POSSIBILE CHE I MANAGER SI SPORCHINO LE MANI PER SOLI 72 MILIONI DI EURO DI MARGINE OPERATIVO IN TRE ANNI ?
di S u p e r b o nu s
Ma possibile che a Telecom Italia si sporchino le mani per 72 milioni di euro di margine operativo in tre anni? E’ credibile che Riccardo Ruggiero, l’amministratore delegato di un gruppo di telecomunicazioni che fattura 30 miliardi di euro l’anno, rischi tanto e si perda per un fatturato aggiuntivo (fittizio) di due miliardi in tre anni. A meno che le necessità finanziarie non giustifichino “a aggiustamenti contabili”.
I TRONCHETTI BOYS.
La storia di Ruggiero si intreccia con quella dell’entrata di Pirelli in Telecom e della crescita esponenziale dell’indebitamento: Marco Tronchetti Provera aveva acquistato la Telecom con poco capitale e molto debito e per pagare le banche aveva un disperato bisogno che l’azienda producesse dividendi tutti gli anni. Nelle operazioni di fusione, scorporo e ancora fusione fra Telecom e Tim hanno sempre pesato più le logiche finanziarie che quelle industriali, con l’effetto collaterale che i Tronchetti boys hanno sempre intascato lauti compensi finanziati con i soldi presi a prestito .
CONFLITTO D’INTERESSI.
Nel frattempo l’azienda veniva svuotata, gli immobili di pregio venduti a Pirelli Real Estate e affittati alla stessa Telecom, un conflitto d’interessi mostruoso denunciato più volte nell’assemblea degli azionisti anche da Beppe Grillo. Per mantenere in piedi il castello Telecom aveva bisogno di produrre un margine operativo che rendesse credibile l’indebitamento di 50 miliardi di euro con il sistema bancario. Sono gli stessi anni in cui la security del gruppo schedava (con mezzi illeciti) tutti coloro i quali analizzassero a fondo i conti della società
mettendo in dubbio le cifre ufficiali. Giuliano Tavaroli e compagnia analizzavano la vita privata di avvocati, analisti finanziari e anche privati cittadini (definiti “disturbatori d’assemblea ”) che non si limitavano ad accettare le versioni ufficiali fornite dagli amministratori ma facevano domande scomode che non trovavano risposta.
PERCHÈ?
Solo in questo quadro si possono capire le motivazioni che avrebbero spinto il figlio dell’ambasciatore Ruggiero a truccare i conti, ad aumentare il fatturato e gli utili operativi per essere all’altezza di una situazione finanziaria complicata e un preciso disegno di deprivazione dell’azienda dei suoi veri asset. Ma rimane sul campo la domanda più inquietante: ci si invischia in un affare del genere per soli 72 milioni di margine operativo in tre anni?
Non è forse che la magistratura ha scoperchiato la punta di un iceberg nei conti Telecom che rischia di mettere a nudo il reale stato dei conti del gruppo?
GIOCHI BRASILIANI.
Alcuni analisti finanziari hanno iniziato a guardare più attentamente in quelli che sono i ricavi da interconnessione del gruppo, sono il punto critico dei bilanci di tutte le compagnie telefoniche.
Sono le fatture emesse verso altri operatori di telefonia che possono essere riconosciute o contestate ma che figurano comunque negli utili del gruppo. Sono le fatture che hanno permesso a Telecom Italia Brasile di crescere rapidamente in quel mercato con un fatturato medio per cliente che è il più alto del Sud America. La stessa Tim Brasile dove lavorava Ludgero Pattaro, un signore che è stato accusato dalla Rivista Veja (la più importante del Brasile) di aver consegnato 3,5 milioni di reais (circa 1,5 milioni di euro) in contanti ad un faccendiere che agiva per conto del governo, la stessa Telecom Brasile dove Marco Bonera (dirigente security Telecom) ha ammesso di aver portato 300 mila dollari in contanti per “ricompensare un gruppo di deputati federali amici”. Lo stesso Ludgero Pattaro si occupava dei rapporti con le entità regolatrici in Brasile per i contratti di interconnessione.
Un giro vorticoso di contanti, contatti politici, fatturazioni ed interconnessioni che non può che lasciare perplessi sul conto dei reali conti di Telecom. Il rinvio dell’approvazione del bilancio è un’occasione per Bernabè per fare i conti con gli ex Tronchetti boys ed i loro consulenti, ben piazzati nei ruoli chiave.
IL FATTO QUOTIDIANO 28 FEBBRAIO 2010 pag. 18
ABBIAMO DECISO DI APRIRE QUESTO SPAZIO PER POTER DISCUTERE DEI PROBLEMI E DELL'ORGANIZZAZIONE DEI TECNICI TELECOM CHE OPERANO IN OPEN ACCESS, QUESTO VUOLE ESSERE UN LUOGO DI DISCUSSIONE E CONDIVISIONE DELLA NOSTRA ATTIVITA'.
"Avere un problema e cercare di risolverlo da soli è avarizia, accorgersi che il mio problema è anche di altri e cercare di risolverlo insieme, questo è politica" DON MILANI
28 febbraio, 2010
Telecom, scoperta solo la punta dell’iceberg
A PROPOSITO DI TELECOM MEDIA
CARISSIMO LUCA
Un politico in tv indisturbato per tre ore-tre durante la campagna elettorale? Possibile? Succede a La7,dove, sotto elezioni regionali, il venerdì in prima serata l’on. Luca Barbareschi, quota Pdl, lato An, conduce “Sciock”.
Purtroppo gli ascolti crollano sotto il 2 per cento ma per fortuna (di Barbareschi) ogni puntata, prodotta dalla Casanova, società dello stesso politico, costa circa 400 mila euro: 12 puntate a quasi 5 milioni.
Evidentemente il piano di risanamento della tv del gruppo Telecom, che ora perde “solo” circa 50 milioni, non si preoccupa di valorizzare i programmi prodotti internamente che costano poco e vanno bene, vedi “Omnibus”, “Otto e mezzo”, “L’infedele” o “Niente di personale” (che però non compare nel palinsesto della primavera), preferendo gli appalti a società esterne come Magnolia (“Exit” di Ilaria D’Amico), o Endemol, quella dei programmi di Daria Bignardi, ora in serrata trattativa per un ritorno, o Wilder del talk “Tetris” di Luca Telese dagli ascolti barcollanti, meno di Barbareschi. La scelta dell’attore, secondo fonti azionarie di Telecom, ha rappresentato un riequilibrio richiesto dal Pdl alla tv considerata sbilanciata verso il Pd. Un pericoloso precedente: a quando un “Ignazio La Russa Show”?
D. P.
a cura di Enrico Arosio e Paolo Forcellini
Illustrazione: David Hughes.
Foto: M. Toniolo - Errebi / Agf, A. Casasoli - A3
Dall'espresso di questa settimana pag. 12
CERTO TUTTI QUESTI SOLDI MENTRE CI SONO COLLEGHI DEL 1254 IN CONTRATTO DI SOLIDARIETA', MA L'AD BERNABE' AVALLA TUTTO?Un saluto alla Poppi che ricordo con simpatia.
27 febbraio, 2010
LO SAPEVATE CHE......
ADESSO DOBBIAMO FARE LO STIPENDIO ANCHE A QUESTO QUA'. COME DICEVA IL SENATORE ANDREOTTI " A PENSARE MALE SI FA PECCATO MA A VOLTE CI S'AZZECCA", CHI SCRIVE AGIUNGE " SE AVESSE DOVUTO SUDARE PER MANGIARE A QUEST'ORA SAREBBE GIA' MORTO DI FAME"
Il giornalista, fedelissimo di Berlusconi, al vertice di un settore strategico
La società possiede le frequenze concorrenti di Cologno Monzese, La7 e Mtv
Piero Vigorelli presidente di Timb
L'uomo-Mediaset conquista Telecom
Piero Vigorelli presidente di Timb L'uomo-Mediaset conquista Telecom
ROMA - Nel 1994, quando il centrodestra vinse le politiche, lui festeggiò girando per i corridoi di Saxa Rubra avvolto in una bandiera di Forza Italia. Piero Vigorelli, classe 1944, figlio dello scrittore cattolico Giancarlo Vigorelli, uomo-Mediaset per eccellenza, vicinissimo a Silvio Berlusconi, una lunga e prestigiosa carriera a Cologno Monzese, vicedirettore uscente del Tg5, è stato cooptato alla presidenza di Timb, Telecom Italia Media Broadcasting. Si tratta della società che gestisce gli impianti e le reti analogiche del gruppo. Proprietaria di ripetitori televisivi e delle frequenze in concorrenza con le reti Mediaset, ovvero La7 e Mtv (ma è anche socia al 9% degli svedesi Wallemberg in Dahlia, tv a pagamento che sfida Mediaset Premium). Un punto-chiave, insomma, dell'universo Telecom Italia. Di certo più strategico della direzione del Tg di La7, dove si diceva fosse destinato e dove invece resta ben saldo Antonello Piroso.
La notizia, che circolava da qualche giorno, è stata ufficializzata oggi. Vigorelli farà il manager e si occuperà della parte televisiva del gruppo, soprattutto di La7. Di fatto, con il giornalista, Telecom - che possiede gran parte delle infrastrutture digitali nel nostro paese - fa un altro passo in direzione del presidente del Consiglio.
Chi ha la memoria lunga se lo ricorda negli anni d'oro della Prima Repubblica. Nel 1979 era a Torino, al Congresso del Partito socialista, perché faceva il cronista per il Messaggero ma scriveva anche le sintesi, per le agenzie di stampa, degli interventi dell'onorevole Enrico Manca. Craxiano di ferro (fu l'anima di una corrente, "Svolta professionale", considerata il "braccio armato" dei fedelissimi di Bettino), col quotidiano romano divenne corrispondente da Parigi e in Francia strinse rapporti importanti, tanto che quando Berlusconi tentò l'avventura di La Cinq, fece da mediatore nei contatti con la stampa d'oltralpe. E' stato anche vicesegretario nazionale della Federazione nazionale della stampa italiana.
Lasciato il Messaggero, entrò in Rai ("perché un giorno ho incontrato per caso, al Museo Picasso, Giampaolo Sodano", quest'ultimo all'epoca direttore socialista di RaiDue) e nel 1994 diventò - prendendo il posto di Barbara Scaramucci - direttore della testata giornalistica regionale, cioè l'informazione locale, venti tg per un totale, all'epoca, di circa seicento giornalisti. Anche nella primavera dell'anno scorso il nome di Vigorelli aveva ricominciato a circolare nella riorganizzazione della Rai targata Berlusconi. Per lui s'era parlato di un ritorno alla testata giornalistica regionale nella roulette delle nomine passata alla cronaca e tradotta in polemica perché giocata in casa del premier, a Palazzo Grazioli a Roma.
Ma dai tempi del post-craxismo e del suo ingresso in Forza Italia a oggi, la sua carriera si è consumata tutta in casa Mediaset, dov'è entrato nel 1997, quando la Rai passò dalla Moratti a Enzo Siciliano. Il primo incarico fu di rafforzare la redazione giornalistica di Italia1 (per la rete, Mediaset aveva deciso di puntare sull'informazione), redazione della quale faceva parte, all'epoca, anche Michele Santoro. Curò il rotocalco politico Parlamento In, e quando ne parlò in un'intervista a La Nuova Sardegna spiegò che "il nostro motto è togliere i veli ai fatti e le veline alle idee". Fu vicedirettore di Maurizio Crippa per la testata Videonews, nel 2005 passò alla vicedirezione del Tg5 con delega al programma Verissimo (condotto dal 2006 da Silvia Toffanin, la fidanzata di Pier Silvio Berlusconi), nel 2006 Verissimo passò alla testata Videonews e Vigorelli rimase in carica alla vicedirezione del Tg5. Sua figlia Ilaria lavora nella redazione di Studio Aperto, il notiziario di Italia1.
REPUBBLICA.IT
19 febbraio, 2010
FINALMENTE UNA BUONA NOTIZIA
Ieri sera è stato firmato l'accordo per l'affitto di Phonemedia/Answers con Call&call.
Si è conclusa una vertenza difficile caratterizzata dall'occupazione della sede per più di 100 giorni.
In pratica siamo riusciti - anzi: le lavoratrici e i lavoratori sono riusciti insieme alla CGIL - a buttar fuori la proprietà e garantirsi il futuro occupazionale.Una battaglia durissima, fatta contro una proprietà nota per la volontà di far fallire e mettere sul lastrico aziende sane. Non a caso si tratta della stessa proprietà che sta portando alla rovina migliaia di lavoratori di agile/ex-eutelia.
Con l'affitto dell'azienda, si riparte con il lavoro fin da lunedì, con i primi 120 lavoratori che faranno un corso per riprendere poi a lavorare sulle commesse che siamo riusciti a mantenere nonostante l'impossibilità di lavorare.
Ogni settimana ulteriori 100/120 lavoratori inizieranno i corsi di formazione per essere poi tutti reinseriti in produzione. Durante il periodo di "attesa" prima dell'inizio del corso di
formazione, le lavoratrici e i lavoratori andranno in cassa integrazione
( e per tanti saranno i primi soldi da agosto 2009...)
Ovviamente il morale è alle stelle per una soluzione a cui all'inizio nessuno credeva.
Tanta è stata la solidarietà manifestata dalla città, dal mondo del lavoro e da tanti cittadini comuni: tra questi ci siamo noi di Telecom che ad oggi abbiamo contribuito con circa 6000 euro e tanti "viaggi" di frutta e verdura.
Poi c'è stato l'impegno fondamentale delle istituzioni, il comune, la provincia e la regione che hanno facilitato la vita dei tanti che senza stipendio hanno avuto moltissime difficoltà e hanno lottato contro il governo che invece ha manifestato il solito disinteresse per il mondo del lavoro.
Insomma. uno spettacolo....!!!!
Nei prossimi giorni sapremo meglio tante cose. Per ora godiamoci questo momento.
Ringrazio anticipatamente tutti coloro - e sono tanti... - che hanno contribuito ad aiutare tutte le famiglie in difficoltà.
Come al solito mi trovate al cell se volete scrivere qualcosa ai lavoratori potete usare l'indirizzo mail delle RSU (rsu.answers@answers.it)
ciao
samuele
05 febbraio, 2010
Telecom/ Epifani:Non affidare rete a mercato,governo ci convochi
Roma, 4 feb. (Apcom) - La rete Telecom è un patrimonio nazionale e non può essere affidata al mercato. Lo ha sottolineato il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, commentando le parole del premier Silvio Berlusconi. Epifani ha anche sollecitato il governo ad aprire un tavolo di confronto con le parti prima che venga assunta una decisione sul futuro del colosso delle telecomunicazioni. "Bisogna stare attenti - ha detto Epifani all'Apcom a margine dell'assemblea dei lavoratori Cgil di Bankitalia - pure per il trasporto aereo c'era il mercato. Però il mercato disse che era importante che mantenesse un'identità nazionale. Il mondo delle telecomunicazioni, soprattutto la rete, non è che sia una scelta da affidare solo al mercato". Il numero uno di corso d'Italia ha spiegato che "ci sono fondamentali interessi nazionali e che non si possono usare due pesi e due misure: in un caso intervenire attivamente, nell'altro affidarsi al mercato. E poi magari surrettiziamente favorire altre manovre. Bisogna avere trasparenza e in ragione di questo il governo convochi Telecom e le parti sociali per discutere prima che si prendano decisioni".
WALL STREET ITALIA
Dichiarazione di Emilio Miceli Segretario generale Slc/Cgil
“Le difficoltà del gruppo Telecom sono note a tutti – dichiara Emilio Miceli, segretario generale del Sindacato lavoratori della comunicazione Cgil. La debolezza dell’assetto proprietario ed il peso condizionante della politica hanno prodotto la marginalizzazione crescente di un gruppo che è stato costretto a pagare debiti che non aveva contratto ed a conoscere una crisi strutturale che non aveva generato. Il capitalismo italiano ha dimostrato il suo fallimento portandola ai margini del sistema delle tlc, europeo e globale.”
“Siamo di nuovo ad un punto cruciale ed è necessario che il tema del riassetto proprietario, necessario, non sia una ulteriore tappa del ridimensionamento di Telecom Italia – prosegue il sindacalista. E’ doveroso, in questo momento, chiedere agli azionisti italiani di Telecom di difendere insieme gli interessi più generali del paese e quelli del gruppo.”
“Il tema della rete è in queste ore, in questi giorni, questione decisiva di valore strategico ed il governo ha il dovere di esprimere una posizione chiara in grado di sostenere lo sviluppo e la modernizzazione del paese.”
“Gli azionisti di Telecom devono assicurare una rete realmente aperta a tutti gli operatori, gli investimenti per renderla efficiente, cosa che al momento non è, e le risorse per realizzare la rete di nuova generazione. C’è bisogno, quindi, di una regolazione severa dell’accesso alla rete.”
“L’Italia ha bisogno di garanzie certe e non di pasticci – conclude Miceli. Non esiste in Europa e nel mondo un operatore di riferimento che non disponga della rete e l’Italia non ha bisogno di soluzioni ancora una volta tristemente originali. Sono in gioco migliaia di posti di lavoro e le prospettive di tanta parte dell’economia. Evitiamo di aggiungere danni al danno già commesso.”
Roma, 2 febbraio 2010
Scajola e i vertici di Telecom decidono di prendere tempo
Il presidente del Consiglio su Telefonica:
«Siamo un Governo liberale e in libero mercato»
GAIA GIORGIO FEDI
In giorni di smentite che confermano,anche ieri il copione della politica su Telecom Italia si è ripetuto: nessuno ha ufficialmente parlato di via libera alle nozze con Telefónica mentre è stato ribadito che la rete è strategica. Il primo a parlare, inmattinata, è stato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: pur tornando a confermare di non avere ricevuto «nessuna proposta, nessun progetto » sull’integrazione italo-spagnola, il premier ha sottolineato che «siamo un Governo liberale e viviamo in un’economia di libero mercato ». Dopo le parole di Berlusconi, il titolo Telecom ha immediatamente accelerato in Borsa (poi ha virato in negativo a causa del crollo del mercato, limitando comunque la perdita all’1,81%), avvalorandone l’interpretazione come una sostanziale dichiarazione, se non di via libera, almeno di non ingerenza sulla possibile fusione. Tuttavia, poco dopo il sottosegretario all’Economia Luigi Casero, durante un’interrogazione alla Camera, ha ventilato il possibile ricorso da parte dell’esecutivo alla golden share, sottolineando subito dopo che la «rete è strategica». Un ritornello che viene ripetuto, con parole identiche, da diversi giorni, avvalorando l’ipotesi che sia ormai quello il nodo principale sul quale si tratta per ottenere il via libera di Palazzo Chigi alla fusione con Telefónica. Tant’è che, appena qualche ora dopo, il concetto è stato ribadito anche dal ministro Claudio Scajola, dopo l’incontro con l’ad Franco Bernabè e il presidente Gabriele Galateri. Il ministro ha detto che si è parlato della necessità di sviluppare la rete di nuova generazione, e che il Governo manterrà l’impegno di superare il digital divide sulla banda larga.
Dichiarazione vaga, ma non incompatibile con l’ipotesi di scorporare la rete Telecom in una newco, aprirla ad altri investitori e far finalmente decollare la Ngn. Quanto ai rapporti con gli spagnoli, a Scajola è stato detto che Telecom prosegue «nella realizzazione del proprio progetto industriale, comprese le sinergie con Telefónica» e che il Governo sarà informato tempestivamente «di ogni elemento che ne dovesse modificare il corso».
FINANANZA E MERCATI VENERDI 5 FEBBRAIO PAG 7
Le pressioni su Bernabé
di Alfredo Faieta
Per l’amministratore delegatodi Telecom Franco Bernabè suona la campana dell’ultimo giro? Dopo le fiammate in Borsa e le ridda di voci sul via libera governativo a un’integrazione tra Telecom Italia e la spagnola Telefónica, che costringerebbe il manager all’uscita, il governo sembra far quadrato intorno alla società italiana. Prima il sottosegretario all’Economia Luigi Casero, rispondendo a un’interpellanza di Paolo Gentiloni, Pd, alla Camera,ha ricordato che “qualora dovessero verificarsi i presupposti per la concreta realizzazione dell’operazione di
integrazione si potrà valutare, d'intesa con il ministro dello Sviluppo economico, se e in quale misura esercitare i relativi poteri speciali” derivanti dalla golden share, tuttora considerata valida nello statuto della società nonostante l’opposizione dell’Ue. Poi lo stesso ministro Scajola, al termine dell’incontro con l’ad Bernabè, programmato già da tempo e incentrato sul piano industriale, ha ribadito in una nota che l’infrastruttura della rete è “strategica per lo sviluppo del paese” e che “vanno assicurati nel tempo gli interventi necessari per garantire a tutti i cittadini l’accesso alla banda larga, superando il digital divide”. Quindi gli investimenti in quel campo non dovranno venire meno, qualunque sia l’assetto di controllo del gruppo. Lo stesso Scajola l’altroieri aveva affermato alle maggiori agenzie di stampa internazionali, mentre i mercati erano in piena euforia da fusione, che Telecom è una “società privata”, in grado di “agire liberamente” senza che il governo intervenga su questioni che riguardano i suoi assetti di controllo. E queste dichiarazioni sono state rafforzate dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che ieri ha detto: “Non ho avuto ancora nessuna proposta e nessun progetto che riguarda Telecom: per quanto riguarda la sostanza di una qualche proposta ricordo che siamo un governo liberale ”. Il messaggio sembra quindi essere che il governo è pronto ad “autor izzare” un’integrazione tra le due società, nella pienezza delle regole del mercato, solo a condizione che gli impegni per lo sviluppo e l’ammodernamento della rete siano cogenti. Se Bernabè, convinto assertore dell’indipendenza della società italiana, non è d’accordo, può sempre andarsene.e vai, lo trattano come fece baffino
Il Fatto Quotidiano venerdi 5 febbraio pag 10
03 febbraio, 2010
Affare Telecom - Telefonica. Quell'italianità a giorni alterni
Nel caso Telefonica-Telecom c’è qualcosa che sfugge. Un non detto. Che è questo: perché il governo ha speso tre miliardi di euro per ritardare la cessione di Alitalia ad Air France, in nome della difesa dell’italianità, e, invece, nulla muove contro l’ipotesi di un passaggio dell’ex monopolista dei telefoni agli spagnoli guidati da Cesare Alierta? Di certo Alitalia non è meno strategica di Telecom. Un vettore che fa rotta sull’Italia lo si trova sempre. Ryanair nel 2010 raggiungerà i 22 milioni di passeggeri e supererà la malandata compagnia di Roberto Colaninno. Una società che investe pesantemente in tecnologia, be’, quello, invece, è più difficile. Telecom è una grande società. Fa ricerca come nessun altro in Italia. I suoi livelli di investimento superano dieci volte la media nazionale, ed è un calcolo per difetto. Tra l’altro presidia un settore che non è proprio di nicchia. È vero, come ci ricordano ogni giorno gli analisti, che il mercato delle telefonia mobile è saturo, ma è anche vero che in una «società di informazione» come la nostra un paese industrializzato non può permettersi di perdere terreno. Inoltre, Telecom possiede un bene fondamentale per uno Stato: la rete. A chi andrà? Non è un aspetto secondario. Sulla rete, pagata tra l’altro da tutti noi, transita ormai la crescita del Paese. Telefonia, Internet, banda larga, non è ipotizzabile pensare uno sviluppo senza ampliare e investire proprio sulla rete telefonica. È chiaro che un eventuale arrivo di Telefonica alla guida di Telecom non è un fatto drammatico. La compagnia spagnola non azzererà quello che fin qui è stato costruito. Ma resta il dubbio su cosa farà in caso di necessità. Per capirsi, in vista di un’altra grande crisi economica, che negli ultimi anni si intensificano come le piogge d’autunno, quali saranno i lavoratori che verranno sacrificati per primi? Quelli spagnoli e quelli italiani? E dove Telefonica tirerà la cinghia, ridurrà gli investimenti, dimezzerà gli organici? In Italia o in Spagna? Non è la prima volta che una multinazionale estera decida di abbandonare un settore di produzione in Italia. È successo per le società a più basso contenuto tecnologico, come la ThyssenKrupp tanto per fare un nome, ma è stato anche il caso di società fortemente specializzate, come la Ericsson-Marconi di Roma. Allora, di dubbio in dubbio, si torna all’argomento di partenza. Perché Alitalia sì e Telecom no? Forse, si potrebbe ipotizzare, perché Berlusconi da questa operazione ha da guadagnare. Come? In primis con uno scambio. Telefoni italiani, contro televisioni spagnole. Telefonica in Italia, Mediaset in Spagna. Ma, cosa più importante, entrando nella partita della gestione della rete. Se sarà scorporata, come si dice, Mediaset potrebbe avere voce in capitolo nei nuovi assetti. La voce del padrone.
03 febbraio 2010
UNITA' ONLINE
02 febbraio, 2010
DE', METTETEVI DACCORDO PRIMA....
“In merito alle presunte rivelazioni di Repubblica che individuano palazzo Chigi coinvolto nella vicenda Telecom, la presidenza del Consiglio smentisce nella maniera più totale: nessun incontro, nessun contatto, nessun paletto come riferito nell’articolo”.
Telecom: Galateri, Prossima Settimana Incontri Con Scajola - Yahoo! Finanza.
(ASCA) - Pordenone, 1 feb - ''Gli incontri con il ministro dello Sviluppo, Claudio Scajola, sono previsti nella prossima settimana''. Lo ha precisato il presidente di Telecom Italia (Milano: TIT.MI - notizie) , Gabriele Galateri di Genola, rispondendo ai giornalisti a margine di un convegno a Pordenone. ''Discuteremo diversi temi di Telecom - si e' limitato a precisare Galateri - compresi quelli strategici''.
thanks to stefano