di Stefano Feltri
L’ultimatum del governo a Franco Bernabé, l’amministratore delegato di Telecom, adesso ha anche
una data di scadenza:“Dopo le regionali serviranno soluzioni forti su questi temi”, dice Mario Valducci, Pdl, presidente della Commissione trasporti della camera e tra i più attivi della maggioranza su Telecom Italia. I “temi” sono quelli che vedono il governo e Bernabé su due posizioni opposte e inconciliabili: uno vuole subito una nuova e costosa infrastruttura, la rete di banda larga, l’altro dice che è inutile (e che comunque non vuole essere lui a pagarla). La divergenza era nota da tempo, ma ieri si è tenuto a Roma un convegno promosso dai piccoli azionisti Telecom e dalla fondazione Rel che fa capo a Fabrizio Cicchitto – che si inserisce in un contesto dove la velocità del cambiamento sta accelerando.
IL CONVEGNO. Il governo non poteva essere più esplicito. In una sala affollata da tutti i dirigenti del settore, da Fastweb a Vodafone, ha fatto capire cosa si aspetta da Telecom. Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, dice che la rete in fibra ottica costa 8-10 miliardi di euro (le stime di Bernabé sono sempre state superiori), che ci sarà un “incentivo statale” di cui si sta discutendo per favorire l’accesso a Internet e creare quindi le condizioni di domanda che giustifica l’investimento, che al Paese serve una sola rete “di nuova generazione” che dovrà essere costruita da Telecom insieme ad altri soggetti (tra cui Mediaset, molto interessata a evitare che la tivù via web insidi il nuovo equilibrio che la vede in una posizione di forza nel mercato digitale). “Telecom dovrà cedere quote della propria rete”, dice Cicchitto, anche alla Cassa depositi e prestiti, emanazione del ministero del Tesoro.
Il rientro dall’investimento si otterrà “in otto-dieci anni”. Se Bernabé non ci sta, sembra essere il sottinteso, può andarsene.
Anche il ministro allo Sviluppo, Claudio Scajola, spiega che si arriverà a “una società ad hoc per la rete in fibra ”, in cui Telecom avrà un ruolo ma non sarà più la sola ad avere il controllo dell’infrastruttura. Scajola dice che dovrà essere coinvolta anche l’Agcom, l’autorità garante per le telecomunicazioni, che però non è stata invitata al convegno (manca anche l’Antitrust).
LA DIFESA. Bernabé replica che lui risponde soltanto agli azionisti: “Noi andiamo avanti con il nostro piano industriale”. Secondo l’amministratore delegato, in Italia non c’è bisogno di una rete in fibra ottica costruita ex novo – “le regioni che l’hanno costruita ora non sanno bene che farsene” ma di una combinazione tra potenziamento di quella attuale in rame con innesti, dove serve, di fibra ottica.
Il senso della sua opposizione al progetto del governo è questo: la banda larga (o ultralarga, come si dice ora), serve quasi soltanto per scericare in fretta i file video. E visto che la grande maggioranza l’amministratore delegato, in Italia non c’è bisogno di una rete in fibra ottica costruita ex novo – “le regioni che l’hanno costruita ora non sanno bene che farsene” – ma di una combinazione tra potenziamento di quella attuale in rame con innesti, dove serve, di fibra ottica.
Il senso della sua opposizione al progetto del governo è questo: la banda larga (o ultralarga, come si dice ora), serve quasi soltanto per scaricare in fretta i file video. E visto che la grande maggioranza dei video viene scaricata in modo illegale, senza ritorni economici per chi offre la connessione, non c’è alcuna ragione commerciale per costruire la nuova infrastruttura.
Anche perché Cicchitto ha messo in chiaro che la banda larga non sarà sviluppata con soldi pubblici – il governo si limiterà a incentivi mirati e occasionali – ma con quelli di Telecom e dei suoi concorrenti o produttori di contenuti, come Mediaset (che infatti era presente al convegno). Chi segue da vicino questi dossier, poi, non manca di notare come l’attacco governativo a Bernabé arriva proprio nel momento in cui Mediaset inizia a blindare i contenuti che ha on-line, mentre la direttiva europea “Televisione senza frontiere ” è stata recepita nel modo più restrittivo per Internet (dirette via web sottoposte ad autorizzazione ministeriale, obbligo di rettifica per quello che viene detto da web tv e web tg).
LA PROPRIETÀ. Mentre lo scontro sulle strategie industriali cresce, la situazione dell’assetto proprietario di Telecom è sempre più confusa. La società è controllata dalla holding Telco, i cui azionisti principali sono l’azienda spagnola Telefònica e tre soci finanziari italiani, Mediobanca, le Assicurazioni Generali e Intesa Sanpaolo.
Da settimane circola l’ipotesi che Telco e Telefonica siano pronte a fondersi, con i soci italiani che uscirebbero dall’investimento (bisognerebbe però decidere prima cosa fare della rete). Ieri Cicchitto ha detto che questa opzione non è auspicabile, “perché sarebbe l’alleanza tra due ex monopolisti, Telecom e Telefònica, che avrebbero entrambi più interesse a gestire la cassa che a fare investimenti”. Due giorni fa è arrivata un’altra ipotesi: fusione tra Telco e un piccolo azionista di Telefònica, la holding Criteria. Su richiesta della Consob i soci italiani hanno smentito (e lo stesso ha fatto Telefònica). Ma in Borsa il titolo Telecom ha registrato un rialzo molto superiore alla media del mercato: +4 per cento. Anche se tutto si decide a livello di Telco – e quindi non ci sarà nessuna offerta pubblica di acquisto sulle azioni Telecom e nessuna prospettiva di vero guadagno per i piccoli azionisti – la Borsa sembra credere che qualcosa stia per succedere .
GERONZI . Non ci sarà un’altra scalata ostile, come fu quella ai tempi della privatizzazione, nel 1999, e neanche un’operazione come quella di Marco Tronchetti Provera: Telecom ha già troppi debiti (34 miliardi) per affrontare altri riassetti fatti a spese sue. Ma le cose si stanno muovendo e tutto passa dalla Mediobanca di Cesare Geronzi.
Anche se ieri il comitato esecutivo, presieduto da Geronzi, si sarebbe limitato a “operazioni di routine” è chiaro che il futuro assetto proprietario di Telecom viene discusso in questi mesi nelle stanze di Piazzetta Cuccia (e in quelle romane di Palazzo Chigi, nello specifico negli uffici di Gianni Letta). Ci sarebbe proprio Geronzi, sostengono fonti vicine alla vicenda, dietro questi piani anticipati dalla stampa e poi smentiti dalla stessa Mediobanca, da Intesa Sanpaolo e dalle Generali.
Per tastare il polso al mercato (e a Intesa che vorrebbe uscire da Telco ma senza rimetterci
troppo) in attesa che, d’accordo con il governo, si arrivi alla soluzione definitiva.
IL FATTO QUOTIDIANO 23-01-2010 PAGINA 10
ABBIAMO DECISO DI APRIRE QUESTO SPAZIO PER POTER DISCUTERE DEI PROBLEMI E DELL'ORGANIZZAZIONE DEI TECNICI TELECOM CHE OPERANO IN OPEN ACCESS, QUESTO VUOLE ESSERE UN LUOGO DI DISCUSSIONE E CONDIVISIONE DELLA NOSTRA ATTIVITA'.
"Avere un problema e cercare di risolverlo da soli è avarizia, accorgersi che il mio problema è anche di altri e cercare di risolverlo insieme, questo è politica" DON MILANI
23 gennaio, 2010
ASSEDIO A TELECOM IL GOVERNO LANCIA L’A S S A L T O FINALE ALL’AD FRANCO BERNABÈ
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