10 agosto, 2006

NELL'OCCHIO DEL CICLONE


Intorno a Telecom spira un vento di “italianità” statale

Milano, 10 ago (Velino) - Si poteva ragionevolmente pensare che Telecom non diventasse un brutto affaire. Alla fine, dopo una primavera e un’estate incerta, soprattutto per i conti della società e per il valore del suo titolo in Borsa, il fatto più importante sarebbe stato prendere decisioni operative che riguardassero la gestione del colosso delle telecomunicazioni italiane. Ci si è barricati dietro a comunicati ufficiali, mentre arrivavano voci indistinte su nuovi soci nell’assetto societario e mentre lo stato evidente di sofferenza del management di Telecom appariva su quasi tutti i media nazionali. Nonostante le dichiarazioni e i comunicati, il fatto si sta ingarbugliando, con sullo sfondo un nuovo intervento che ha il sapore dell’interesse dello Stato dopo la cosiddetta stagione delle privatizzazioni (senza liberalizzazione) degli anni Novanta. Che cosa significa in effetti la presa di posizione, riportata ieri con grande enfasi da un quotidiano, del responsabile delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni (“Il governo segue da vicino la questione”)? È una frase tutta da decifrare nel suo avvertimento minaccioso a possibili accordi di Telecom con quello che, si dice, sarebbe il maggior interessato a un affare-annnessione-controllo con la società di Marco Tronchetti Provera. Il personaggio in questione sarebbe il re dei media, il magnate australiano Rupert Murdoch, che serve come il prezzemolo nella minestra paragonandola a ogni stagione di traballamento di qualche società italiana. Insomma, il cosiddetto “squalo” viene sempre presentato come un “Annibale alle porte” che fa spaventare tutti e contro il quale occorre prendere rimedi. Naturalmente, il radicale Daniele Capezzone sente odore di bruciato e mette le mani avanti: “L’ultima cosa che la politica deve fare è sindacare libere operazioni imprenditoriali”. Mentre anche da destra, dall’ex ministro Maurizio Gasparri, viene un monito “all’italianità”. Praticamente piove sul bagnato.

In realtà tutti sanno, e ne parlano, che non si sa bene come sia spuntato il nome di Murdoch con la sua News Corp, a cui fa capo Sky in questa storia di Telecom. È stata Telecom a cercare Murdoch o quest’ultimo a cercare Tronchetti Provera? Sapendo inoltre che non ci sarebbe, in teoria, solo News Corp a essere interessata al gigante delle comunicazioni italiano, ma anche la spagnola Telefonica e la tedesca Deutsche Telekom. Intanto occorre prendere atto delle ripetute smentite di Murdoch in queste settimane, fino all’ultima dichiarazione dei suoi emissari che non cambia molto le cose: “Tra News Corp e Telecom Italia ci sono trattative agli stadi iniziali solo per la fornitura di contenuti”. Ribadite ancora, a chi fa finta di non capire: “Non c’è nulla di serio”. Certo gli uomini di grande finanza, gli “squali” che si muovono sul mercato internazionale, sono pronti a tutte le circostanze e a usare qualsiasi espediente, di cui la menzogna è forse il più banale. Ma il problema è che intorno a Telecom, come avvertiva IL VELINO più di un mese fa, si muovono molti hedge fund Usa che sono pochi controllabili. La sostanza è che qualsiasi investitore sa che una nuova bolla possibile sul mercato sarà quella delle telecomunicazioni e che acquistare titoli di questo genere è come metterli in un cassetto per risparmi a lungo termine. Di fatto quasi il 70 o il 75 per cento del capitale di Telecom è poco controllabile. Allora che cosa si sta muovendo intorno a questo colosso che controlla il 95 per cento della telefonia fissa e l’85 per cento della telefonia mobile?

C’è che la gestione non va bene da mesi e mesi. Solo dall’inizio dell’anno Telecom ha perso in Borsa il 14 per cento e se si fa il calcolo di dodici mesi la perdita arriva al 20 per cento. Oggi il titolo vale poco più di due euro, mentre era arrivato a sei e Tronchetti nella sua scalata era arrivato a “dissanguarsi” con un 4,20 che lasciò tutti stupefatti. La scontentezza regna sovrana nel “principato” di Telecom, anche per via dell’esito della fusione con Tim e per l’indebitamento che è arrivato a 41,3 miliardi di euro. Dire che Telecom è a rischio Opa è un fatto quasi banale. A questo punto, probabilmente sulla base di una privatizzazione fatta male senza un’autentica liberalizzazione, è arrivato l’allarme sul “gestore”. Ed è arrivato per strane vie. Mentre la società continuava a perdere in Borsa, è saltata fuori (come se tutti se ne fossero accorti all’improvviso) la questione delle intercettazioni telefoniche, con un’accusa a Telecom di avere costituito anche un archivio privato. Certo, l’accusa è oggetto di un’inchiesta (che alcuni giudicano un po’ lunga) da cui Telecom può uscire benissimo senza alcuna responsabilità. Ma indubbiamente la “bomba” delle intercettazioni, soprattutto l’uso che se ne fa, è arrivata quasi come il formaggio sui maccheroni nella vicenda Telecom. Anche perché le sequenze sono state impressionanti. Così, tra giugno e luglio, sono arrivate le prime dichiarazioni del governo, per bocca del ministro dell’Interno, Giuliano Amato, che si è dichiarato “esterrefatto” e poi si è chiuso in un silenzio inquietante, mentre tra il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, e il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, si disputava sulle pene da assegnare ai giornalisti che avrebbero pubblicato le intercettazioni.

Amato, a quanto dicono le cronache, si limitava a mediare. Intanto però quattro procure arrivano a scoperte, interrogano manager Telecom, pensano che il contenuto delle intercettazioni avessero un tariffario come al tempo delle indulgenze. E c’è da notare un ultimo fatto che, in tutta le vicenda Telecom e in tutti i suoi aspetti, mai si è sentita la voce della Consob, dell’Antitrust e del garante della privacy. Sembra che adesso il management Telecom chiami la Consbob! Allora l’impressione degli operatori è che si arrivi in autunno (anche se qualcuno parla di settimane) a un intervento di carattere “misto”. Non c’è solo Murdoch, Telefonica, Deutsche Telekom, Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi a interessarsi al vacillante regno di Tronchetti Provera. È invece probabile che, con la scusa delle intercettazioni (che potrebbero benissimo essere regolate come in tutti i paesi del mondo civile) e con la scusa dell’arrivo di Murdoch, si apra un fronte di “italianità” e di “garanzia democratica”. C’è un terreno fertile a sinistra, ovviamente, ma anche nell’altro schieramento. Così, nel rispetto del mercato, si prepara un’altra tutela governativa o statale a una grande azienda.

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