Il problema per Telecom Italia è di essere competitiva nei servizi che offre e nello stesso tempo di risalire la china da un handicap originario: quello di essere stata oggetto di un’opa a debito. Forse solo oggi si comincia ad apprezzare il lungo lavoro dell’amministratore delegato Franco Bernabé che, nell’approntare le reti di nuova generazione, ha cercato e trovato accordi con il Governo, con Fastweb, con le Authority. E’ un notevole passo avanti rispetto al clima di critiche e ostilità in cui si trovava Telecom Italia fino a un anno fa, quando era passata dal “piano Rovati”, alle dimissioni di Marco Tronchetti Provera, alla presidenza Guido Rossi, fino alla lunga trattativa e all’ingresso nel capitale sociale della spagnola Telefonica con la costituzione di Telco. Il vero problema di Telecom è oggi la realizzazione di queste reti di nuova generazione per cui occorrono investimenti di grande portata. Si dice dai quindici ai venti miliardi di euro. E Telecom deve centrare il suo obiettivo in tempi giusti, non può restare in ritardo con altri concorrenti internazionali sul mercato globale. C’è oggi il problema della necessità della fibra ottica, ma anche sui possibili risparmi che si possono fare sull’ultimo miglio usando le frequenze delle stazioni radiomobili, che in gran parte appartengono a Mediaset oltre, in minor numero, alla Rai. Evitando discorsi di ingegneria elettronica, si pensi che nel passaggio dall’analogico al digitale molte di queste frequenze si libereranno e Telecom Italia potrebbe averle a disposizione. Sarebbe tuttavia riduttivo pensare a un discorso comune tra Telecom e Mediaset solo in relazione a un risparmio sul cosiddetto ultimo miglio. La gamma delle sinergie, l’integrazione sempre più forte nel mondo della comunicazione, sotto tutti gli aspetti, se non può portare a una fusione non può evitare quanto meno un necessario collegamento. Telecom e Mediaset sono due mondi che si incontrano inevitabilmente.
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