15 settembre, 2007

Rovati: «Nessun complotto né mio né di Prodi»

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14 settembre 2007

«Per me Telecom è una delle migliori società italiane e Marco Tronchetti Provera ha fatto tante cose giuste in questi anni, a cominciare dall'accorciamento della catena proprietaria». Angelo Rovati non serba rancore. L'imprenditore bolognese, che è stato consigliere di Romano Prodi prima di dimettersi per le polemiche seguite alla diffusione del famoso piano che porta il suo nome, ripercorre in questa intervista al Sole-24 Ore i giorni del settembre 2006. Questa è la premessa: «Non ci fu nessun complotto ai danni di Tronchetti Provera né da parte mia né da parte di Prodi. Se ci sono state incomprensioni con il Governo, io non c'entro. Certo, se Tronchetti Provera avesse stracciato i miei appunti e li avesse buttati nel cestino anziché darli ai giornali, non sarebbe successo tutto quel putiferio».

La divulgazione del suo piano fece precipitare la situazione: come andarono le cose?

Tutti gli operatori del settore si lamentavano che la situazione nelle tlc era bloccata, che bisognava investire nella nuova rete e che Telecom Italia aveva tanti debiti. Allora ho provato a buttare giù delle idee, cercando di replicare nelle tlc lo schema di Terna con l'energia elettrica: una rete indipendente e tanti operatori in concorrenza.

È stato accusato di voler espropriare Telecom Italia e di voler rinazionalizzare la telefonia.

Per chi non se lo ricordasse, la proposta era: 70% della rete in Borsa e il 30% a vari soggetti come Cassa depositi e prestiti o fondazioni che garantissero la società da eventuali scalate di soggetti sgraditi, di qualche mafia finanziaria internazionale. Telecom Italia avrebbe incassato 15-20 miliardi per abbattere il debito e avrebbe liberato risorse che oggi servono per pagare gli interessi. Magari avrebbe fatto qualche acquisizione importante. Altro che statalismo. Chissà, forse oggi sarebbe Telecom Italia a entrare in Telefonica e non il contrario.

Perché ha mandato il piano a Tronchetti Provera con il bigliettino di Palazzo Chigi?

Il 3-4 settembre ero a Giannutri. Sulla barca vicino alla mia c'era Giampaolo Zambeletti, un amico di vecchia data che è anche un importante dirigente di Telecom Italia. Gli racconto che ho fatto questo esercizio quando lo chiama Tronchetti Provera. Zambeletti gliene fa cenno. Il giorno dopo Tronchetti mi telefona e mi chiede di mandarglielo. Mi manda un autista a Palazzo Chigi. Prendo il primo bigliettino che trovo e ci scrivo sopra: «Come d'accordo, cordiali saluti». O qualcosa del genere, semplicemente per educazione. La sera mi richiama e mi dice che ci sono cose per lui inaccettabili, che era impegnato per l'imminente incontro con Rupert Murdoch e che ne avremmo riparlato al suo ritorno. L'11 settembre scoppia l'inferno con il piano industriale della societarizzazione di Tim e della rete che, secondo me, andava anche bene. E comunque sono affari di una società privata. Ma il Governo prende posizione e sui giornali compare il piano Rovati: ne avevamo una copia io e un'altra Tronchetti.

Non era un'intromissione?

Per niente. Eravamo d'accordo che glielo mandassi e sarebbe bastato che lo cestinasse perché non succedesse nulla.

Ma era da un po' che si leggevano indiscrezioni sulla volontà del Governo di arrivare alla separazione proprietaria della rete, con la Cdp come principale azionista?

Tutti concordano che la rete della telefonia fissa è un asset sensibile per il Paese. La stessa vicenda dei dossier e dei tabulati illegali dimostra quanto possa essere pericolosa. Ma in quegli appunti non c'era nulla di statalista.

E adesso?

Stanno per entrare nuovi soci. Telecom è una bella società: se fanno le mosse giuste, non ci metteranno molto a far ripartire la macchina. E anche il titolo ne risentirà positivamente.

E' BENE RICORDARE DI UN ANALOGO PIANO TEORIZZATO DA AN, CHE AVEVA INCARICATO DI UNO STUDIO CHIRICHIGNO, PRESIDENTE DI INFRATEL (SVILUPPO ITALIA)CHE DICEVA AL CORRIERE IL 25-09-06 "«Le decisioni sulla rete competono ovviamente ai vertici di Telecom Italia. Però la cessione del network potrebbe rappresentare una buona occasione per il sistema Italia. Infatti è meglio concentrare tutti gli investimenti su un'unica rete nazionale, evitando duplicazioni e sprechi - afferma Chirichigno -. Non una rete pubblica controllata dallo Stato ma piuttosto una rete controllata dai diversi gestori ed eventualmente anche dalla Cassa Depositi e Prestiti. Sono convinto che molti operatori stiano valutando con interesse questa soluzione, che potrebbe contribuire a superare il digital divide e a garantire anche buoni e crescenti ritorni economici agli azionisti»" NON UN E' MISTERO CHE ONE NETWORK SAREBBE LA SOLUZIONE MIGLIORE PER IL MERCATO, MA E' EVIDENTE CHE IN UN CONTESTO DEL GENERE SI APRIREBBE AD UNA REALE CONCORRENZA ANCHE CON OPERATORI DIVERSI DA QUELLI DI TLC.

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