15 novembre, 2006

Alessandro Genovesi

INTERVENTO AD UN CONVEGNO DEL NEO SEGRETARIO CON DELEGA ALLE TLC NON E' DATO DI SAPERE LA DATA, INDICATIVAMENTE NEL 2001 PRIMA DELLA CESSIONE DI TELECOM A TRONCHETTI. EQUIVALE A DIRE UN SECOLO FA'

http://www.nwork.it/largabanda/atti/genovesi.htm copia di google cache

"Cultura industriale e asset internazionale della banda larga italiana"

Il mio intervento sarà brevissimo, perché avendo partecipato anche alla stesura del documento sarebbe, come dire, abbastanza singolare aggiungere riflessioni a quelle fatte da Iodice nella relazione e da Attardi nel suo intervento. Quindi permettetemi di giocare il facilissimo ruolo di "provocatore" con pochi flash molto legati anche alle cose dette finora. La prima provocazione, è rivolta al mio amico Caravella della CGIL e verte sulla sua affermazione che in questi anni non si è fatta politica industriale. Sicuramente io credo che vi è stato un deficit politico nella costruzione di ampie politiche industriali a medio periodo da parte di questo governo, credo che però le contraddizioni siano più ampie e riguardino la stessa Sinistra sociale e anche il Sindacato ed il suo modello di riferimento culturale quando penso ad un modello di sviluppo "pesante". Penso per intenderci ad alcune specifiche circostanze, come la vendita della Pirelli cavo, quel "pezzo" della Pirelli che si occupa della produzione di fibre per il cablaggio; una vendita fatta ad una impresa straniera nel momento in cui si cablava l'Italia, per di più da un imprenditore cosi detto "vicino" che è anche il vice presidente di Confindustria a quindi uno che di mestiere dovrebbe difendere il nostro patrimonio imprenditoriale. La vendita di un settore di punta italiano è passata inosservata: non ci sono stati cortei in piazza del partito, ma non è che la CGIL ha fatto chissà quali mobilitazioni.Perchè?

Penso anche alla vicenda Enel-Infostrada dove un po' tutti ci siamo, come dire, fatti prendere dalla scoperta e dove tra i nostri è prevalsa un’analisi semplicistica dell’operazione. Un’operazione comunque giusta ( io stesso non sono mai stato un fan della Telecom e anzi penso che Colannino rappresenta il primo vero nemico dello sviluppo tlc in Italia) perché limitava il monopolio dell’ex Sip: così abbiamo permesso che si gettassero le basi per un nuovo monopolio. Su questo cosa abbiamo detto?

Ci sono quindi ritardi, ma da parte di tutti. Ma siamo qui per questo anche ed oggi il vero dato politico della giornata che va registrato è una volontà politica molto chiara dei Democratici di Sinistra di reimpostare il lavoro sulla politica industriale in questo paese su tre assi fondamentalmente: nuove figure professionali qualificate da formare, che è il primo asse; sviluppo delle infrastrutture tecnologiche, secondo asse; terzo asse, indicato anche velocissimamente da Michele che forse meriterebbe un convegno apposito, che è lo sviluppo e la difesa della grande industria di contenuti italiani. Tema importantissimo perchè se è vero che senza infrastrutture, i contenuti sono cosa di poco conto, sarebbe una politica "stravagnate" se nel 2005 Italiacavo ha contribuito alla costruzione, al cablaggio di tutta Italia e poi ci accorgiamo però che non passa roba nostra per quei cavi.

Questa è in sintesi la seconda riflessione che vorrei fare: una serie di proposte sulle figure professionali sono state avanzate(abbiamo fatto sulla formazione una serie di iniziative specifiche), per avanzare un ragionamento complessivo sulle infrastrutture ci troviamo oggi e non so se prima o dopo la campagna elettorale apriremo una riflessione sulla politica, sulla grande politica industriale dei contenuti .

Io poi vorrei riportare un'ultima riflessione: nei discorsi fatti finora è mancato, o meglio è stata soltanto accennata una parte importante del ragionamento, se si vuole parlare di politica industriale con la "P" maiuscola. Ovvero in quale prospettiva internazionale noi porremmo la questione dell'asset della banda larga italiana, cioè come le nostre proposte si inseriscono all’interno di uno scenario in parte già determinato? Mentre a Londra abbiamo la concentrazione del più grande nodo della rete e l'asse "digitale" Londra-Amburgo-Parigi si è consolidato, può Italiacavo ( la mia è una provocazione) darsi come mission anche la lunga distanza, capire cioè come intervenire sulla lunga distanza promuovendo una ipotesi di un'asse Berlino-Parigi-Roma o meglio Parigi-Berlino-Milano-Roma-Bari-Napoli-Palermo e fare della Sicilia oltre Londra il secondo nodo verso quei trecento milioni di potenziali consumatori e produttori che sono il nord Africa e il Medio Oriente? Io credo che questo sarebbe, come dire, una vera rivoluzione, un piccola rivoluzione copernicana se poi inseriamo su questo asset internazionale i nostri centri di eccellenza, Milano-Genova-Pisa-Roma, le città della comunicazione Napoli e Catania, i grandi gruppi industriali italiani che potrebbero ricalibrare i modelli di esportazione. Insomma potremmo intorno ad una prospettiva di nuovi assi digitali delle grandi metropoli "fertilizzare" le decine e decine di nostri distretti industriali? Questa operazione "in grande" può portare innovazioni organizzative e culturali nelle piccole e medie imprese italiane? In questo progetto le grandi città diventano i mini snodi, le piazze che consumano, ma anche le piazze che producono, che offrono contenuti oltre che passaggio ai grandi eventi della fibra italiana.

Una riflessione urgente ed una proposta concreta, quella di Italiacavo da mettere subito sul tappeto, anche perché io noto una strana area in Europa, intorno al mondo delle tlc. Gli analisti più attenti la stanno notando (il Financial Time due settimane fa ci ha fatto un articoletto): qualcuno soprattutto nel Centro Destra europeo, nel Partito Popolare Europeo in maniera particolare, sta teorizzando che forse per rispondere agli americani, allo strapotere americano un ritorno al monopolio non sarebbe poi così male; all’interno della Deutsche Telecom per esempio (che ha i problemi di liquidità che ha e che sappiamo tutti) qualcuno già lo teorizza; nel partito gollista si è fatto un seminario tre mesi fa che diceva un po' queste cose; in Italia, senza fare nomi, qualche manager di Stato che stava con noi e si prepara allegramente a passare con il Polo ha firmato un articolo su un giornale di settore che diceva più o meno "tra essere una succursale straniera in libero mercato e ed essere un monopolista che decide non avrei dubbi su cosa fare..".

Immaginate allora uno scenario di ritorno velato dei grossi colossi sotto l’ala protettrice del pubblico, con in più in Italia quella eccezionalità rappresentata dal conflitto di interesse di un possibile Presidente del Consiglio che è anche gestore di telefonia e servizi internet. Sarebbe un incubo e l’unica soluzione, l’unica precauzione sarebbe allora la dimensione internazionale della nostra industria digitale e la scesa sul terreno della competizione di tanti piccoli e agguerriti soggetti. Ecco perché cablaggio e asset internazionale.

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