15 ottobre, 2007

Ben Ammar: in Telecom i vertici non si toccano


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E I PODEROSI STOCK OPTIONS PERCEPITI CON LA DISTRUZIONE DELL'AZIENDA VERRANO RESTITUITI?

Levata di scudi intorno al management di Telecom Italia. Davanti alla prospettiva di un cambiamento dei manager del gruppo telefonico, con l'arrivo dei nuovi soci raccolti in Telco, Tarak Ben Ammar scende in campo. E lancia un appello forte a difesa dell'attuale management di Telecom Italia: «Una squadra che vince non si cambia» dichiara al "Sole-24Ore". Ma a nome di chi parla Tarak? A nome di Mediobanca, socio di Telecom, a nome dei soci francesi di Piazzetta Cuccia o, ancora, a titolo personale? «Parlo in qualità di membro del comitato di governance di Mediobanca e come rappresentante del gruppo C degli azionisti esteri di Piazzetta Cuccia».
In questa veste, presentata da lui stesso (Tarak non ha citato l'incarico che ricopre nel consiglio di sorveglianza di Mediobanca), il finanziere franco-tunisino passa in rassegna numeri e risultati finora conseguiti dalla squadra operativa formata dal vice-presidente e amministratore delegato Carlo Buora e dal l'ad Riccardo Ruggiero, affiancati dal presidente Pasquale Pistorio. E mette in chiaro: «Il management di Telecom Italia non deve essere cambiato, ma deve essere lasciato libero di lavorare in tranquillità». Per Ben Ammar le motivazioni non mancano: «I risultati sono buoni», precisa, «e l'azienda è in grado di avere un margine di ebitda del 47% sul mercato domestico». C'è ne è abbastanza, a suo avviso, per sostenere che «Non c'è ragione di turbare l'equilibrio del gruppo e del suo management».
Una dichiarazione forte, quella lanciata ieri da uno dei rappresentati di spicco di Mediobanca, socio di riferimento di Telco con il 10,6%, che riporta alla luce la questione irrisolta del futuro assetto al vertice dell'ex monopolista tlc. Un tema su cui non si era più parlato dopo il botta e risposta tra il consigliere delegato di Mediobanca, Alberto Nagel e l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera.
Solo venti giorni fa nell'ambito della presentazione dei risultati annuali di piazzetta Cuccia, Nagel ha dichiarato che l'obiettivo dei prossimi mesi è «rendere Telecom una public company realizzando un tipo di governance che porti a un Cda pienamente indipendente e privo di vincoli strategici o finanziari da parte di soci grandi o piccoli». Una presa di posizione a cui, a stretto giro di posta, è arrivata la risposta di Intesa Sanpaolo, azionista di Telco con il 10,6%. «L'auspicio di tutti gli azionisti è che la Telecom abbia un management forte e un cda forte. E con una governance chiara. Se vogliamo, possiamo chiamarla pure public company», ha detto Passera.
Le dichiarazioni dei due consiglieri delegati, che sono rimaste più generiche (non entrando nel merito del lavoro degli attuali manager del gruppo tlc), sono state interpretate dal mercato come l'inizio del confronto sugli assetti futuri del management del gruppo di telecomunicazioni. Da allora, però, è calato il silenzio, probabilmente anche perché l'attenzione è concentrata sul Brasile da cui dipende l'intera impalcatura dell'operazione Telco, appesa al via libera dell'Anatel, l'Authority per le tlc brasiliana. Ora Tarak Ben Ammar, in veste «di membro del comitato di governance di Mediobanca e come portavoce dei soci francesi di piazzetta Cuccia», ritorna improvvisamente sul tema, dando questa volta una posizione molto più chiara e diretta: Ruggiero e Buora, a cui si è aggiunto lo scorso aprile Pasquale Pistorio, restano dove sono. Bisognerà vedere, a questo punto, se altri soci (della stessa Mediobanca e di Telecom Italia) sosterranno pubblicamente la tesi di Tarak.
Di certo, in un momento tanto delicato per gli equilibri della finanza italiana, i soci francesi stanno dimostrando un maggior attivismo sui grandi temi di potere. E non solo in casa Mediobanca, ma anche nella galassia, dalle Generali a Telecom Italia.

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