Tagli all’occupazione, questa la formula proposta dalla classe dirigente del nostro capitalismo “straccione” di fronte alla crisi economica internazionale
A fronte di una produzione industriale in calo del 6,6% le aziende italiane rispondono con un piano di investimenti all’estero e con la riduzione di 10 mila posti di lavoro. Una cifra che sale fino ad oltre 20 mila se si considerano Alitalia, Telcom e Poste.
Ad essere investite dalla crisi è sia il settore pubblico che privato, da Nord a Sud, sia nella grande che nella media e piccola industria. E non ne sono esclusi neanche i servizi. Non si tratta di caro petrolio e calo dei consumi, o almeno non solo. Le cause principali sono da addebitarsi ad una classe padronale che non ha saputo - e voluto - investire i profitti nello sviluppo economico del Paese. Nessuna innovazione tecnologica nei processi produttivi e nei prodotti, nessun adeguamento ai nuovi mercati internazionali, né tanto meno ristrutturazioni aziendali capaci di rilanciare e ricollocare le produzioni e tener testa alla concorrenza mondiale. Anzi, in aggiunta, in alcuni casi ci si trova di fronte a squilibri finanziari e costi strutturali eccessivi.
Si pensi solo al caso Fiat, che mentre ricorre alla cassa integrazione nazionale - quella che lo Stato non gli ha mai negato chiedendogli conto dei profitti incassati in tanti anni - apre impianti nell’Est europeo dove la manodopera si sfrutta meglio e si paga meno. Da ultimo, ha siglato un accordo con il nemico numero uno degli Usa, l’Iran, per avviare un impianto di assemblaggio che arriverà a produrre, a pieno regime, circa 100 mila vetture.
L’elenco degli esuberi è lungo e drammatico. Nel settore degli elettrodomestici si va dalla Iar Siltal (950), alla Electrolux di Scandicci (750), alla Antonio Merloni di Fabriano (600), alla Riello di Lecco (148). E ancora, nell’elettronica sono interessate STM (1.500) e Videocon (1.000), nella comunicazione Eutelia (772), ed infine nell’arredamento, in Basilicata, la Natuzzi (1.200) e la Nicoletti (450). Per arrivare fino alle tre grandi società, a metà tra pubblico e privato: Alitalia (6.000), Telecom (5.000) e Poste (2.000).
E mentre migliaia di lavoratori rischiano il proprio posto di lavoro, c’è chi suggerisce come soluzione alla crisi occupazionale il ricorso ad «un ammortizzatore sociale che accompagni le persone a nuovi lavori, finanziato privatamente da aziende e lavoratori». A proporlo al ministro Sacconi e ai sindacati è Innocenzo Cipolletta, il presidente delle ferrovie dello Stato, che parla di «un sistema di cassa integrazione diverso e senza lo Stato, gestito dalle imprese e dai lavoratori».
Commento del blogger
Un sistema di cassa integrazione diverso dallo stato? dopo aver pagato da sempre la gescal, la cassa integrazione e fino all'ultimo centesimo di TASSE i lavoratori "dovrebbero"pagarsi gli ammortizzatori sociali. Nemmeno MAGGIE nel suo splendore era riuscita ad immaginare una cosa simile, visti i sussidi di disoccupazione ed i corsi di ricollocamento che ancor oggi vengono pagati nel Regno Unito.
Secondo Giorgio Cremaschi, della Segreteria nazionale della Fiom «il taglio occupazionale dimostra che l’Italia è, tra i Paesi industriali, uno di quelli che sta peggio avendo i salari più bassi, le condizioni di lavoro peggiori, gli orari di lavoro più alti». E ancora testimonia che la politica di bassi salari di questi anni non è servita «a creare una tenuta industriale del Paese». Di fronte a questa situazione, continua Cremaschi, «bisogna rispondere, bisogna sapere che c’è un bivio secco. Una è la linea del si salvi chi può e arrangiamoci liquidando qualsiasi elemento di solidarietà sociale. Ed è quella che propongono Governo e Confindustria e su cui temo ci sia il consenso, nei fatti, di Cisl e Uil. L’altra è quella di aprire una fase in cui, accanto alla tenuta dell’occupazione, c’è la difesa del salario e delle condizioni di lavoro. Il rischio più grave della situazione attuale è che provochi un ulteriore sprofondamento dei salari e delle condizioni di lavoro».
ABBIAMO DECISO DI APRIRE QUESTO SPAZIO PER POTER DISCUTERE DEI PROBLEMI E DELL'ORGANIZZAZIONE DEI TECNICI TELECOM CHE OPERANO IN OPEN ACCESS, QUESTO VUOLE ESSERE UN LUOGO DI DISCUSSIONE E CONDIVISIONE DELLA NOSTRA ATTIVITA'.
"Avere un problema e cercare di risolverlo da soli è avarizia, accorgersi che il mio problema è anche di altri e cercare di risolverlo insieme, questo è politica" DON MILANI
14 luglio, 2008
Arrivano 20 mila esuberi. 10 mila nell'industria, altrettanti nei servizi
DA www.larinascita.org
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