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DALL' ESPRESSO
Da principio, la riunione sembrava dovesse svolgersi già negli ultimi giorni di maggio. Poi si è preferito attendere che venisse completata l'ispezione coordinata da Focaroli. Del resto non è la prima volta che il comitato di controllo affronta questo argomento scottante. Già alla fine di marzo, ai quattro consiglieri era stata sottoposta una relazione del management aziendale in cui veniva riepilogata la posizione del gruppo sul tema delle intercettazioni. In pratica si riaffermava che l'unica attività in questo campo era quella prestata a favore della magistratura. E che gli unici ipotetici abusi erano da ricondurre a interventi esterni sulle strutture periferiche. Secondo Telecom, insomma, erano possibili solo intercettazioni di tipo artigianale mediante l'installazione di apparecchiature di ascolto nelle migliaia di centraline disseminate su tutta la rete telefonica. Il comitato presieduto da Ferrarini era anche stato informato dei nuovi incarichi affidati a Tavaroli dopo il suo coinvolgimento (maggio 2005) nell'inchiesta giudiziaria milanese. L'ex capo della security era stato formalmente dirottato a occuparsi della Pirelli Romania. Allo stesso tempo, come venne spiegato ai componenti del comitato di controllo, Tronchetti Provera, con la "disposizione organizzativa numero 213", aveva disposto che Tavaroli avrebbe curato per il gruppo "l'analisi e l'implementazione delle più opportune iniziative per la prevenzione e la gestione delle eventuali crisi collegate ai rischi di terrorismo internazionale". Quindi, il manager ha continuato a essere il punto di riferimento dei servizi segreti all'interno del gruppo Telecom.
Adesso, rispetto a quell'ultima riunione del comitato di controllo, lo scenario appare profondamente cambiato. A Milano, la Procura è riuscita a decrittare l'archivio informatico di Emanuele Cipriani, l'investigatore privato fiorentino, amico d'infanzia di Tavaroli, a cui per anni Pirelli e la controllata Telecom hanno affidato un gran numero di incarichi nell'ambito della sicurezza del gruppo. Cipriani, titolare dell'agenzia Polis d'Istinto, conservava nel suo computer decine di migliaia di file. Una sorta di enorme schedario in cui sono state raccolte informazioni di ogni tipo, comprese quelle patrimoniali e sul traffico telefonico, riguardanti una fetta importante della classe dirigente del Paese. Lo 007, finito anch'egli sotto inchiesta per associazione a delinquere finalizzata alla violazione della privacy e alla corruzione di pubblici ufficiali, è legato da stretti rapporti d'amicizia non solo a Tavaroli, ma anche a Marco Mancini, il direttore della prima divisione del Sismi, quella che si occupa di controspionaggio e antiterrorismo.
Venerdì 2 giugno, in un'intervista a 'Repubblica', Cipriani ha negato di aver mai ricevuto o passato informazioni a Tavaroli o a Mancini. "Mi rendo conto", ha detto, "che è difficile crederlo, ma è così". Proprio questo è uno degli interrogativi fondamentali attorno a cui ruota l'inchiesta dei pm di Milano. Il sospetto è che negli anni si fosse consolidata una stretta collaborazione tra i tre amici. A tal punto da poter condividere notizie e dati utili alle loro attività. In altre parole, questa l'ipotesi degli investigatori, una parte dell'immenso archivio di Cipriani potrebbe essere stato alimentato dagli uffici della security di Telecom. Come pure un altro flusso di informazioni avrebbe preso la strada del Sismi di Mancini. Di certo il fondatore della Polis d'Istinto ha svolto una gran mole di lavoro per il gruppo guidato da Tronchetti Provera. Un'attività che data sin dal 1997 e avrebbe fruttato almeno 14 milioni di euro, di cui 11 accreditati su un conto lussemburghese. Anche su queste fatturazioni la compagnia telefonica ha condotto un audit interno per verificare l'emissione di regolari fatture.
Nell'intervista a 'Repubblica', Cipriani ha affermato che i compensi non sarebbero stati versati alla Polis d'Istinto, ma a due società con base a Londra: la Worldwide consultant security ltd (in sigla Wcs) e la Security research advisor ltd (Sra). Da un controllo presso il registro societario londinese emerge però che solo la seconda azienda citata risulta effettivamente iscritta e attiva. Della Worldwide consultant security invece non c'è traccia. Neppure tra le ditte cancellate negli anni scorsi. Peraltro, secondo i dati depositati, la Security research advisor presenta un bilancio ridotto ai minimi termini, con attività per poche sterline almeno fino alla fine del 2004, ultimo bilancio disponibile. In questa società non compare il nome di Cipriani. Né tra gli amministratori, che sono due fiduciari con base all'isola di Man, né tra gli azionisti. La proprietà infatti risulta intestata a una finanziaria schermo del Liechtenstein. È possibile, in teoria, che Cipriani facesse riferimento a società registrate altrove, ma con conti bancari e uffici a Londra. Non sarebbe la prima volta. Dalle indagini infatti è emerso che all'investigatore privato fiorentino era riconducibile anche un'altra sigla con sede nel paradiso fiscale delle Isole Vergini britanniche, la Plus Venture Management. Comunque, per capire punti di partenza e di arrivo del denaro, la Procura di Milano, dopo le segnalazioni delle strutture antiriciclaggio dell'Ufficio italiano cambi, ha già avviato una serie di rogatorie.
Società off shore, paradisi finanziari, conti esteri. Ne ha fatta di strada l'indagine sulla Polis d'Istinto di Cipriani cominciata a Milano quasi due anni fa con una semplice denuncia per violazione della privacy. A presentarla fu un manager della Coca- Cola. Si era accorto di essere pedinato e quando erano intervenute le forze dell'ordine ecco la prima strana scoperta. Gli uomini che seguivano il manager erano poliziotti poi risultati in contatto con l'investigatore privato fiorentino. Sembrava una cosa da niente. Ma allo sfortunato dirigente, sospettato d'infedeltà aziendale, qualcuno aveva anche pensato di recapitare in busta anonima un cd rom contenente la registrazione delle sue telefonate. Un po' troppo perché l'inchiesta venisse presa sotto gamba. E, infatti, il lavoro dei magistrati conduce ben presto a nuove clamorose scoperte.
Anche a Roma l'intervento del Garante della privacy che ha portato alla delibera contro Telecom prese le mosse da una storia simile. Il ricorso di un cliente Tim che in brutto giorno del 2005 ha trovato nella casella della posta un plico in cui c'erano i dati del traffico telefonico in entrata ed uscita dal suo cellulare: affari di cuore, sembra. Sta di fatto che da lì parte l'inchiesta dell'Authority. Dai primi accertamenti emerge che quei tabulati non sarebbero stati domandati da nessuno. Nei computer dei vari call center quella richiesta di dati semplicemente non risulta. I tecnici di Pizzetti cominciano così a porsi qualche domanda. E scoprono che in Telecom c'era chi poteva rubare informazioni riservate senza lasciare traccia.
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