13 novembre, 2006

ESTRATTO DALL’AUDIZIONE DI CORRADO CALABRO’ ALLA VII COMMISSIONE LL.PP. COMUNICAZIONI, del 18,10,2006.


Tra gli argomenti trattati dal Presidente dell AGCOM in relazione al mercato delle TLC e al riassetto del gruppo Telecom, i passaggi fondamentali sono da ricercarsi nei punti che seguono e che dovremo affrontare in sede di confronto con Telecom Italia nei prossimi 12 mesi, quali lo spin off della “RETE DI ACCESSO” ( da stabilire il perimetro) la costituzione della nuova societa’, la dotazione patrimoniale di “start up”, la nomina del management , gli obbiettivi e gli investimenti ( questi concordati assieme all’AGCOM ed al ministero? Che fine fara’ NGN e da chi e come sara’ finanziata ?), ed in un secondo momento gli organici, i parametri di produttivita’ e INQUADRAMENTO.
Nel resto del testo verranno apposte in corsivo e grassetto alcune note relative all’interpretazione operativa di Calabro’.



6. I nuovi scenari e la separazione della rete

Dall’esposizione svolta può evincersi, a nostro avviso, che l’Autorità ha sempre tenuto correttamente la barra sulla rotta istituzionale, senza sbandamenti di sorta. Lo svantaggio di cui Telecom risente è quello ineludibile della puntuale regolazione alla quale è sottoposto l’operatore che ha il dominio della rete.
Questo svantaggio è divenuto via via più avvertibile col diminuire dei profitti
derivanti dalla telefonia fissa e da quella mobile. Nel contempo, come ho detto, l’avvento delle reti di nuova generazione, tutte basate sul protocollo internet, rende sempre meno utilizzabili gli strumenti consueti e mal tollera l’impaccio dei tradizionali vincoli. A tutt’oggi le regole comunitarie (e di conseguenza quelle nazionali) mirano a correggere quelle strozzature (cd. bottlenecks) competitive che si creano sulle reti esistenti. Il problema delle nuove reti è invece quello di definire regole per lo sviluppo futuro delle infrastrutture e quindi del settore. Occorre che la cosiddetta variabile regolatoria sia tenuta in conto nella progettazione di queste reti. Le architetture devono essere aperte, soprattutto per quanto riguarda il segmento dell’accesso, e devono garantire l’effettiva parità di trattamento a tutti i soggetti presenti sul mercato. Questa intuizione è alla base della Communication Review dell’OFCOM, il regolatore britannico, che ha portato ad una effettiva separazione funzionale della rete di accesso dell’operatore incumbent, British Telecom, in una divisione separata denominata OPENREACH, caratterizzata da una gestione indipendente, sia nella definizione del board di controllo sia nella determinazione degli aspetti di incentivazione del management. Nell’incontro con i rappresentanti di OFCOM avvenuto a Roma nei giorni 20 e 21 aprile 2006, abbiamo approfondito questo modello, al quale per suo conto e di sua iniziativa risultava che Telecom avesse rivolto la propria attenzione; peraltro, a un livello di esame assolutamente preliminare.
Si tratta indubbiamente del modello più evoluto che ci sia in Europa, al quale quindi seguendo il metodo delle best practices, dimostratosi così utile per il miglioramento e il progressivo avvicinamento delle regolazioni delle varie Autorità nazionali, appare opportuno guardare, pur tenendo conto delle particolarità di ciascun Paese.
E’ stato per questo che nella mia Relazione al Parlamento del 20 luglio scorso ho
pubblicamente rivolto a Telecom Italia l’invito a “fare un passo avanti sulla strada della separazione tra servizi regolati e non regolati, agendo sulla funzione di governance e di controllo indipendente”, e soggiungendo che “l’esperienza internazionale mostra che questo percorso è più efficace quando l’operatore stesso prende impegni vincolanti”.
[è bene chiarire quali sono i servizi regolati all’interno delle varie strutture aziendali, visto che questi rappresenterebbero il confine della confluenza nella società costituenda]
A questo riguardo la legge Bersani, prevedendo la sanzionabilità della
inottemperanza agli impegni assunti dinanzi all’Autorità, ha ora accresciuto l’ambito di applicazione e l’incisività dei nostri poteri.
L’invito ha incontrato buona accoglienza nel mondo delle telecomunicazioni, nel
quale è stato generalmente anche condiviso il giudizio, da me espresso, che la maggiore trasparenza che ne sarebbe risultata sarebbe valsa altresì “a togliere asprezza al contenzioso ingeneratosi, hic et inde, tra l’operatore dominante e gli operatori alternativi”.
A questo appello ha dato un’esplicita risposta il Presidente Guido Rossi nell’incontro che il Consiglio di questa Autorità ha avuto con i vertici di Telecom Italia il giorno 20 settembre; risposta poi rilanciata pubblicamente dal Presidente Rossi nella sua audizione del 27 settembre scorso, dinanzi a questa Commissione, nella quale ha dichiarato che il Consiglio di amministrazione di Telecom Italia “ha deliberato il percorso verso la creazione di una società separata che contenga la rete di accesso” e che “in questo modo la trasparenza garantita al regolatore sarà massima: le transazioni con il resto di Telecom Italia entreranno nei cicli di fatturazione e saranno esposte nei bilanci. Nella definizione dei contorni di questa nuova società, così come nel recepimento delle altre indicazioni che l’Autorità civorrà dare, il nostro atteggiamento sarà improntato al massimo spirito di collaborazione con il regolatore”.
Abbiamo quindi iniziato a lavorare concretamente nella direzione di una effettiva
separazione funzionale delle attività chiave della rete fissa per garantire parità di trattamento nelle reti di nuova generazione, costituendo, lo stesso giorno 27 settembre, una task force che funga da interfaccia tecnica con Telecom approfondendo le ipotesi regolatorie da sottoporre poi all’esame del Consiglio.
[sarebbe opportuno sapere se in questa fase sono state informate le OOSS nazionali, risultano evidenti le implicazioni politiche ed occupazionali che la creazione della società avrebbero, ci risulta che in fase di costituzione di OPENREACH BT, assieme a BT e OFCOM era presente anche il sindacato CONNECT*]
Sarà un percorso lungo e complesso (durerà almeno 12 mesi) ma faremo di tutto per comprimere i tempi. Capisaldi della separazione sono l’equality of access – ossia l’eguaglianza di tutti gli operatori, compresa la divisione commerciale di Telecom Italia, nell’accesso alla rete locale dell’incumbent [societa’ costituenda ndr.] – e quindi la replicabilità dei servizi, nonché l’incentivazione agli investimenti per il miglioramento delle infrastrutture trasmissive. In questo contesto, tutti gli operatori, in primis Telecom Italia, saranno più liberi di operare, investire e competere, a parità di condizioni, nei mercati a valle dell’offerta di servizi integrati di comunicazione agli utenti finali.
Non sembra che abbiano ragion d’essere alcune preoccupazioni che sono state
adombrate a tal riguardo. La nuova organizzazione e le correlative misure regolatorie non avranno di per sé effetti deprimenti né sulla capacità competitiva né sulla forza finanziaria di Telecom Italia: vorrei evidenziare che British Telecom -che, come detto, è stato sottoposto alla medesima misura regolamentare- è l’unico tra i grandi carrier europei il cui titolo borsistico si è apprezzato nel corso dell’ultimo anno. Inoltre, la separazione funzionale dell’ultimo miglio appare essere il solo modo -specialmente in Italia in cui l’intero settore dipende dalla rete di accesso dell’incumbent- per assicurare la tutela della concorrenza e, al contempo, promuovere gli investimenti nelle reti. Continuare con il “vecchio” approccio di estrema parcellizzazione dei mercati da regolare, vorrebbe dire non tener conto dell’evoluzione tecnologica e di mercato; imboccare una nuova strada di deregulation a favore del campione nazionale (secondo la tentazione che serpeggia in qualche Paese) rappresenterebbe un passo che ci farebbe tornare indietro di dieci anni sul piano della trasparenza e della concorrenza. In entrambi i casi si avrebbero effetti negativi per i consumatori, per la produttività dell’incumbent e dell’intero settore e soprattutto per la tenuta del nostro sistema economico.


7. Le nuove prospettive: le reti per la larga banda

La mia esposizione non sarebbe completa se non toccasse anche altri due argomenti: il ruolo che la larga banda può svolgere per lo sviluppo economico del Paese e l’esigenza di una regolamentazione quanto più possibile omogenea in Europa.
Nella larga banda la situazione d’incoraggiante ripresa dello scorso anno, per la quale abbiamo abbandonato i posti di coda in Europa, registra in questi ultimi mesi un rallentamento.
Gli ultimi dati inducono a riflettere: nonostante veniamo da due anni di crescita
sostenuta, ben al di sopra di quella degli altri maggiori Paesi europei, in cui i prezzi sono calati arrivando a livelli di best practice, la penetrazione della larga banda (pari a circa il 13%) rimane sotto la media europea (superiore al 14%), aggirandosi sui 7,5 milioni di utenti. Questo ritardo ha origini di carattere strutturale, che prescindono in parte da valutazioni di ordine concorrenziale e regolamentare. Nel nostro Paese, la diffusione dei servizi a larga banda incontra delle limitazioni dovute, da un lato, al basso livello di diffusione dei mezzi informatici nella popolazione italiana e, dall’altro, a problemi infrastrutturali che riducono significativamente l’ambito effettivo e potenziale di diffusione del servizio.
Siamo in una situazione di ritardo strutturale a cui il Paese deve assolutamente
trovare un’adeguata risposta, facendo un ulteriore sforzo, uno scatto di reni, per raggiungere e superare il treno europeo.
La larga banda cambia infatti il paradigma produttivo ed ha riflessi, come ho avuto
modo di dire nella relazione al Parlamento, anche sullo sviluppo del sistema scolastico, dei rapporti fra lo Stato fornitore di servizi ed il cittadino, del “colloquio” tra fornitori e produttori nella gestione commerciale della clientela. La modesta crescita economica del nostro Paese rende ancor più necessaria e urgente la modernizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni mediante la diffusione della larga banda.La regolamentazione non può che essere orientata in tal senso. L’Autorità farà tutto il necessario per consegnare al Paese una soluzione regolamentare all’avanguardia nel mondo.
Tuttavia, in questo campo la regolamentazione non è sufficiente. I problemi strutturali non si risolvono nemmeno con la separazione societaria o funzionale della rete di Telecom Italia. Il Paese non può dipendere da una sola infrastruttura di comunicazione.
L’Italia ha perso l’opportunità della cablatura del territorio per non aver compreso che, come nelle grandi infrastrutture di trasporto, nelle telecomunicazioni occorrono una visione di lunghissimo periodo ed opportune politiche pubbliche di sostegno. La dipendenza dal doppino in rame rende il sistema nazionale debole. Infatti in prospettiva, con la diffusione dei servizi convergenti, la rete in rame è destinata, in particolare negli aggregati urbani, a subire rilevanti problemi di saturazione connessi all’interferenza che si crea a livello di centrale.
L’opportunità è ora rappresentata dalla fibra ottica e dall’avvento delle nuove
tecnologie wireless (il Wi-MAX in particolare). In questo quadro, lo sviluppo di
infrastrutture a larga banda ibride -fibra ottica nei centri urbani, Wi-MAX nelle aree rurali- potrebbe soddisfare, da un lato, la necessità di alleggerire l’occupazione della rete in rame,dall’altro l’esigenza d’introdurre una pressione concorrenziale anche nelle reti per la fornitura di servizi broadband di accesso.[Nex Generation Network progetto di Telecom Italia finanziato in che modo?]
Serve il contributo di tutte le istituzioni, a cominciare dalle amministrazioni locali che rappresentano il primo collo di bottiglia nella condivisione di cavidotti e nella costruzione di reti di accesso a larga banda, sia per le autorizzazioni che spetta ad essi rilasciare per i lavori di scavo e per l’occupazione del suolo, sia perché in taluni casi vi è commistione fra amministrazione e gestione. Occorre che tutti gli operatori dispongano di un catasto dettagliato per poter operare scelte consapevoli.
Va valutato positivamente il contributo assegnato dal Governo nel disegno di legge per la legge finanziaria 2007 (articolo 121) alle infrastrutture per la larga banda.
Va nella giusta direzione. Ma certamente non basta. Occorre, come dicevo, fare uno salto di qualità. In questo contesto è inaccettabile il ritardo nella diffusione del Wi-MAX, dipendente dal continuo differimento nella messa a disposizione della relativa banda di frequenza da parte dell’attuale detentore. Il Wi-Max, a differenza del Wi-Fi il cui segnale si estende fino a qualche centinaio di metri dall’antenna, si spinge fino a 100 chilometri e può dunque consentire la copertura di ampie zone del territorio nazionale a prescindere dalle condizioni orografiche e della densità della popolazione.
Il sistema inoltre è molto più economico e pratico da implementare poiché non
richiede il costoso processo di cablatura per far passare cavi e fibre ottiche e garantisce una copertura omogenea anche nelle aree geografiche più remote o svantaggiose dal punta di vista orografico. Ribadisco quindi l’auspicio, già espresso in Parlamento nel luglio scorso, che il Governo, assecondando l’impegno del Ministro Gentiloni, sblocchi finalmente questa situazione, consentendo l’assegnazione delle frequenze Wi-MAX agli operatori. L’Autorità farà la sua parte stabilendo subito le regole di assegnazione delle licenze. Il ricavo di tali assegnazioni potrà valere a tenere indenne da pregiudizi l’attuale detentore.
Siamo in un’epoca in cui da più parti si lamenta la mancata individuazione di missioni nazionali che accomunino le sorti e le speranze dei cittadini. Penso che la
creazione di nuove autostrade dell’informazione a larghissima banda, con tutte le
implicazioni economiche e sociali ad essa connesse (anche in termini di risoluzione dei problemi di digital divide), possa rappresentare una missione in cui tutto il Paese vorrà riconoscersi.


*ndr. Nel Regno Unito non vi e’ la parcellizzazione sindacale che esiste in Italia, le Trade Unions sono divise per settori ed ognuna si occupa del suo settore.
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