ABBIAMO DECISO DI APRIRE QUESTO SPAZIO PER POTER DISCUTERE DEI PROBLEMI E DELL'ORGANIZZAZIONE DEI TECNICI TELECOM CHE OPERANO IN OPEN ACCESS, QUESTO VUOLE ESSERE UN LUOGO DI DISCUSSIONE E CONDIVISIONE DELLA NOSTRA ATTIVITA'.
"Avere un problema e cercare di risolverlo da soli è avarizia, accorgersi che il mio problema è anche di altri e cercare di risolverlo insieme, questo è politica" DON MILANI
28 febbraio, 2011
26 febbraio, 2011
Camusso: «Premier tassato al 12% Perché nostri stipendi al 30%?»
Giustizia fiscale e sociale: l'ha chiesta la leader Cgil Susanna Camusso durante il comizio nel corso del quale ha chiesto le dimissioni di Silvio Berlusconi. «Ieri - ha sottolineato Camusso - il presidente del Consiglio ha ricevuto le cedole delle sue aziende e le ha distribuite alla sua famiglia, questo è legittimo; ma perché quei soldi sono tassati al 12% e le nostre retribuzioni al 30%? Chi è ricco continua ad arricchirsi mentre chi è povero continua a impoverirsi».
Riguardo al decreto 'mille proroghe', Camusso ha detto che «per garantire le quote latte a qualche allevatore leghista si tolgono le risorse per curare chi è malato di tumore». In questo contesto, «i diversamente abili hanno bisogno di venire in piazza per non sentirsi un peso per le loro famiglie», d'altra parte persistono «le consulenze del governo e dei Comuni che costano molto di più e non hanno nessuna efficacia per la collettività».
Intanto, ha continuato la segretaria nazionale della Cgil, «dal Consiglio dei ministri viene la necessità di mettere mano alla giustizia: processo breve, lotta alle intercettazioni, immunità, che hanno a che fare con la condizione personale del presidente del Consiglio». «Ma non c'è solo uno che difende sè stesso - ha rilevato - c'è un governo che dice che si deve abolire la libertà di stampa», mentre «la criminalità organizzata influisce sul governo e sull'economia». «L'idea è mettere il bavaglio al Paese - ha concluso - ma non ci imbavaglieranno, perchè parliamo della vita concreta delle persone».
“Telefonica terrà la quota in Telecom Italia”
Alierta soddisfatto della gestione. Bernabè: la tv generalista non è detto sia strategica
di GIOVANNI PONS
MILANO — Nel giorno in cui la Borsa torna a scommettere su Telecom Italia (più 5,16% le ordinarie a 1,10 euro) grazie al buon andamento del 2010 e alle previsioni fino al 2013, arriva il viatico di Cesar Alierta, presidente di Telefonica e azionista importante del gruppo attraverso Telco.
«Telecom è sulla strada giusta, manterremo l’attuale posizione, sono molto contento di Bernabè e della sua squadra». In mattinata anche Corrado Passera, ad di Intesa Sanpaolo, aveva commentato positivamente i risultati del gruppo telefonico, ponendo l’accento «sulla discesa dell’indebitamento e sul rafforzamento della presenza in Sudamerica ». I giudizi dei due azionisti forti dovrebbero farsi sentire a breve, quando i soci di Telco discuteranno della riconferma o meno del management da proporre all’assemblea di aprile. Il comitato nomine di Mediobanca (preceduto da quello Unicredit) dovrebbe essere convocato nella seconda settimana di marzo e poi Alberto Nagel, Passera, Giovanni Perissinotto e Alierta tireranno le conclusioni. La conferma di Bernabè sembra scontata mentre qualche dubbio vi è sulla riconferma del presidente Gabriele Galateri, ma tutto si farà di concerto e senza strappi, hanno assicurato i protagonisti.
Nella conference call con gli analisti Franco Bernabè ha espresso la volontà in futuro di crescere ancora in Telecom Argentina, se vi saranno le possibilità, e ha chiarito che non è stato ancora pianificato il buy back da 800 milioni annunciato giovedi, non escludendo comunque una conversione delle azioni di risparmio: «Se guardiamo alla nostra struttura del capitale la conversione è una opzione ragionevole ma oggi è prematuro pensare a tale possibilità ha detto l’ad la nostra priorità numero uno rimane la riduzione del debito».
I numeri del piano al 2013 presentati al mercato sembra abbiano soddisfatto gli investitori: è previsto un free cash flow operativo cumulato di oltre 22 miliardi di euro, una posizione finanziaria netta rettificata di circa 25 miliardi di euro a fine 2013 e un incremento annuo del monte dividendi pari al 15%. Bernabè si è dimostrato fiducioso per il futuro dopo tre anni di gestione «senza fuochi d’artificio» che però hanno rovesciato la situazione del gruppo con 4 miliardi di risparmi sui costi e 5 miliardi di debiti in meno. Le pressioni sulla separazione della rete, arrivate negli anni sia dal centro destra sia dal centro sinistra, sono ormai terminate.
L’unica iniziativa che rimane in piedi è il tavolo Romani che però riguarda soltanto le infrastrutture passive di rete, ma la Newco con gli altri operatori dovrà essere finanziata in base alle condizioni di redditività.
Le novità potrebbero arrivare dal fronte della televisione. A una specifica domanda sulla strategicità di Ti Media (che controlla La7 e Mtv) nel futuro del gruppo Bernabè ha risposto lasciando aperte diverse opzioni. «Siamo interessati all’attività dei video in generale perchè rappresenta una delle più forti componenti del traffico su rete. Se ci deve essere anche una Tv generalista vedremo, le competenze non sono strettamente collegate».
La Repubblica 26/02/2011 pag.35
LA BORSA SI ENTUSIASMA (TROPPO) PER TELECOM
E I CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ?
Lo aveva promesso, ha mantenuto l’impegno e la Borsa si è entusiasmata: il titolo di Telecom sale del 5,16 per cento dopo che l’a m m i n i s t ra t o re delegato Franco Bernabé ha promesso agli analisti che i dividendi aumenteranno (dal bilancio 2010 saranno 1,26 miliardi). A un primo sguardo tutto bene, l’utile è raddoppiato a 3,1 miliardi.
Certo, ci sono un paio di dettagli che dovrebbero mitigare l’eccitazione degli investitori. Primo: quando Bernabé parlò dell’aumento dei dividendi per la prima volta, qualche mese fa, contestualmente annunciò che 30 mila dipendenti entravano in contratto di solidarietà per ridurre i costi. Un flusso di denaro diretto dalle casse del ministero del Lavoro, che integra gli stipendi, a quelle di Generali, Intesa e Mediobanca, i soci forti della Telecom tramite Telco. Secondo dettaglio: in Italia Telecom arranca, mentre i soldi arrivano dal Sud America, da partecipazioni come quella in Telecom Argentina, “il 30 per cento del fatturato è all’e s t e ro ”, dice Bernabé. Per gli azionisti i dividendi non hanno bandiera, ma per gli italiani che aspettano da anni novità come la banda larga (il governo non mette soldi) non è una buona notizia.
IL FATTO QUOTIDIANO 26/02/2011 pag. 13
25 febbraio, 2011
COMUNICATO STAMPA
Telecom Italia: SLC-CGIL “Utili di bilancio siano usati per rilancio azienda, riconversioni ed in prospettiva nuove assunzioni”
“I positivi risultati di bilancio di Telecom Italia, anche se dovuti principalmente alla crescita nel mercato sudamericano, devono essere la premessa più che per nuovi e maggiori dividendi, per chiudere definitivamente con una politica di dismissioni e tagli”. Così dichiara in una nota Alessandro Genovesi, Segretario Nazionale di SLC-CGIL.
“Gli utili devono essere utilizzati non solo per diminuire il debito ma anche per rafforzare la competitività dell’azienda a partire dal mercato domestico. In particolare l’azienda dovrebbe ora accelerare sugli investimenti in nuove tecnologie e servizi, accompagnare ciò con un forte segnale sulle reinternalizzazioni di attività pregiate, sulla riconversione e su nuovi bandi per Telecom Italia ed SSC per la riconversione professionale dei colleghi in solidarietà. Occorre oggi accelerare per un riposizionamento delle professionalità presenti in azienda, domani per una loro valorizzazione. In prospettiva anche tornando a parlare di nuova occupazione nell’ambito di tutto il gruppo Telecom Italia. Finora ancora troppo timidi sono stati i passi fatti da Telecom in questa direzione”.
Roma 25 febbraio 2011
Telecom raddoppia l’utile e alza il dividendo
Profitti a 3,1 miliardi grazie al Sudamerica, il debito giù a 31,4. Buy back da 800 milioni
MILANO — Telecom Italia ballail tango e aumenta la cedola. E se per l’amministratore delegato del gruppo, Franco Bernabè, il 2010 è stato un anno di grandi trasformazioni, la nuova faccia della compagnia di Piazza Affari ha sicuramente tratti sud americani. A cominciare dal consolidamento, dall’ultimo trimestre del 2010, della controllata Argentina che ha spinto in alto i conti del gruppo con utili raddoppiati a 3,1 miliardi. Un aumento che senza il Sud America si sarebbe fermato al 18,4%. «Abbiamo accresciuto la nostra presenza in America Latina – ha sottolineano Bernabè – ribilanciando le attività del gruppo rispetto al mercato domestico, migliorando la struttura patrimoniale e recuperando competitività ». Insomma non solo tango, ma anche samba.
Anche perché le attività domestiche sono in continua discesa: sul fronte del fatturato l’incidenza è passata dall’80 al 72,8% che in valore assoluto si traduce in un calo di 1,6 miliardi (-490 milioni la riduzione dell’ebitda casalingo) a 20 miliardi, in presenza di un mercato ormai maturo. In flessione, in particolare, i ricavi consumer (- 11,5%) e business (-5,9%). Un trend che spiega anche la riduzione degli investimenti industriali.
In assoluto sono aumentati di 40 milioni a 4,58 miliardi, ma se in Italia sono calati di 409 milioni in Brasile e Argentina sono arrivati a 1,4 miliardi. A dimostrazione che l’Eldorado di Telecom è sempre più sotto l’equatore seguendo una direzione strategica che ha permesso a Bernabè di raggiungere i target indicati nel piano industriale.
Segnali positivi dal comparto Segnali positivi dal comparto mobile. ridotto del 10% i ricavi a 7,7 miliardi, ma sono tornati a crescere gli abbonati: le linee del gruppo sono circa 31 milioni in aumento dei 162mila unità rispetto a dicembre 2009. Nel dettaglio i ricavi sono aumentati del 2,5% a 27,5 miliardi, grazie ai 798 milioni argentini e all’effetto cambio per l’unità brasiliana. In crescita del 2,7% a 11,4 miliardi l’ebitda. «La capacità di recuperare efficienza – ha proseguito il manager - ci ha permesso di raggiungere gli obiettivi di stabilizzare l’ebitda per il terzo anno consecutivo». I 6 miliardi di free cash flow sono invece serviti per ridurre il debito da 33,9 a 31,4 miliardi di euro.
«Oggi – continua Bernabè – Telecom Italia è un gruppo sempre più solido che può permettersi di guardare al futuro con serenità». Al punto da aumentare il monte dividendi di 160 milioni, portando la cedola per le azioni ordinarie a 5,8 centesimi e quella delle risparmio a 6,9 centesimi. Contestualmente il cda ha anche varato un buy
back da 800 milioni di euro proprio sulle azioni risparmio con l’obiettivo di ridurre i costi finanziari considerando che l’indebitamento ha un prezzo inferiore rispetto allo stacco della cedola.
Pur votando a favore dell’approvazione al bilancio, Luigi Zingales, il consigliere indipendente che in consiglio rappresenta i fondi, si è espresso contro il processo di “impairment test” che valuta il costo dell’avviamento a 43,9 miliardi. Zingales avrebbe preferito che «la società cogliesse l’occasione per effettuare una svalutazione delgoodwill».
Telecom ha inoltre annunciato che nella relazione sul governo societario e gli assetti proprietari fornirà un’informativa sul progetto Greenfield: il rapporto Deloitte sulle cause e le eventuali responsabilità che hanno portato ad alcuni degli scandali che sono nati sotto la gestione Pirelli (Sparkle, Sim False e dossier illegali).
La Repubblica 25/02/2011 pag. 34
22 febbraio, 2011
COMUNICATO SUL 17 MARZO 2011
SINDACATO LAVORATORI DELLA COMUNICAZIONE
17 MARZO FESTA NAZIONALE???
SI, MA PAGATA DAI LAVORATORI !!!!!
Come noto la furia ideologica del governo di destra di questo paese, non esita a colpire il mondo del lavoro senza esclusione di colpi.
Fedele a questo spirito antilavoratori, il 18 febbraio abbiamo assistito ad un altro scandalo della lunga lista che il governo oramai ci ha riservato in questi anni.
Infatti, il 18 febbraio si è riunito il consiglio dei Ministri che in merito alla festività per i 150 anni dell’Unità d’Italia del 17 marzo, ha stabilito che:
Per il solo anno in corso ed al fine di evitare inopportuni aggravi a carico della finanza pubblica e delle imprese private, per il 150esimo anniversario dell'Unita' d'Italia troveranno applicazione gli effetti economici e gli istituti giuridici e contrattuali previsti per la festivita' soppressa del 4 novembre (che solo per quest'anno non esplica i predetti effetti) così da compensarne gli oneri
Al di là dell’esplicita volontà di non far mai pagare nulla alle aziende e tutto ai lavoratori (in politichese “evitare inopportuni aggravi”), quello che è opportuno sapere è che in ogni azienda la festa del 17 marzo sarà pagata dai lavoratori in modo da “compensarne gli oneri”.
Ovviamente anche Telecom applicherà la legge e dovendo sostituire la festività del 4 novembre con quella del 17 marzo, ci troveremo con 8 ore di EF in meno, che andranno a coprire il giorno di assenza per la “festa nazionale per i 150 anni”.
Si tratta dell’ennesima vergogna che questo governo ci propina e che colpisce sempre e solo il mondo del lavoro e che dimostra ancora una volta che dobbiamo fare di tutto per liberarci prima possibile di chi ci toglie diritti, salario e futuro e che rende il popolo italiano lo zimbello del mondo intero.
Firenze, 21 febbraio 2011
21 febbraio, 2011
VIVA L'ITALIA !!!!!!!
Vi ricordate la solennità della festa dei 150 anni per l'unità d'Italia del prossimo 17 marzo?
Ci siamo accorti che tale festa In Telecom verrà "FESTEGGIATA" togliendoci le 8 ore di EX FESTIVITA' relative alla soppressione del 4 novembre.
Con il risultato che sarà una giornata di permesso ain cui dovremmo festeggiare l'unità d'Italia.
Praticamente festeggeremo quell'Importante evento PAGANDOCELO.
Le solite cose di questo chiamiamolo......governo, ti fa fare le cose con i tuoi soldi e
se ne prende anche il merito.......e noi oglioni zitti zitti s'abbozza!!!
A PROPOSITO ma l'amio GHEDDAFI, quello che aveva messo le tende a Roma, quello che aveva intrattenuto insieme ar "BELLO" 200 ragazze, il campione di liberta', quello che ha fatto bombardare la folla a Tripoli ( che omo!! e sò amici...) o che fine ha fatto? Sarà mica ospite in Sardegna?
COMUNICATO 187
L'invivibilità del 187
In queste ultime settimane, come Segreterie Nazionali di Slc Fistel e Uilcom, abbiamo ricevuto da parte delle nostre strutture territoriali e dalle RSU continue segnalazioni che denunciano un peggioramento del clima lavorativo all'interno del mondo 187 che ha portato, soprattutto in alcune Regioni, l'uscita di comunicati di denuncia e l'avvio delle procedure di sciopero.
Mentre da un lato Telecom si assicura il premio come migliore servizio clienti in Italia, grazie al lavoro dei tanti operatori (malgrado l'invivibilità nel settore per colpa di qualche responsabile), le linee operative oltre ad "asfissiare" quotidianamente con i vari sondaggi i lavoratori in maniera sistematica e continua, oltre a rendere sempre più invivibile l’ambiente lavorativo con continue pressioni per il raggiungimento degli obiettivi, arrogano il diritto anche di venire meno al rispetto del contratto nazionale e degli accordi sindacali. Infatti, sembrerebbe che vengano negate il più delle volte le richieste di permessi a vario titolo, quali Mamma-Papà, permessi EF fino ad arrivare in alcuni casi a negare la fruizione dei permessi per la legge 104!!
A tutto questo, dobbiamo aggiungere la mancata applicazione dell'accordo "60/40" che aveva l'obiettivo di dare tramite job rotation la possibilità al lavoratore di alternare attività di Front End a quello di Back Office.
Le Segreterie Nazionali condannano tutto questo, evidenziando un comportamento sempre più scorretto da parte dei responsabili della Linea 187.
Invitiamo immediatamente l'azienda a porre rimedio a quanto sta accadendo all'interno del settore, ed a convocare subito "la Commissione Benessere" sia del “fisso” (MAI CONVOCATA), sia del “mobile” per riaprire la discussione sulla vivibilità interna dei Customer di Telecom Italia.
LE SEGRETERIE NAZIONALI
SLC-CGIL FISTEL-CISL UILCOM-UIL
Roma, 21 febbraio 2011
18 febbraio, 2011
14 febbraio, 2011
Internet e la "banda stretta" il solito bluff targato Romani
STEFANO CARLI
E’ tornato il piano Romani sulla banda larga: il governo aveva bisogno di dare un segnale di vitalità e ha deciso di rispolverare i 100 milioni che serviranno a portare il 100% della popolazione italiana nell’èra di Internet. Ma come regolarmente accade da un anno e mezzo a questa parte, ossia da quando il piano per la banda larga venne lanciato, nel giugno del 2009, è probabile che neanche stavolta i soldi arriveranno, o comunque non tutti: un buon terzo sarebbe infatti già ipotecato per accelerare il passaggio della tv al digitale.
Vale la pena di ripercorrerne un po’ la storia. Questi 100 milioni sono ciò che resta di quello che era l’originario piano lanciato da Paolo Romani nel giugno del 2009 con lo stesso obiettivo di oggi, ossia eliminare il divario digitale, ma con ben altre ambizioni. Allora i milioni erano 1.471. Non arrivarono mai e il piano ritornò rapidamente nei cassetti dell’allora viceministro alle Comunicazioni, respinto ripetutamente dai niet di Giulio Tremonti. Tanto che già nella scorsa primavera Romani giurava che no, il piano non era cancellato ma solo rinviato a tempi migliori per le casse pubbliche ma che forse, comunque, probabilmente, un centinaio di milioni si sarebbero riusciti a sbloccare abbastanza rapidamente. E casualmente sono proprio 100 milioni quelli che riappaiono oggi.
Ma oggi c’è forse una novità: forse stavolta Tremonti davvero potrebbe dare il via libera almeno a queste briciole. Briciole, ovviamente, rispetto agli 1,4 miliardi originari e anche rispetto agli oltre 8 miliardi che servirebbero per dotare l’Italia di una infrastruttura degna di un paese industriale del terzo millennio. Ma quella della fibra ottica è tutt’altra partita.
Dunque, Tremonti stavolta potrebbe aprire davvero i cordoni della borsa. Purtroppo per la banda larga, se così davvero sarà, i soldi sarebbero già parecchi di meno. Perché stando a ipotesi che circolano a mezza bocca in queste ore almeno 30 milioni serviranno a coprire i costi necessari ad accelerare il processo di passaggio della tv al digitale. Il cosiddetto switch off, lo spegnimento del vecchio segnale analogico, doveva concludersi a fine 2012 ma adesso anche Tremonti ha fretta: completare lo switch off significa liberare frequenze. E in special modo al ministro dell’Economia questo serve per poter raggiungere l’obiettivo di svolgere entro quest’anno l’asta per assegnare le frequenze liberate agli operatori di telefonia mobile. Un’asta da cui Tremonti spera di ottenere 2,4 miliardi di euro che ha già contato tra le risorse del piano di stabilità appena varato.
Gli operatori mobili, che sono quelli che mettono i soldi (e qui si parla di soldi veri, non di impegni di spesa e stanziamenti a futura memoria), hanno per una volta fatto fronte comune, forti di questo discreto vantaggio e hanno fatto sapere a Tremonti che non sono neanche disposti a sedersi al tavolo se al momento della gara non avranno la certezza che le frequenze sono libere. Temono di dover intanto pagare e poi assistere al balletto di ritardi, ricorsi, contenziosi con le tv locali che manderebbe all’aria i loro conti.
Di qui la necessità di riuscire a far passare al digitale terrestre tutte le regioni mancanti: tutte le regioni adriatiche a sud dell’Emilia, poi l’Umbria, la Toscana, la Sicilia, la Basilicata e la Calabria.
Tutto rinviato, dunque, per la banda larga e l’azzeramento del divario digitale? Forse no. Forse il governo tra la fine di quest’anno e i primi mesi del 2012 potrebbe comunque presentarsi con un risultato positivo in carniere. Peccato che non sarà stato merito suo ma della Regioni. Che soprattutto al nord non sono certo state ad aspettare i fondi Cipe, i fondi Fas e il federalismo. Sono loro che hanno continuato a lavorare per chiudere il divario digitale, sfruttando quel po’ di fondi rimasti nelle casse di Infratel, ma più ancora fondi «raschiati» dai loro stessi bilanci.
Nell’originario piano Romani, oltre agli ormai mitici 800 milioni che dovevano essere stanziati dal Cipe e che sono stati i primi a sparire e che possono ormai essere dichiarati definitivamente dispersi, e a qualche altro «spicciolo» c’erano due poste particolari: 260 milioni di fondi Infratel e 188 milioni di fondi Fas, ossia i fondi cofinanziati con l’Ue per le zone di sottosviluppo. E quindi più che probabile che i 100 milioni riesumati in fretta e furia da Romani per sua stessa affermazione dai fondi Fas siano una parte di quei vecchi 188.
Quanto ai 260 milioni della dotazione Infratel, quelli in effetti sarebbero stati spesi. O meglio: impegnati. Infratel è una società pubblica. E’ controllata al 100 da Invitalia, l’agenzia per l’attrazione degli investimenti in Italia che fa capo a sua volta al ministero dell’Economia. La missione di Infratel è di «eliminare il digital divide nelle aree sottoutilizzate del Paese, per soddisfare le esigenze di servizio delle pubbliche amministrazioni e per sostenere lo sviluppo delle aree industriali», come recita il suo sito web. Nei fatti si limita a portare la fibra ottica in tutte quelle centrali di Telecom Italia in cui il gruppo di Bernabè non ha mai ritenuto di doverlo fare per manifesta irrecuperablità dell’investimento. Ed erano circa 2900 a giugno 2009.
Ora sono molte di meno perché Infratel, il cui lavoro consiste nei fatti nell’individuare zone di intervento e nel bandire gare, avrebbe nel frattempo impegnato circa 240 milioni della sua dotazione. Che è dunque quasi esaurita. Ma non sarebbero tuttavia per questo esaurite le centrali Telecom prive di fibra. Secondo una stima che circola tra gli addetti ai lavori, se Infratel potesse disporre di tutti i 100 milioni promessi da Romani potrebbe cablare in fibra circa 5600 centrali. E a quel punto, per finire l’opera, ne resterebbero ancora altre 7800.
Comunque sia, anche portando la fibra in tutte le centrali Telecom il divario digitale non si elimina perché in molte di queste gli utenti sono collegati con doppini di rame più lunghi di 2 chilometri e l’Adsl non funziona più. Oppure la distanza sarebbe accettabile ma il rame è così mal ridotto dopo anni di tagli dai bilanci di Telecom dei budget per la manutenzione da essere comunque inadatti.
Ed è qui che intervengono le Regioni.
Si è parlato molto del piano della Lombardia per la fibra ottica, ma la Regione ha in effetti un piano in due parti: quello per portare una prima banda larga di almeno 2 mega a tutti è già partito. La Regione ci mette 41 milioni e ha messo a gara la realizzazione e la gestione dell’infrastruttura: la gara l’ha vinta Telecom Italia offrendo altri 41 milioni di impegno (battendo l’offerta della cordata FastwebVodafoneWind). Infine concorreranno anche qui una ventina di milioni di Infratel. Insomma, con 100 milioni si elimina il divario digitale della sola Lombardia. E questo avverrà tra due anni. Indipendentemente da Romani. L’assegnazione verrà ufficializzata a breve, manca un passaggio poco più che formale a Bruxelles, e poi partiranno i lavori.
Della scorsa settimana è invece l’accordo tra Telecom Italia e la Provincia Autonoma di Trento. Anche qui l’attenzione è stata quasi esclusivamente catturata dalla fibra ottica, che Telecom si impegna a portare nel 60% del territorio e in oltre 150 mila abitazioni grazie alla costituzione di Trentino Ngn, una società a capitale misto aperta anche all’ingresso di altri operatori. Ma il piano della Provincia è più ampio e punta ad eliminare il divario digitale con una rete mista, in cui ai 700 chilometri di fibra si affiancherà una rete in ponti radio fatta di 750 centrali radio e 1.600 punti di accesso su tutto il territorio.
Più avanti di tutti è l’Emilia Romagna che conta di finire i lavori quest’anno. La Regione è andata avanti gradualmente in tutti questi anni attraverso la sua società di tlc, la Lepida, che gestisce già la rete ottica della regione e che si finanzia vendendo accessi a tutte le telecom che glielo chiedono (non connette direttamente utenti privati). «Nel 2010 abbiamo investito 13 milioni e quasi altrettanti ne metteremo quest’anno spiega il presidente di Lepida Gabriele Falciasecca Stiamo realizzando collegamenti wireless fino ai piedi dell’Appennino in modo di arrivare in ogni comune. Abbiamo realizzato una dorsale wireless che va da Piacenza al mare. Entro duetre mesi saremo al 94% di copertura "effettiva" della popolazione e per fine anno saremo al 100%. E già che ci siamo stiamo utilizzando i ponti radio anche per portare il digitale terrestre nei comuni in cui non arriva. O meglio: arriva solo via satellite ma gli utenti così non riescono a vedere né le tv locali né il Tg3 regionale».
AFFARI E FINANZA 14/2/2011
COMUNICATO FONDI SPECIALI
Durante la discussione al Senato del decreto “Milleproroghe” sono stati bocciati gli emendamenti, presentati da alcuni parlamentari, che avrebbero potuto porre rimedio ai gravi danni provocati dalla Legge 122 alle pensioni dei lavoratori elettrici e telefonici.
A nulla è valso il lavoro profuso in questi mesi dal sindacato;a nulla sono valse le migliaia di testimonianze inviate al Parlamento dai lavoratori che, grazie a questo
provvedimento iniquo, vedono gravemente pregiudicato il loro diritto ad una pensione
giusta; a nulla è servito il coinvolgimento delle organizzazioni datoriali di Confindustriache, congiuntamente al sindacato, hanno richiesto un incontro per verificare i correttivi da apportare; a nulla è valso l’aver evidenziato come, senza le opportune modifiche, gli effetti della Legge 122 rischiano di mettere a repentaglio importanti accordi sottoscritti a salvaguardia dei posti di lavoro (accordo Telecom italia).
Sconcertante è stato il silenzio del Governo che, in 5 mesi, non ha trovato il tempo di
incontrare ufficialmente le parti sociali per affrontare il problema.
A questo punto per il Sindacato si apre la seconda fase: contrasteremo in tutti i modi,
a cominciare anche dalla verifica dell’apertura di un ampio contenzioso legale, gli
effetti di questa legge, a tutela degli interessi di migliaia di lavoratrici e lavoratori che rivendicano nient’altro che il diritto ad una pensione giusta.
Le Segreterie Nazionali
Filctem-Cgil Flaei-Cisl Uilcem-Uil
Slc-Cgil Fistel-Cisl Uilcom-UIl
Roma, 14 febbraio 2011
12 febbraio, 2011
04 febbraio, 2011
01 febbraio, 2011
Telecom Italia lascia anche Cuba Bernabé chiude la fase dismissioni
Cedutala quota in Etecsa per706mln$. Intotale
incassi sotto le previsioni. Ora consolidamento
in Brasile e Argentina. In aprile si vota il board
CINZIA MEONI
Per Telecom Italia è ora di guardare avanti. Con la cessione del 27% della cubana Etecsa si chiude per Telecom Italia l’era delle cessioni varata dall’ad Franco Bernabè nel piano industriale del 2008.
L’obiettivo iniziale, quello di raccogliere complessivamente 2-3 miliardi circa, non è stato centrato (ma la vendita di Sparkle è rimasta in stand by a causa delle note vicende giudiziarie). Etesca, infatti, è stata valutata 706 milioni di dollari riconosciuti dalla finanziaria cubana Rafin (500 già versati, gli altri verranno pagati in 36 rate), quasi il doppio rispetto al valore di libro (289 milioni di euro), ma una cifra comunque non sufficiente per agguantare l’obiettivo.
Le diverse cessioni effettuate da Bernabè infatti hanno complessivamente raggiunto all’incirca quota 1,5 miliardi. «Si conclude la fase di dismissioni e di razionalizzazione del portafoglio e si apre oggi una fase diversa che vede le partecipazioni in Brasile e Argentina,di cui abbiamo il controllo diversamente dalle altre partecipazioni che erano finanziarie, con una forte potenzialità di espansione. Questo ci restituisce una prospettiva internazionale».
In Piazza Affari la notizia ha lasciato gli investitori tutto sommato indifferenti. Il titolo tlc ha infatti perso 1,5% e ha chiuso a 1,038 euro (da inizio anno tuttavia il bilancio è positivo: +5,8%). L’annuncio in effetti era atteso da tempo ed era nell’aria anche la valutazione della partecipazione caraibica. Ma a penalizzare il titolo ha concorso ieri un report di JP Morgan che ha inserito il gruppo tlc nella sua short conviction list con una raccomandazione a underweight e un target price a 1,15 euro. «Non mi preoccupano i rapporti», ha tuttavia commentato Bernabè. Gli analisti temono il rallentamento sul fronte domestico e soprattutto l’erosione costante della redditività del mobile.Ma ilmanager, il cui mandato scade con l’approvazione del bilancio 2010, risponde e ricorda come in tre anni il gruppo abbia raggiunto un significativo miglioramento e dell’efficienza, il taglio dei costi di 4 miliardi di euro trasferito integralmente ai consumatori in termini di diminuzione dei prezzi e la riduzione dell’indebitamento vicino, in tre anni, ai 5 miliardi di euro. «Oggi possiamo pensare al futuro su una base solida», ha ribadito al manager. Appuntamento quindi al 24 marzo con il bilancio 2010 e, successivamente, con l’assemblea del 12 aprile per il rinnovo
del cda.
AFFARI E FINANZA 01-02-2011 pag. 6