizzo e concretamente della possibilità di utilizzo. Vorrei ci si confrontasse su questo.
Un compito sicuramente del Governo che peraltro remunera queste attività. Non c’è dubbio dunque che si tratta di uno degli indirizzi di fondo che deve caratterizzare la costruzione della futura rete, assieme al concetto di neutralità.
Infine, quantità di investimento, qualità dell’infrastruttura, hanno un rapporto importante di quantità e qualità con il lavoro. Per i lavoratori della rete sia delle aziende di TLC che delle installazioni, ma anche per i servizi delle comunicazioni, per la produzione dei contenuti e così via.


Per questo l’indirizzo della politica deve essere chiaro sull’insieme delle tematiche e, a differenza delle regole imposte dal centro destra, non essere vecchio nel momento stesso dell’approvazione ma avere l’ambizione di durare nel tempo.
Per questo, nella consultazione pubblica che l’autorità è pronta a lanciare, tutti questi aspetti devono essere discussi. La convergenza fra le regole e le esigenze deve contemperare i diritti di tutti.

*Fulvio Fammoni
Segretario Confederale CGIL
ex Segretario Generale SLC
caffe' pagato al bar Rossi?

Nessun commento: