16 febbraio, 2007

Articolo su One Network

DAL BLOG DI STEFANO QUINTARELLI

TELECOMUNICAZIONI CONCORRENZA E OPPORTUNITÀ

Evoluzione della rete
È interesse di tutti realizzare una sola infrastruttura condivisa

A Ginevra, alla International Telecommunications Union, si è dibattuto sul futuro delle società di tlc tra delegati di tutto il mondo. Molti i punti su cui c'era unanimità di vedute e il quesito fondamentale è stato: siamo giunti alla fine delle tlc di rete fissa per come le conosciamo? Dovranno evolvere separandosi tra infrastruttura (Netco) e servizio (Servco)?

La rete è una infrastruttura significativa dello sviluppo economico e oltre ai legittimi interessi di azionisti e aziende, è bene interrogarsi anche su quelli del Paese.

A Ginevra è stato osservato che gli operatori monopolisti hanno storicamente fatto pagare molto le telefonate, mentre, per accelerarne l'adozione, hanno prezzato meno la trasmissione dati. Hanno cioè definito i prezzi sulla base dell'elasticità della domanda e non sul costo della materia prima. Una politica autolesionista.

Affinché si possa sostenere una strategia come questa, è necessario che i mercati non siano collegati. Diversamente, avviene un passaggio dall'alternativa più costosa a quella meno costosa, con l'effetto di deprimere i prezzi e quindi la marginalità complessiva dell'operatore. Questo è ciò che accade con la voip (la voce su protocollo internet).

Non è un caso, che nonostante l'Italia abbia la migliore normativa d'Europa sulla Voip, non vi sia ancora l'attuazione pratica consentendo agli operatori di utilizzarla tra loro, e di usare i numeri telefonici predisposti a tal fine. Ma gli effetti, sebbene rallentati, li stiamo osservando comunque con la progressiva sostituzione da parte di tutti gli operatori della strategia di offerta di telefonia basata sulla competizione sulle infrastrutture ("unbundling") a favore di Voip su offerte di tipo "wholesale".

Non sono gli operatori alternativi che non vogliono più investire nell'unbundling, è l'evoluzione tecnologica che spinge a investire nel servizio Voip su linee "naked" (senza canone per il tradizionale servizio di fonia), una fonte di risparmi notevoli per i concorrenti di Telecom Italia.

E non possiamo ritenere di poter esercitare una sovranità nazionale sulla tecnologia e la sua evoluzione; le regole del gioco vengono definite dall'elettronica di consumo che è tutta polarizzata verso l'Asia e quindi le scelte vengono fatte in Corea (nel breve) e in Cina (nel medio); sono i Paesi che dobbiamo guardare per anticipare i trend.

Questa politica di prezzi, autolesionista, porta a un'inevitabile erosione dei ricavi tradizionali per gli operatori monopolisti che tuttora dipendono fondamentalmente dalla fonia per sostenere i loro utili.

Gli operatori vorrebbero tentare di limitare l'erosione di ricavi analizzando, bloccando o discriminando il traffico dati sulla loro rete, un approccio destinato a essere infruttuoso per tre ordini di motivi: di diritti civili e privacy (pensiamo alle intercettazioni telefoniche), di inutilità a causa dell'uso di crittografia e delle "porte" del web (come ha dimostrato skype), di regolamentazione antitrust.

Tentare questi blocchi è un altro errore strategico delle telco, dopo quello dei prezzi slegati dai costi: investire per cercare di limitare l'uso inducendo una scarsità non sostenibile (per i 3 motivi precedenti), anziché aumentare l'uso rimuovendo la scaristà e beneficiare dall'aumento del traffico di trasmissione dati.

Il problema è che questi investimenti sono marginali rispetto a quelli necessari per la manutenzione della rete, e per i quali occorrono comunque risorse che nel giro di pochissimi anni potrebbero non esserci più per effetto della passata politica autolesionista dei prezzi e per la politica dei dividendi che sembra essere stata maggiormente orientata a sostenere il controllo piuttosto che lo sviluppo.
In questo scenario, altamente probabile, dobbiamo interrogarci sull'interesse del Paese.

Le reti di trasmissione dati a larga banda e always on sono un fattore competitivo per un Paese? Se questo Paese vuole innovare, sì.

Ma se gli investimenti non sono remunerabili, come si può fare?

Occorre uno sforzo di politica industriale che traguardi lo sviluppo del principale ambiente di crescita economica (l'Ict in Europa contribuisce al 40% della crescita del Pil) e capire che si tratta di un vero e proprio ambiente, nel quale convivono e operano più soggetti e che è quindi interesse solidale di tutti mantenere e sviluppare.

Va realizzata una sola infrastruttura condivisa, come viene ipotizzato per ragioni di ottimizzazione di investimenti, anche per le reti che distribuiscono i segnali televisivi: One Network con partecipazione degli operatori.

E in questa operazione, alcuni grandi interessi potrebbero tendere a limitare la concorrenza favorendo i pochi sui molti, magari limitando a pochi operatori l'accesso a tecnologie e modalità innovative quali il Wimax e l'Mvno (operatori cellulari che affittano la rete ad altri), i benefici per gli utenti ne verrebbero irragionevolmente vanificati.

Guardando i dati, appaiono prive di fondamento certe affermazioni che vedono operatori di servizi come "operatori di serie B che non aggiungono valore, necessariamente forzati alla scomparsa".

Così infatti non è, come dimostrano gli Mvno che sono 22 in Germania, 19 in Svezia, 17 nel Regno Unito, 15 in Francia e Danimarca, per citarne alcuni.

I 15 operatori danesi servono una popolazione di circa 5,5 milioni di persone; in proporzione in Italia ci potrebbero essere più di 150 operatori mobili, anziché quattro.

La tecnologia consente un'elevata partecipazione al mercato e lo sviluppo di una competizione composta da centinaia di operatori, come dimostra uno studio di Ofcom, l'Autorità di regolamentazione britannica, dove operano 686 Service providers (Servco) che servono il 30% delle imprese britanniche e che, oltre alla connettività venduta, aggiungono un 53% di valore.

Non male per degli operatori che in Italia sono stati spesso chiamati "passivi".

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