02 dicembre, 2010

“Debito sostenibile, niente cessioni per Telecom”


FRANCESCO FASIOLO
ROMA — Il lavoro al tempo della crisi visto da Franco Bernabè.L’amministratore delegato diTelecom Italia è ospite a Repubblica Tv e risponde alle domandedi Massimo Giannini: l’occasioneper parlare di industria,sindacati e dello stato di salutedella sua azienda e dell’Italia, è la presentazione del libro di Marco Panara “La malattia dell’Occidente”.
Un Occidente in crisi, che si chiede come puntare al rilancio. «Non si fanno miracoli– avverte Bernabè – I cambiamenti repentini avvengono solo nella finanza. Ma la finanza non crea ricchezza, la sposta solamente.
È l’industria a crearla, ma con un lavoro duro e progressivo. Telecom Italia sta tornando ad essere uno dei leader delle telecomunicazioni nel mondo: abbiamo ridotto l’indebitamento e aumentato l’efficienza. Allo stesso tempo è stata rilanciata la nostra dimensione internazionale, con una forte presenza in Brasile e Argentina».

L’indebitamento però rimane alto. Si prevedono dismissioni?

«No. Oggi il nostro indebitamento è perfettamente sostenibile e si avvicina alla normalità, tenuto conto della cassa che Telecom Italia è in grado di generare. È in linea con quello di altre società. Siamo in piena ripresa dell’iniziativa tecnologica e di espansione: abbiamo annunciato l’e-reader, l ’attività sul video».

Quindi non ci saranno esuberi?

«Abbiamo chiuso un accordo sindacale il 4 agosto coinvolgendo tutte e tre le confederazioni. Tutto quello che accadrà da qui ai prossimi due anni verrà definito all’interno di quello schema condiviso. Ho appena firmato un accordo con sindacati per consentire ai nostri dipendenti di accedere all’università per riqualificarsi. La ricostruzione del valore del lavoro è una responsabilità civile e politica, prima che imprenditoriale.
Perché in fondo per un’impresa le possibilità di riallocare la produzione a livello internazionale sono molto ampie. Ma c’è una responsabilità nei confronti del paese dove l’impresa è nata, si èinsediata ed è cresciuta».

Da come parla, con una battuta, potremmo definirla l’anti Marchionne…

«Abbiamo adottato una scelta molto diversa. In termini di relazioni industriali crediamo che con i sindacati ci si debbaconfrontare».

Insomma non direbbe, parafrasando l’Ad Fiat, che senza Italia Telecom starebbe meglio.

«Direi di no».

Eppure in Italia i problemi non mancano. Cominciamo dal settore della tecnologia. Quando arriverà la banda larga?

«Telecom Italia sta realizzando la rete di nuova generazione a Roma, a Milano, ma bisognasuperare il digital divide. Erano stati promessi 800 milioni che non sono mai arrivati. Di fronte a tanti problemi questi soldi sono venuti a mancare. Abbiamo sopperito noi, anche se colmare il digital divide non è tra i nostriobblighi. Con il supporto della Banca Europea degli investimenti abbiamo investito in progetti per superare il problema dichi non ha accesso a Internet nelle aree in cui vive, perché non ci sono le infrastrutture necessarie.
Ma in Italia la banda larga che già esiste non è utilizzata come si dovrebbe. Nel nostro paesec’è un basso livello di commercio elettronico, di e-government, di servizi elettronici per icittadini».

Parliamo di crisi e della paura contagio. L’Italia è a rischio?

«Non bisogna dare segnali di preoccupazione: i mercati vogliono sicurezza e non vogliono dichiarazioni in cui si esprime paura, come quelle che abbiamo sentito nei giorni scorsi.
L’euro non è davvero a rischio. Nessuno ha un interesse oggettivo a metterlo in crisi. Certo bisogna concentrarsi sui problemi reali. In Italia si parla molto di riforme, ma a volte si fa confusione su quali siano le difficoltàstrutturali del Paese. Per prima cosa il livello troppo elevato di tassazione su famiglie e impresee poi gli eccessivi livelli di governo, regioni, province, comuni, circoscrizioni, alimentano una burocrazia improduttiva e
incompetente».

Da La Repubblica 02/12/2010 pag. 30

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