23 marzo, 2010

TELECOM:DICHIARAZIONE DI EMILIO MICELI SEGRETARIO GENERALE SLC/CGIL

Lo sciopero in Telecom è riuscito.

I lavoratori hanno dimostrato piena consapevolezza che al destino dell'informatica è legato quello più generale della parte industriale dell'azienda.
E' in atto un preoccupante processo di dissolvenza del più grande operatore italiano di Tlc. Ed è un primo scellerato effetto della ostinazione del Governo e degli altri operatori di Tlc di giungere allo scorporo della rete dal perimetro del gruppo. Si tratta di una confusa miscela di falsa italianità della rete, con partner tutti stranieri, e dell'obiettivo, anche legittimo, di abbassare i costi di accesso alla rete più che aprirla.
E' chiaro che il tema dell'informatica assume anche un peso politico e chiama in causa sia la responsabilità del Governo che del regolatore.
Nei prossimi giorni decideremo ulteriori iniziative di lotta e, se plausibili, di ordine legale.



Roma, 23 marzo 2010

14 marzo, 2010

SCALFARI RACCONTA LO SCONTRO BERLUSKA-CIAMPI


L'episodio concernente la nomina dei tre giudici della Consulta nella quota che la Costituzione riserva al Presidente della Repubblica, avvenne nella sala della Vetrata del Quirinale. Erano presenti il segretario generale del Quirinale, Gifuni e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. I temi da discutere erano due: i rapporti con la Commissione europea di Bruxelles dove il premier doveva recarsi per risolvere alcuni importanti problemi e la nomina dei tre giudici.
Esaurito il primo argomento Ciampi estrasse da una cartella i tre provvedimenti di nomina e comunicò a Berlusconi i nomi da lui prescelti. Berlusconi obiettò che voleva pensarci e chiese tempo per riflettere e formulare una rosa di nomi alternativa. Ciampi gli rispose che la scelta, a termini di Costituzione, era di sua esclusiva spettanza e che la firma del presidente del Consiglio era un atto dovuto che serviva semplicemente a certificare in forma notarile che la firma del Capo dello Stato era autentica e avvenuta in sua presenza. Ciò detto e senza ulteriori indugi Ciampi prese la penna e firmò passando i tre documenti a Berlusconi per la controfirma.
A quel punto il premier si alzò e con tono infuriato disse che non avrebbe mai firmato non perché avesse antipatia per i nomi dei giudici ma perché nessuno poteva obbligarlo a sottoporsi ad una scelta che non derivava da lui, fonte unica di sovranità perché derivante dal popolo sovrano.
La risposta di Ciampi fu gelida: "I documenti ti verranno trasmessi tra un'ora a Palazzo Chigi. Li ho firmati in tua presenza e in presenza di due testimoni qualificati. Se non li riavrò immediatamente indietro da te controfirmati sarò costretto a sollevare un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale. "Ti saluto" rispose altrettanto gelidamente Berlusconi e uscì dalla Vetrata seguito da Letta. In serata i tre atti di nomina tornarono a Ciampi debitamente controfirmati.

Il secondo episodio avvenne nel corso di una colazione al Quirinale, sempre alla presenza di Gifuni e di Letta. Il Parlamento aveva votato la legge Gasparri e l'aveva trasmessa a Ciampi per la firma di promulgazione. Presentava, agli occhi del Capo dello Stato, svariati e seri motivi di incostituzionalità e mortificava quel pluralismo dell'informazione che è un requisito essenziale in una democrazia e sul quale, appena qualche mese prima, Ciampi aveva inviato al Parlamento un suo messaggio.
La colazione era da poco iniziata quando Ciampi informò il suo ospite del suo proposito di rinviare la legge alle Camere, come la Costituzione lo autorizza a fare motivando le ragioni del rinvio e i punti della legge da modificare. Berlusconi non si aspettava quel rinvio. Si alzò con impeto e alzò la voce dicendo che quella era una vera e propria pugnalata alla schiena. Ciampi (così il suo racconto) restò seduto continuando a mangiare ma ripeté che avrebbe rinviato la legge al Parlamento. L'altro gli gridò che la legge sarebbe stata comunque approvata tal quale e rinviata al Quirinale e aggiunse: "Ti rendi conto che tu stai danneggiando Mediaset e che Mediaset è una cosa mia? Tu stai danneggiando una cosa mia".
A quel punto si alzò anche Ciampi e gli disse: "Questo che hai appena detto è molto grave. Stai confessando che Mediaset è cosa tua, cioè stai sottolineando a me un conflitto di interessi plateale. Se avessi avuto un dubbio a rinviare la legge, adesso ne ho addirittura l'obbligo". "Allora tra noi sarà guerra e sei tu che l'hai voluta. Non metterò più piede in questo palazzo".

la repubblica ONLINE

13 marzo, 2010

10 marzo, 2010

LA SCURE DEL GOVERNO SUI DIRITTI DEI LAVORATORI (ARTICOLO 18 COMPRESO)

In Parlamento si sta per consumare, nel silenzio generale, una vera e propria controriforma del diritto del lavoro, un attacco insidioso contro diritti che i lavoratori hanno conquistato in mezzo secolo di storia, compresa la tutela dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Il disegno di legge n. 1167-B, agli articoli 30, 31 e 32, introduce
delle modifiche che mirano a svuotare di significato le tutele dei lavoratori: il risultato sarà quello di lasciare il lavoratore ancora più solo nella "libera" dinamica dei rapporti di forza con il datore di lavoro, al quale viene attribuita mano libera rispetto a leggi e contratti collettivi.
La norma "manifesto" è il comma 9 dell'art. 31, dove si prevede la possibilità di privare il lavoratore della tutela giudiziaria, affidando le controversie non ai giudici, bensì ad arbitri. Questi ultimi potranno addirittura giudicare "secondo equità", che significa: secondo il loro buon senso, senza applicare le norme di legge e dei contratti collettivi. Questo vuol dire privare il lavoratore di garanzie certe e universali quali quelle date dai contratti nazionali e dalle leggi, minando anche la stessa la tutela dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Ma vi è di più: anche se un lavoratore dovesse riuscire ad andare davanti ad un giudice, quest'ultimo non potrà sindacare le scelte del datore di lavoro e dovrà tener conto dei concetti di giusta causa e di giustificato motivo di licenziamento che saranno dettati non più dalla legge e dalle norme costituzionali, bensì dalla contrattazione collettiva (anche separata) e, ancor peggio, dal contratto di lavoro
individuale stipulato all'atto dell'assunzione, qualora certificato da apposite commissioni (art. 30). E' evidente che in quest'ultimo caso, data la disparità contrattuale tra datore e lavoratore, il contratto certificato potrà benissimo sanzionare con il licenziamento anche una minima mancanza del lavoratore.
Vengono in questo modo letteralmente capovolti i fondamenti stessi del diritto del lavoro, nato per tutelare il contraente debole nel rapporto di lavoro.
Il disegno di legge contiene, inoltre, una ridefinizione dei termini per l'impugnazione dei licenziamenti, dei contratti di collaborazione, dei contratti a termine e dei trasferimenti che renderà assai difficile (se non impossibile) al lavoratore la tutela giurisdizionale dei propri diritti (art. 32).
Se a tutto ciò si aggiunge che, dopo la legge n. 69/2009, sarà possibile condannare il lavoratore alle spese di giudizio quando vorrà ricorrere al tribunale per fendere un suo diritto, appare ancor più urgente e necessaria una presa di posizione netta e precisa di fronte a questa serie di provvedimenti che minano alla radice l'ispirazione costituzionale del nostro diritto del lavoro. In questa lotta la CGIL sarà sempre in prima fila.

07 marzo, 2010

NON C'E' PARAGONE



SEMPRE CON IL CAPPELLO SUL CAPO MAI CHINO

CONVOCATO CDM PER GIOVEDI 11 MARZO

Il consiglio dei ministri si riunira' giovedi prossimo per approvare il decreto urgente di riammissione del AC MILAN ai quarti di finale della CHAMPIONS LEAGUE, Fonti ben informate sostengono che il Presidente della Repubblica apporra' immediatamente la firma al decreto.

(c) ANSIA 03 07 2010 ore 12.00

06 marzo, 2010

Una scappatoia in tre articoli

Il decreto varato ieri sera dal Consiglio dei ministri prevedere nell’art.1
che il diritto all’elettorato attivo e passivo sia preminente rispetto alle formalità.
Nell’art. 2 si stabilisce che ci sono 24 ore di tempo, a partire dall’accettazione delle li-
ste, per sanare le eventuali questioni di irregolarità formale. Una norma transitoria
stabilirebbe che - solo ed unicamente per quanto riguarda le elezioni regionali che si
terranno in Lazio e Lombardia - lo start delle 24 ore sia da intendersi non dal
momento di accettazione delle liste, ma da quello di attuazione del decreto.
Infine, nell’art. 3 si stabilisce che con ogni mezzo di prova si potrà dimostrare
di essere stati presenti nell’ufficio com petente al momento della chiusura della
presentazione delle liste.

si cambiano le regole a proprio piacimento, non c'è pu' la certezza del diritto e questo non è piu' generale ed astratto, il peggio è che l'inquilino dell'irto colle firma tutto quello che gli mettono sotto il naso, avevano ragione ai tempi del PCI ma mi domando perche' unn'avevano cacciato a pedate nel fondoschiena

05 marzo, 2010

"memoria storica"

Il Governo ha deciso che dovrà essere l'attuale presidente, anche se decaduto dalla carica, Giovanni Di Stasi a guidare la Regione Molise, fino alle prossime elezioni che si terranno l'11 novembre prossimo. Il Consiglio dei ministri, in un documento a firma di Silvio Berlusconi, Enrico La Loggia e Claudio Scajola, ha così preso atto ''della decisione del Consiglio di Stato che ha confermato l'annullamento delle operazione elettorali svoltesi nell'aprile del 2000 nella Regione Molise'' e ha quindi disposto che ''gli attuali organi gestionali (Giunta e Presidente) debbano provvedere agli atti urgenti ed improrogabili fino all'elezione del nuovo Consiglio e del Presidente della Regione''.

I giudici amministrativi regionali hanno accolto il ricorso per irregolarità presentato dal candidato Presidente del centrodestra, Michele Iorio (Forza Italia), e dall'elettore Michele Simiele. A loro parere, la lista dei Verdi non aveva avuto le firme sufficienti per la sua presentazione e quella dei Comunisti italiani non sarebbe stata autorizzata dalla Segreteria nazionale. Altre irregolarità minori erano state denunciate dagli esponenti dei partiti del centro destra nei confronti delle liste dell'Udeur e del Ppi.

...e alle elezioni "ripetute" 2001 vinse il candidato del centrodestra...