10/11/2011
La fine del governo Berlusconi, delle sue politiche di divisione sociale, di attacco al lavoro, di penalizzazione del lavoro pubblico e delle autonomie locali è uno straordinario e positivo risultato per il Paese ed è frutto non solo del giudizio di non credibilità sancito dai mercati in questo periodo ma soprattutto della lunga stagione di lotte del lavoro e sociali che hanno attraversato il Paese in questi anni di cui la CGIL è stata a pieno titolo soggetto fondamentale.
La crisi mondiale all’origine della crisi europea e nazionale dispiega ancora i suoi effetti e dimostra, in particolare in Europa, che non si può sacrificare la democrazia ed inseguire ricette finanziarie e liberiste.
I ritardi europei e l’assenza di un governo politico sono parte della drammatica crisi che il Paese vive in queste ore.
Ciò nulla toglie alla responsabilità del governo Berlusconi che ha reso oggi il nostro Paese non credibile, inadeguato, incapace di reagire e sottoposto a commissariamento e tutela.
Proprio per questo la CGIL ritiene che il corretto epilogo della crisi di governo aperta sia il ricorso alle urne.
La drammatica situazione, la pressione europea e internazionale nei confronti del Paese impongono che non sia l’attuale governo dimissionario a guidare il Paese alle elezioni.
A questo fine la CGIL pensa che sia necessario un governo di emergenza, di transizione e di garanzia del Presidente della Repubblica che possa affrontare il problema del ripristino della nostra credibilità internazionale.
In questo senso una nuova credibilità richiede che sia dato subito un segno di discontinuità attraverso equità fiscale (patrimoniale) e l’attenzione al lavoro, a partire dai giovani.
La CGIL cosciente che ancor di più in queste ore va dimostrato il senso di responsabilità del Paese mette a disposizione le sue proposte (contromanovra presentata in occasione dello sciopero generale dello scorso 6 settembre) ed intende, anche con la mobilitazione del 3 dicembre, ribadire la centralità del lavoro, condizione per delineare un futuro diverso da quello che le politiche berlusconiane hanno tracciato, determinando un pesante costo che oggi è sulle spalle dei cittadini italiani ed in particolare delle nuove generazioni.
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