20 novembre, 2009

IL FATTO QUOTIDIANO 20 - 11 - 09


A Berlusco’
ricordati degli amici
di Marco Travaglio
Ha fatto bene l’astuto D’Alema a fidarsi della
parola di Berlusconi, che si era solennemente
impegnato a sostenerlo ventre a terra per la
nomina a “Mister Pesc”, cioè a ministro degli
Esteri d’Europa. Infatti è passata la baronessa laburista
inglese Catherine Ashton. Si consuma così l’ennesimo
trionfo politico di Max che – fra la Bicamerale, il
minigoverno con Cossiga & Mastella, le poltrone
sfumate di presidente della Camera e della Repubblica
– ha collezionato più fiaschi di una cantina sociale. Ma
continua a passare per un tipo “molto intelligente”, a
prescindere. Non ha ancora capito che l’inciucio
all’italiana funziona sempre a senso unico: è un “do ut
des” dove si notano soltanto i do della sinistra, e mai i
des del Cavaliere. Infatti il centrosinistra ha
resuscitato tre volte l’ometto morente, il quale invece
ha sterminato una dozzina di leader del centrosinistra.
E quello che non è riuscito a sconfiggere, Prodi, glielo
ha gentilmente fulminato il centrosinistra due volte su
due. Ora, per somma beffa, il Pdl si accinge a ritirare la
ghedinata del processo breve, anzi morto, per
sostituirla con il geniale disegno di legge
Finocchiaro-Calvi, presentato e fortunatamente non
approvato alcuni anni fa, che sortisce lo stesso
risultato: ammazza sia il processo Mills sia il processo
Mediaset. Invertendo l’ordine degli schieramenti, il
prodotto non cambia. In fondo a che altro serve il
centrosinistra in Italia se non a salvare Berlusconi? Chi
scriverà la storia di questi 15 anni non potrà
prescindere dalla gag di Corrado Guzzanti nei panni
di Rutelli con la voce di Sordi: “A Berlusco’, so’ anni
che te portamo l’acqua co le orecchie, che ce voi pure
‘a scorzetta de limone? A Berlusco’, ricordate degli
amici, ricordate de chi t’ha voluto bbene”. Archiviato
Berlinguer come un nonnetto un po’ rinco a causa del
suo patologico senso dello Stato, il centrosinistra ha
assorbito tutto il peggio delle culture anti-statali e
anti-legalitarie dei gruppettari anni 60 e 70: le stesse
che avevano portato naturalmente i vari Sofri, Boato,
Liguori, Marcenaro, Panella, Briglia dalla sinistra
extraparlamentare a Craxi e molti di essi da Craxi a
Berlusconi (non a caso, Boato era relatore per la
giustizia in Bicamerale, e andava d’amore e d’a c c o rd o
con Gelli e con Previti). Poi le ha mescolate con il
giustificazionismo piagnone dei cattocomunisti e con
l’antica avversione dei cattolici integralisti e papalini
allo Stato risorgimentale. Il nemico è sempre quello:
la legge e chi la fa rispettare. Ieri, ad Annozero, Vauro
ha giustapposto le sparate contro la giustizia italiana
di Cesare Battisti e di Silvio Berlusconi: assolutamente
intercambiabili. “In Italia la giustizia non è al di sopra
delle parti e l’opposizione vuole vincere le elezioni
tramite la magistratura” (Battisti, Il Giornale,
5-11-2009). “Vedo una democrazia in libertà vigilata
sotto il tacco dei giudici politicizzati” (Berlusconi alla
Confesercenti, 25-6-2008). “Consegnarmi alla
giustizia significherebbe consegnarmi nelle mani dei
miei avversari politici” (Battisti, Agi, 10-11-2009).
“Sono oggetto di un’inaudita catena di inchieste
giudiziarie segnate dal più ostile e prevenuto
accanimento” (Berlusconi, 29-1-2003). “Riaffermo la
mia condizione di perseguitato politico” (Battisti,
30-1-2009). “Sono l’uomo politico più perseguitato”
(Berlusconi, 10-10-2009). Uno è un delinquente
comune, condannato per quattro omicidi e coccolato
da mezza sinistra europea. L’altro è il premier italiano
e leader del centrodestra. Parlano la stessa lingua. Solo
che Berlusconi ha chiesto l’estradizione di Battisti per
sbatterlo in galera. E Battisti non ha mai pensato di
usare le frasi di Berlusconi per convincere i giudici
brasiliani che i loro colleghi italiani sono “matti,
mentalmente disturbati, e antropologicamente diversi
dal resto della razza umana”. Uomo di poca fede.

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