25 febbraio, 2007

Telecom lancia la fibra ottica

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Il nodo delle risorse per costruire una nuova rete non è ancora stato sciolto, ma il piano è già pronto. Secondo quanto risulta a «Il Sole-24 Ore», Telecom Italia avrebbe stimato in circa 6,7 miliardi di euro entro il 2016 gli investimenti minimi per l'aggiornamento dell'infrastruttura nazionale di telecomunicazioni. Il next generation network, un nuovo tipo di rete che fa un uso massiccio della fibra ottica, coprirebbe in 10 anni circa 1.200 centri urbani raggiungendo 13 milioni di potenziali utenti. Sarà il Telecom Day, probabilmente il 9 marzo, la vetrina per presentare il progetto e saggiare le reazioni degli analisti.

Il piano al momento è "congelato", subordinato a molte variabili, dovrà essere approvato dagli azionisti, dovrà soprattutto superare lo scoglio più duro rappresentato dall'alto livello di investimenti richiesto e dalle molte incognite sulla loro remunerazione. Al bivio tra una politica di dividendi che premia i piani alti della catena di controllo e la necessità, ormai netta dal punto di vista industriale, di cambiare volto al network fisso.

L'ipotesi dello scorporo della rete d'accesso, anche con l'ingresso di azionisti pubblici e la sua quotazione in Borsa stile Terna, raccoglie consensi perché oltre a garantire piena trasparenza a provider e gestori alternativi potrebbe liberare risorse per far fronte al piano. Ieri, anche dopo le interviste a «Il Sole-24 Ore» del ministro Paolo Gentiloni e di Angelo Rovati, si sono intrecciati commenti diversi: sì allo scorporo ma non con il controllo pubblico dice l'ex ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, mentre per il presidente della commissione finanze del Senato, Giorgio Benvenuto, non serve una società ad hoc. Tra alcuni dei concorrenti intanto, anche se sottovoce, si fa strada un progetto molto più ambizioso: una rete unica, il cosiddetto One Network sul modello delle tlc australiane, aperto a investimenti di diversi operatori. Ma con l'ostacolo in questo caso di individuare una governance equilibrata che non freni le scelte tecnologiche.

Il next generation network

Le stime sui costi per la nuova rete in fibra ottica avrebbero avuto un'evoluzione negli ultimi mesi. La disponibilità di una nuova soluzione tecnologica (i tecnici la chiamano gigabit passive optical network) consentirebbe di trasmettere elevate capacità trasmissive a un gran numero di utenti anche su distanze molto elevate. Ecco che gli oltre 8 miliardi inizialmente preventivati e preannunciati dalla società potrebbero essere contenuti in poco meno di 7 miliardi quantomeno per l'architettura di base, con un costo per singolo collegamento-utente che scenderebbe a 500-550 euro. Il modello verso cui Telecom si orienterebbe, risorse permettendo, è il cosiddetto fiber to the building: in pratica una rete in fibra ottica che si ferma però alla base dei palazzi.

L'ultimo tratto (meno di 200 metri, fino all'abitazione) sarebbe infatti coperto in rame con tecnologia Vdsl2. Un sistema meno costoso del cablaggio integrale, anche se rispetto a quest'ultimo ha prestazioni inferiori. Per questo progetto, comunque, in alcune zone d'Italia dove è scoperta Telecom avrebbe bisogno di affittare fibra anche da altri operatori e, a quanto risulta, sarebbero già stati avviati primi contatti con Fastweb per uno scambio di capacità.
Perché una nuova rete
Stefano Pileri, neo-direttore generale per la divisione Technology, è la mente storica della rete Telecom e, in teoria, se davvero si procedesse a uno scorporo, il candidato ideale a guidare la società del network. Pileri ha spiegato in diverse circostanze pubbliche che la rete va aggiornata per assecondare i nuovi modelli di business: oggi il trasporto della voce impegna la rete per il 25% della sua capacità ma nel 2010 peserà per appena il 10 per cento. Quasi tutta la capacità dovrà essere riservata a servizi in banda larga, dalla tv alla videoconferenza alla telemedicina. Nel futuro c'è una rete interamente basata sul protocollo Ip, che veicolerà anche il traffico telefonico tradizionale.

Oggi Telecom gestisce 24,5 milioni di linee fisse, ma stima che tra meno di dieci anni scenderanno a 20 milioni, per questo i mancati ricavi da accesso dovranno essere compensati con nuovi servizi a banda larga. È un processo irreversibile: Deutsche Telekom si è mossa, France Telecom e Kpn hanno avviato sperimentazioni, At&T e Verizon negli Usa stanno già puntando sulla fibra. Ma sebbene appaia segnata, non è una strada priva di incognite. Un simile piano di investimenti non è facilmente ripagabile entro il 2016, quando tra l'altro nuove tecnologie trasmissive (anche in mobilità, come il wimax) potrebbero prendere il sopravvento. Decisivo, poi, il tema tariffario: una società separata per il next generation network potrebbe sostenersi solo a fronte del riconoscimento di un wacc (costo medio ponderato del capitale) sufficientemente alto e di una remunerazione certa in base a un sistema tariffario prestabilito dal regolatore (sul modello Terna-Autorità per l'energia).

L'accesso

L'Autorità lavora da mesi alla creazione di una divisione separata per la rete d'accesso, stile Openreach in Inghilterra. Un eventuale scorporo, anche con l'ingresso di azionisti a partecipazione pubblica come il Fondo2i, contribuirebbe invece a ridurre l'indebitamento e a sprigionare risorse. Ipotesi che appare alternativa all'ingresso di un possibile partner in Olimpia: Telefonica, ad esempio, sarebbe davvero interessata a una società priva del controllo del network?

In questa fase è fondamentale capire a quale livello di rete avverrebbe la separazione concordata con l'Autorità e quindi il valore da attribuire all'asset. Secondo stime apparse di recente sul notiziario tecnico della stessa Telecom, «la rete di accesso ha un valore di oltre 22 miliardi di euro», molto più di una vecchia valutazione di una banca italiana (13 miliardi) ma anche meno delle stime vicine ai 30 miliardi apparse negli ultimi giorni.

carmine.fotina@ilsole24ore.com

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