N.B. SI TRATTA DI NGN (NEXT GENERATION NETWORK)
«C’è stato un episodio che mi ha convinto definitivamente che il tema della banda larga e dello sviluppo delle nuove reti in fibra, uno sviluppo da accelerare il più possibile, è un nodo strategico. E’ quando, nell’ambito del giro di incontri con tutti gli operatori del settore media e Tlc mi sono visto con James Murdoch, che guida Sky Italia. Mi aspettavo, com’è ovvio, che avremmo parlato di tv. E invece abbiamo parlato come prima cosa di banda larga. Loro ci stanno puntando molto». Paolo Romani, ha il titolo di sottosegretario ed è di fatto il ministro delle Comunicazioni. Ha appena annunciato la nascita di una nuova task force che vuole riunire tutti i soggetti interessati del settore, ma non solo. «Su questo tema ho raccolto molta attenzione dice Anche con Moretti, l’ad di Fs, ne abbiamo parlato a lungo. Anche loro hanno interesse e possono mettere qualcosa nel progetto. Così come le Poste e altri ancora».
Da Telecom agli altri operatori telefonici, gli Internet provider come Tiscali, ma anche Poste, Ferrovie e, naturalmente, il mondo tv: da Mediaset a Sky, in attesa che anche la Rai, con la sua RaiWay entri in gioco («Anche lì una nuova gestione può liberare molte risorse», dice Romani).
La task force di cui parla Romani è già in via di definizione nel disegno di legge 1441 bis che il Parlamento ha iniziato a discutere la scorsa settimana. Sarà un tavolo in cui verranno decise delle priorità di intervento: in quali zone procedere, in che ordine e quanto stanziare di fondi pubblici. Una volta stabilito questo, si farà una gara per realizzare la parte di rete decisa (per esempio, una città del Sud). Chi vince sarà il titolare della rete e l’operatore del servizio. Ma poiché avrà ricevuto una quota di fondi pubblici sul totale dello stanziamento, dovrà non solo aprire la rete a tutti, ma farlo con uno sconto ulteriore del 20% sul prezzo da far pagare agli altri operatori. Quando il traffico prodotto sarà tale da generare utili, allora una quota di questi utili torneranno nelle casse pubbliche a ripagare i fondi iniziali. Un meccanismo che si chiama ‘clawback’, che viene molto sponsorizzato da Bruxelles e che finora è stato usato con successo solo in Scozia e in Svezia. L’Italia sarebbe il primo grande mercato ad imboccare questa strada. In questo modo si dovrebbe sia completare il collegamento in fibra della rete Telecom tra le centrali ancora connesse in rame, sia realizzare le nuove reti di accesso in fibra ottica.
Se Telecom dovesse davvero procedere verso la separazione della rete, il nuovo meccanismo dovrebbe integrarsi senza sforzo nel nuovo scenario. Anzi, sotto certi aspetti sembra quasi fatto apposta.
Quanto ai fondi pubblici utilizzabili, si parte con gli 800 milioni ereditati dal governo precedente e il ministero delle Attività produttive, da cui oggi dipendono le Comunicazioni, è riuscito a salvare dai tagli di Tremonti «Ma li useremo in modo diverso spiega Romani Niente più enti pubblici che diventano proprietari di pezzi di rete. Ritengo che il modello Infratel, che pure ha prodotto qualche risultato apprezzabile, non sia il modo migliore di utilizzare queste risorse. Cercheremo perciò di integrare Infratel nel nuovo meccanismo, così che agli 800 milioni di partenza si possano aggiungere anche i 250 ancora a disposizione della società». (s.car.)
Nessun commento:
Posta un commento