12 febbraio, 2012

Articolo 18, la bufala di Repubblica

Titolo a tutta pagina in prima sull'accordo tra Monti e Camusso per sterilizzare l'art. 18. Ma è una notizia falsa, smentiscono Palazzo Chigi e Corso d'Italia: non c'è stato nessun incontro e non c'è nessun accordo DI ENRICO GALANTINI

Una strada larga, l’aveva definita il ministro Fornero, parlando del possibile accordo tra governo e parti sociali sul mercato del lavoro. Una strada che qualcuno vuole chiudere, evidentemente. Il titolo a tutta pagina della Repubblica di oggi “Articolo 18, pronto l’accordo”, con la notizia-bomba del sì del segretario generale della Cgil a una revisione, pur parziale, della norma sui licenziamenti contenuta nello Statuto dei lavoratori, un sì espresso in un faccia a faccia segreto con il presidente del Consiglio prima che questi partisse per gli Stati Uniti, era in effetti una bomba, uno scoop. Peccato che fosse una bomba falsa, non uno scoop ma una bufala.

Un comunicato congiunto della presidenza del Consiglio e della Cgil spiega infatti che “In relazione all'articolo pubblicato oggi dal quotidiano la Repubblica, Palazzo Chigi e la Cgil rendono noto che nei giorni scorsi non vi è stato nessun incontro, né colloquio tra il presidente del Consiglio Mario Monti e il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso”. Precisando poi, nello stesso comunicato, che “peraltro, se tale incontro fosse avvenuto, non sarebbe stato il primo faccia a faccia. Susanna Camusso e Mario Monti si erano infatti già incontrati nel novembre scorso al momento della formazione del nuovo governo”.

Al quotidiano romano, che insiste nel confermare le sue indiscrezioni sull'incontro segreto, la Cgil risponde anche, con durezza, sui social network. Su Facebook, due note a firma della Cgil nazionale commentano così lo scoop-bufala. La prima: “La notizia data da Repubblica di un incontro segreto tra Camusso e Monti è assolutamente infondata. È anzi una grave invenzione. Le nostre posizioni sull’articolo 18 sono note e stranote. Sembra quasi che qualcuno voglia far saltare il confronto. Con Repubblica si ripetono ormai gli incidenti ma perché scendere a queste bassezze e dire il falso?”. La seconda: “Prima due fondi di Scalfari. Oggi una notizia assolutamente falsa in apertura. Ma chi vuole forzare la mano? Noi, la Cgil, non subiremo pressioni improprie. Il paese attraversa un momento molto difficile, così come il compito di Monti lo è. Ma non diremo sì a tutti i provvedimenti a prescindere dalle nostre idee. È anzi arrivato il momento di imporre la crescita in Italia e cambiare le politiche in Europa. Monti è d'accordo?”

Repubblica, giornale che osteggiava e stigmatizzava il comportamento dei giornali filogorvernativi berlusconiani, adesso si scopre giornale (?) identico a quelle testate, questo è solo l'ultimo degli incidenti, vorremmo sapere il motivo per cui si è fatta una parziale menzione delle cose denunciate dal Fatto e poi ripreso dai giornali di tutto il mondo sul documento vaticano. Forse vedono il modello che si erano prefissi di controllo del paese farsi più lontano? Forse Scalfari & co. hanno paura che le verità possano finalmente far riflettere autonomamente i cittadini?(specialmente gli elettori del PD di sinitra)
Un comportamento simile è da accomunare ai vari: Sallusti, Belpietro, Porro, Polito, Sechi, De Bartoli. ma fateci il piacere


DI COSA SI PARLA


Articolo 18 Legge 300 del 20 maggio 1970 "Statuto dei lavoratori"

Lo statuto dei lavoratori prevede che il giudice, con la sentenza con cui annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, può ordinare al datore di lavoro, che occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.



TESTO DELLA LEGGE

Articolo 18 legge 20 maggio 1970 n.300. (Reintegrazione nel posto di lavoro).

Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'art. 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.
Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l'invalidità a norma del comma precedente.
In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all'art. 2121 del codice civile.
Il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è tenuto inoltre a corrispondere al lavoratore le retribuzioni dovutegli in virtù del rapporto di lavoro dalla data della sentenza stessa fino a quella della reintegrazione.
Se il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, il rapporto si intende risolto.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata.
Si applicano le disposizioni dell'art. 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo camma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.

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