MILANO — «È chiaro che non c’è alcuna contropartita definita dall’operazione Mediaset-Prisa, ma si crea un credito a favore degli spagnoli su cui si può lavorare ». E su questa base, fa notare un banchiere esperto di materia telefonica, hanno già cominciato a lavorare in Mediobanca gli uomini che fin dal 2007 hanno considerato l’ingresso in Telecom al posto della Pirelli come un “bridge”, in vista di un azionariato più solido e stabile.
L’asse favorevole a una fusione tra Telecom e Telefonica negli ambienti finanziari milanesi è noto: è formato da Alberto Nagel, Renato Pagliaro, dall’ad di Generali Giovanni Perissinotto e dal presidente di Telecom Gabriele Galateri che può contare sulla buona amicizia con Cesar Alierta coltivata ai tempi della Columbia University.
Ma lo snodo vero della possibile operazione è rappresentato dal prezzo a cui si valuta Telecom Italia, prezzo che al momento si colloca a circa metà del valore a cui gli azionisti tricolori hanno in carico le azioni nei bilanci. Certo se Galateri e gli uomini di Mediobanca riuscissero a negoziare con Alierta una valorizzazione delle azioni Telecom intorno a 2 euro il discorso diventerebbe tutt’a un tratto più interessante.
Gli azionisti italiani potrebbero conservare un nocciolo nel megagruppo telefonico di circa il 4%, contro poco più del 7% che resterebbe in capo alle banche spagnole, Bbva e La Caixa. Su queste basi si potrebbe quindi ottenere una governance “bilanciata”, con gli italiani che nel consiglio potrebbero controllare una sorta di minoranza di blocco. Sull’ipotesi stanno ragionando a Piazzetta Cuccia, ed è anche per questo motivo che da giorni girano indiscrezioni su un possibile accordo per l’ipotetica gestione del colosso mondiale Telecom-Telefonica: Alierta presidente, Galateri vice, Linares e Bernabè amministratori delegati con competenze geografiche ben definite. Agli spagnoli andrebbe ovviamente la supervisione di Spagna e America Latina mentre agli italiani l’Italia e un bel pezzo d’Europa.
Messa in questi termini sarebbe difficile anche per i grandi commis della politica ergere le barricate. Da tempo gli uomini più legati a Berlusconi e a Mediaset urlano ai quattro venti che occorre scorporare la rete tlc da Telecom, per salvaguardare l’italianità della prima da eventuali attacchi stranieri. In realtà il desiderio di Mediaset è quello di gestire la crescita della tv via internet in modo che faccia il meno male possibile alla tv generalista.
Con un piede nella rete Telecom scorporata dalla casa madre l’obiettivo sarebbe forse raggiungibile, ma il danno per la società altrettanto consistente. Per questo i grandi soci di Telecom, da Mediobanca, a Intesa Sanpaolo, a Generali, oltre all’ad Franco Bernabè, hanno fatto sapere a più riprese di essere assolutamente contrari allo scorporo. Ma ora che Mediaset è cresciuta in Spagna comprando alcuni pezzi del gruppo Prisa, nel quale è rientrata anche Telefonica, le cose potrebbero assumere una parvenza diversa. E c’è da scommettere che da oggi in poi si rafforzeranno i sostenitori delle nozze Telecom-Telefonica.
LA REPUBBLICA 19-12-2009 pag 40
ABBIAMO DECISO DI APRIRE QUESTO SPAZIO PER POTER DISCUTERE DEI PROBLEMI E DELL'ORGANIZZAZIONE DEI TECNICI TELECOM CHE OPERANO IN OPEN ACCESS, QUESTO VUOLE ESSERE UN LUOGO DI DISCUSSIONE E CONDIVISIONE DELLA NOSTRA ATTIVITA'.
"Avere un problema e cercare di risolverlo da soli è avarizia, accorgersi che il mio problema è anche di altri e cercare di risolverlo insieme, questo è politica" DON MILANI
19 dicembre, 2009
E ora Mediobanca va in pressing per le nozze Telecom-Telefonica
GIOVANNI PONS
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